il manifesto - 09 Luglio 2003
LETTERA
La moglie di al-Sakhri racconta l'inferno in Italia
«Ai miei cari fratelli Maher e Murhaf. Il destino ha impedito il nostro incontro, anche se eravamo nello stesso paese, nello stesso posto, stesso orario, ci separavano pochi metri. Gli italiani hanno proibito di ritrovarci. Perché ci hanno umiliato in questo modo? Perché ci hanno messo in un posto dove faceva un freddo gelido? Sarà perché eravamo in una situazione difficile o perché eravamo persone sospette? Abbiamo chiesto (lo stato di rifugiato, ndr) decine di volte. Devo parlare del freddo? Della fame? Del latte per la bambina di due anni e mezzo, oppure della bambina di sei anni? Dove sono finiti i diritti dell'uomo quando hanno preso il padre, lasciandomi con i bambini che piangevano di continuo? Ci hanno ingannati e ammanettati. E poi dove è finita la richiesta di rifugiati che ci hanno promesso? Siamo in una situazione molto difficile, abbiate pietà per i bambini che aspettano il loro padre. Non vogliamo più il rifugio, vogliamo vivere con dignità una vera umiliazione, trattati da animali (...) Non hanno avuto pietà, quello che abbiamo chiesto decine di volte era solo il rifugio, non potevamo essere trattati peggio, non posso scrivere altro». Vostra sorella Maisoun