il manifesto - 06 Maggio 2005
INCONTRI
La crociera clandestina
Giordana presenta il suo film in concorso a Cannes
S.S.
Ha un titolo misterioso come un motto: Quando sei nato non puoi più nasconderti l'ultimo film di Marco Tullio Giordana in concorso a Cannes il 15 maggio. Esce in Italia due giorni prima (il 13) e non mancherà di suscitare discussioni, film sullo stato mentale delle cose in Italia. Racconta di Sandro, un ricco ragazzino (Matteo Gadola) in vacanza sullo yacht, caduto in mare e ripescato da una carretta del mare carica di clandestini, brusco contatto con la realtà di un privilegiato, ispirato al libro che porta lo stesso titolo, di Maria Pace Ottieri. «Ci sono avversari temibili, non aspettatevi nulla da Cannes, così come non mi aspetto niente io» mette le mani avanti Giordana che dice di aver voluto trattare una storia dell'Italia contemporanea dopo tre film sul periodo cruciale degli anni settanta, Pasolini un delitto italiano, I cento passi e La meglio gioventù : «Quello degli immigrati è uno dei tanti problemi che ha l'Italia (anche se mi interessano più le persone che i problemi), in genere raccontati dalla televisione in modo semplificato. Bisogna raccontare alla Rossellini, alla De Sica, chiedersi soprattutto cosa sentono queste persone». La storia è ambienta a Brescia perché, dice, è la città più multietnica d'Italia, quella che ha affrontato per prima l'integrazione, anche perché altrimenti l'economia sarebbe affondata. «Nella fabbrica del padre gli immigrati operai Sandro non li vede come persone, ma come estensione delle macchine, invece dopo entra in contatto con loro, lo fanno rinascere dopo che ha rischiato di annegare, gli insegnano la sopravvivenza, la dignità». Un finale aperto lascia libero spazio all'immaginazione dello spettatore, previsto con gli sceneggiatori Rulli e Petraglia un colpo di pistola risolutore poi annullato per un più semplice panino: «Ho sentito, la mattina che sono arrivato sul set a girare quella scena che non andava fatta così, sarebbe stato forse drammaturgicamente corretto, ma non più paradigmatico del rapporto tra noi e loro. Nel finale non succede niente, il finale sta nel dolore con cui Sandro capisce il destino della sua piccola amica rumena, che infine sente di essere per lui oggetto di attenzione e amore e decide di andar via con lui. E questa per Sandro è anche una terza rinascita». «Il libro che ho scritto, dice la Ottieri, è un reportage che segue i clandestini da Lampedusa a Gorizia, Il titolo era il nome di un clandestino che ho incontrato, uno di quei nomi che contengono un motto che li accompagna per tutta la vita, L'emigrazione è l'epica dei giorni nostri, dietro a tutte le storie che si leggono sui giornali c'è una inesauribile quantità di materiale». Non è stato solo uno spunto il libro quindi ma, dice Giordana, è stato lo sguardo prestato al ragazzino: «quelle persone incontrate non sono statistiche ma personaggi, così come i poliziotti e i preti. La legge dice che bisogna mandarli indietro, ma quelli della guardia costiera sono prima di tutto marinai e la legge del mare dice che se un navigante è in difficoltà lo devi salvare. Forse perché l'Italia ha dovuto mandare fuori dal paese 60 milioni di persone, con tutti i terribili difetti che hanno gli italiani, con la loro cialtroneria, sono più attrezzati di altri a capire queste cose»

Chiediamo a Giordana quali sono stati i suoi contatti con i centri di accoglienza, perché in pochi tratti sembra azzerare le accuse che i giornali spesso riportano: «Ora li chiamano centri di permanenza temporanea. Ci sono centri che funzionano male, altri che funzionano bene. Anzi, non si può dire che funzionano bene e neanche chi sta lì si può dire che stia bene. Abbiamo visto che la gente che lavora lì, soffre e condivide. Si tratta anche di affari perchè lo stato paga fior di rette. Sono istituzioni che ci liberano dai problemi. Servono, ma sono luoghi terribili. Noi siamo stati al Regina Pacis di San Foca, proprio dove don Cesare Lo Deserto è stato appena accusato per abuso di mezzi di correzione. che è lo stesso che accusare Regina Coeli. Io sono innocentista. Lo Deserto mi ha aperto le porte, mi ha detto: va' e vedi e ho visto questa realtà così enorme per mezzi insufficienti. Ora è stato chiuso, le ragazze sono di nuovo per strada. Noi non sappiamo in realtà cosa succede veramente quando vediamo questi stranieri così pittoreschi».