il manifesto - 10 Luglio 2003
Il ministro Pisanu: il siriano era clandestino
Ma per il profugo respinto e forse ucciso la Farnesina convoca l'ambasciatore di Damasco
CI. GU.
ROMA
La Farnesina ha convocato per questa mattina l'ambasciatore siriano a Roma per avere notizie di Muhammed al-Shari, l'ingegnere siriano espulso con al sua famiglia nel novembre del 2002 dall'aeroporto di Malpensa, senza aver avuto la possibilità di chiedere asilo politico. Il ministero degli esteri italiano ha dichiarato che «a tutt'oggi non sono giunte notizie certe sulla sorte del detenuto». Per tutto il pomeriggio di ieri da parte del ministero è stato silenzio assoluto, facendo temere che fosse giunta la conferma della morte dell'uomo. Se la Farnesina si muove con estremo imbarazzo, ieri non ha fatto di meglio il ministro degli interni Pisanu. Interrogato dall'eurodeputato Luciano Manisco a Bruxelles - dove Pisanu teneva un'audzione presso la Commissione per le libertà civili - sulla sorte di al-Shari, «morto in carcere per impiccagione» e sul comportamento dei funzionari dell'aeroporto di Malpensa che lo respinsero verso un paese che lo aveva condannato a morte, il ministro ha risposto: «Provenivano da Amman e avevano un volo verso Casablanca. Una tratta solitamente frequentata dai clandestini». Una dichiarazione che, oltre a suonare fuori luogo, denuncia il clima politico in cui si è consumata la tragedia della famiglia al-Shari. Il ministro ha poi continuato a sciorinare la solita versione del governo sulla vicenda, «rispondendo in maniera ipertecnicista», come denuncia lo stesso Manisco. Pisanu ha ripetuto che la famiglia non aveva documenti regolari con sé. Anzi: «prima hanno presentato documenti che poi sono spariti». Ha sostenuto che la Giordania ha rifiutato di ricevere indietro la famiglia, e per questo è stata rispedita in Siria, paese da cui al-Shari e sua moglie erano scappati vent'anni prima. Il ministro ha anche detto che il fratello di al-Shari «ha chiesto asilo solo dopo che la famiglia era partita». Ma come torna a ribadire l'avvocato della famiglia della moglie dell'ingegnere siriano, Anton Giulio Lana: «I fratelli della signora Labadidi raccontano un'altra versione: uno dei fratelli arrivò in aeroporto appena la famiglia sbarcò, parlò con diversi funzionari, di cui ovviamente non conosce il nome. Si assentò soltanto per cercare un avvocato, operazione non facile in un paese straniero. Quando tornò in aeroporto con l'avvocato, la famiglia era già stata imbarcata verso la Siria». Troppe cose che non tornano nelle versioni ufficiali fornite dal ministero degli interni che, interrogato in proposito, dichiara di non aver intenzione di avviare indagini interne per individuare precise responsabilità.

Ieri il governo ha anche declinato all'invito della Commissione speciale sui diritti umani al senato di venire a riferire sul caso al-Shari: non si è presentato nessuno. Intanto, continuano ad arrivare le interrogazioni e ieri diversi deputati hanno ribadito la necessità che il governo riferisca. La richiesta è stata formalizzata da due deputati di schieramenti opposti, Carlo Leoni dei Ds e Gennaro Malgieri di An, presidente del comitato dei diritti umani di Montecitorio.