GIURISPRUDENZA ITALIANA In MATERIA DI RAZZISMO E XENOFOBIA

Le comunità israelitiche locali e l'unione di tali comunità, costituite per legge come persone giuridiche (r. d. 30 ottobre 1930, n. 1731), possono essere soggetti passivi e danneggiati del reato di diffamazione a mezzo stampa nei confronti della colletività ebraica: tale qualità può rivestire anche il singolo appartenente alla razza ebraica, dovendosi ritenere il comune interesse della collettività ebraica, a differenza di quello generale per sua natura indivisibile, suscettibile di frazionamento e di considerazione individuale.

Ente giudicante 16.01.86 Cass. pen., 16 gennaio 1986 Parti in causa D'Amato Riviste Riv. Pen. , 1986, 891 Rif. legislativi 30.10.30 RD 30 ottobre 1930 n. 1731;


Il delitto di apologia di genocidio di cui all'art. 8, 2° comma, l. 9 ottobre 1967, n. 962 è un reato di pura condotta, che viene sanzionato per la sua intollerabile disumanità, per l'odioso culto dell'intolleranza razziale che esprime, per l'orrore che suscita nelle coscienze civili ferite dal ricordo degli stermini perpetrati dai nazisti e dal calvario ancora tragicamente attuale di alcune popolazioni africane ed asiatiche; l'idoneità della condotta ad integrare gli estremi del reato non è quella a generare un improbabile contagio di idee e di propositi genocidari, ma quella più semplice di manifestare chiaramente l'incondizionato plauso per forme ben identificate di fatti di genocidio (nella specie: è stato ricondotto alla fattispecie incriminatrice de qua il fatto di alcuni tifosi locali che, nel corso di una partita di basket fra l'Emerson Varese e la squadra del Makabi di Tel Aviv, inscenarono una grossolana manifestazione di ostilità razzista inalberando striscioni con scritte antiebraiche e scandendo motti di analogo tenore quali "Mauthausen reggia per gli ebrei" "Hitler l'ha insegnato uccidere, l'ebreo non è un reato" "Ebrei, Saponette, saponette"

Ente giudicante 29.03.85 Cass. pen., 29 marzo 1985 Parti in causa Abate Riviste Foro It. , 1986, II, 19, n. FIANDACA Rif. legislativi 09.10.67 L 9 ottobre 1967 n. 962, art. 8;


L'indagine del giudice ai fini dell'accertamento e della dichiarazione di nullità dell'atto discriminatorio determinato da ragioni politiche, religiose, sindacali, di sesso o di razza, deve riguardare non tanto il comportamento (atto giuridico o condotta materiale) del datore quanto il motivo e, quindi, il profilo psicologico dell'atto, allo scopo di accertare se l'atto impugnato sia stato effettivamente determinato dall'intento discriminatorio (nella fattispecie concreta il giudice di merito aveva ritenuto esistente discriminazione in presenza di trasferimento, in luogo dei dipendenti aventi diritto, di altri dipendenti militanti di partiti politici sulla base de semplice dato di fatto della militanza politica di questi ultimi).

Ente giudicante 01.02.88 Cass. civ., 1 febbraio 1988, n. 868 Sommario Lavoro: subordinato in genere Trasferimento del lavoratore Parti in causa Banca Toscana c. Laurenzi Riviste Giust. Civ. , 1988, I, 1533, n. MAMMONE Mass. Giur. Lav. , 1988, 310 Notiziario Giur. Lav. , 1988, 702 Rif. legislativi 20.05.70 L 20 maggio 1970 n. 300, art. 15; CC, art. 1324; CC, art. 1345;


 

Qualora l'imprenditore non eserciti la discrezionalità ad esso conferita dalla legge con criteri di ragionevolezza e nell'osservanza dell'obbligo di buona fede nell'esecuzione del contratto, può configurarsi l'illegittimità di differenti trattamenti retributivi riconosciuti ai dipendenti a parità di mansioni, in quanto lesivi della dignità personale e professionale del singolo prestatore d'opera, ancorché la discriminazione non discenda da motivi di sesso, di razza, di credo politico, di fede religiosa o di affiliazione sindacale.

Ente giudicante 03.02.92 Pret. Firenze, 3 febbraio 1992 Sommario Retribuzione: (parità) Parti in causa Bellugi c. Banca Toscana Riviste Dir. e pratica lav. , 1992, 1459 Dir. Lav. , 1992, II, 295, n. CATALINI TONELLI


è lesivo della dignità professionale, alla cui tutela è chiamato l'ordine, e costituisce un abuso del magistero professionale, l'uso da parte del giornalista di espressioni inutili ed ininfluenti ai fini della manifestazione sia sostanziale che critica del proprio pensiero, espressioni che, rimarcando alcuni particolari tratti fisionomici degli appartenenti ad una determinata razza, fuoriescono dalla correttezza del linguaggio giornalistico e si presentano come disdicevoli, tanto da suscitare il risentimento della comunità di appartenenza delle persone oggetto dell'informazione.

Ente giudicante 06.12.90 Consiglio naz. giornalisti, 6 dicembre 1990 Parti in causa Panerai Riviste Dir. Informazione e Informatica, 1992, 853


La libertà di manifestazione del pensiero, garantita dall'art. 21 cost., va correlata con tutte le altre previste nella vigente legge fondamentale dello stato ed in particolare con il principio di pari dignità ed eguaglianza dei cittadini senza distinzione di razza, di cui all'art. 3 cost. stessa.

Ente giudicante 30.03.92 Trib. Milano, 30 marzo 1992 Parti in causa Panerai c. Consiglio naz. ord. giornalisti Riviste Dir. Informazione e Informatica, 1992, 856 Rif. legislativi COST, art. 21; COST, art. 3;