LA CHIESA
I vescovi: disattese
le nostre richieste
Il cardinale
Ersilio Tonini: temo la reazione di chi si sentirà sospettato
«Ora temo la reazione di chi si sentirà sospettato, quasi d’impaccio».
Il cardinale Ersilio Tonini guarda avanti. Lui, come gran parte dei
vescovi italiani, ha criticato in ogni modo la nuova legge. E ieri la
Conferenza episcopale italiana si è limitata a ribadire quanto detto
mentre era in corso la discussione parlamentare. Il suo presidente,
il cardinale Camillo Ruini, in apertura dei lavori del Consiglio episcopale
permanente, nel marzo scorso, aveva definito «discutibile sia il collegare
in modo troppo stretto e automatico il permesso di soggiorno con il
contratto di lavoro sia il limitare severamente le possibilità dei ricongiungimenti
familiari». E aveva sollecitato un «approccio solidale e personalistico,
per il quale, pur senza ignorare i pericoli, l’altro, anche quando viene
da lontano, è in primo luogo "prossimo", e non avversario minaccioso».
Due mesi dopo, a maggio, durante l’assemblea generale della Cei, il
cardinale Ruini ancora una volta aveva sottolineato «le effettive possibilità
di una dignitosa integrazione nel nostro tessuto sociale e civile» degli
immigrati. Adesso, dopo l’approvazione finale, le aspettative dei vescovi
sembrano disattese. Lo dice con amarezza monsignor Alfredo Garsia, vescovo
di Caltanissetta e presidente della Fondazione Migrantes, che evidenzia
i punti deboli della legge approvata ieri dal Senato. «È opportunistica
- spiega - basti pensare al tempo ridotto tra la perdita del lavoro
e l’espulsione: l’immigrato non è nelle condizioni di trovarsi una nuova
occupazione. E poi la questione delle impronte digitali è davvero discriminante,
e lo sarà finché riguarderà soltanto gli immigrati». Il vescovo è critico
anche verso i ricongiungimenti familiari, «troppo difficili». E prosegue:
«Noi non ci illudiamo che le cose siano facili. Ma l’immigrazione riguarda
tutta l’Europa e tutto il mondo. L’Italia non può pensare di farcela
da sola. Ormai la legge c’è e dobbiamo sperimentarla. Questa, però,
come tutte le leggi, è perfettibile: la nostra speranza, dunque, è che
si possa perfezionare. La cosa certa è che la carità può scavalcarla».
Più duro l’intervento di padre Alex Zanotelli, missionario comboniano,
che nell’editoriale della rivista Mosaico di pace, a proposito della
legge Bossi-Fini, scrive che «mette tra parentesi la persona: quello
che interessa è che l’immigrato lavori, non che esista come essere umano
con una propria cultura o come cittadino. Avalla una mentalità secondo
la quale l’immigrato deve essere una merce da utilizzare. L’immigrato
è legalmente riconosciuto finché serve al capitale e poi può essere
respinto al mittente». Di qui la speranza che «la Chiesa ufficiale italiana
possa esprimere il proprio rifiuto sdegnato per questo pezzo di legislazione».
Neppure il cardinale Tonini riesce a nascondere la preoccupazione. «Mi
fa paura una cosa, come potrebbero reagire gli immigrati sentendosi
diffidati? Per vivere insieme non basta l’osservanza delle leggi, né
una sorta di sufficienza economica. Bisogna che ci sia un’intesa, che
ci sia l’integrazione, che uno si senta cittadino a pieno diritto e
non "tollerato"».
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