il manifesto - 29 Marzo 2003
Europa sulla via di Guantanamo
Primo sì dei governi ai centri di detenzione per rifugiati fuori dall'Ue
A. D'A.
BRUXELLES
L'idea è pessima? Seguiamola. E così Spagna, Portogallo, Finlandia, Svezia, Belgio, Olanda e l'immancabile Italia fanno propria la proposta di Tony Blair di creare delle riserve al di fuori dei confini Ue per i profughi che chiedono asilo, e quindi protezione, all'Unione. Alla maggioranza dei 15 piace il modello Guantanamo in versione europea: questo è il primo triste bilancio della riunione dei ministri degli interni dell'Unione che si celebra tra ieri ed oggi a Veria, in Grecia. Solo il tedesco Otto Schily affossava il piano: ammettendo sì un'«emergenza rifugiati» ma bocciando questa soluzione in quanto «controproducente perché potrebbe attrarre altri rifugiati» invece che limitarne il numero, come pensato da Blair. Considerazioni più pratiche che di principio, ma tanto vale accontentarsi, la Francia non apriva nemmeno bocca. L'Europa in maggioranza proferisce quindi un sì di massima al progetto britannico, trova il preambolo «giusto» (la parte in cui si sottolinea la gravità e la magnitudo del problema dei rifugiati) e le idee proposte per la soluzione «interessanti», un giudizio già espresso una settimana fa dai leader dell'Ue. Al vertice di Bruxelles i 15 avevano infatti dato un mandato al Commissario agli interni António Vitorino per ragionare tecnicamente e legalmente sulla proposta e presentare un piano articolato al vertice di Salonicco del 20 e 21 giugno. Vitorino ripete che rispetterà la Convenzione di Ginevra, la garanzia minima, anche se già più di un paese europeo inizia a pensare che la Convenzione sia ormai troppo vecchia e che abbia bisogno di una «cura di ringiovanimento» per adattarsi alla situazione attuale e al mutato contesto internazionale. Ieri il ministro degli interni britannico, David Blunkett, rilanciava la proposta dalle onde della Bbc, guardando comunque al futuro: «Al momento siamo in una situazione assurda. Se non li possiamo (i rifugiati) rimandare indietro, o non possiamo permettergli di andare ovunque, loro spariscono all'interno della nostra economia. È necessario cambiare il sistema anche se ci vorranno anni». La preoccupazione di Londra è evitare che «ci si rifugi nella richiesta di asilo» per aggirare le strettissime norme sull'immigrazione; la soluzione proposta è come sempre solo repressiva, e in questo caso pure vergognosa.

I 15 guardavano ieri non solo al futuro ma anche al presente più drammatico: i profughi iracheni. Se cambia la prospettiva temporale la soluzione rimane la stessa: i rifugiati verranno smistati in centri di accoglienza nei paesi prossimi all'Iraq. La decisione è di natura essenzialmente tecnica, assicurano dalla Commissione, non si è infatti ancora verificata la tanto temuta valanga di rifugiati iracheni. In sostanza, sostengono le istituzioni comunitarie, il flusso di profughi è al momento molto più limitato del previsto e pertanto non ci sarebbe ragione per attivare la Direttiva sulla protezione temporanea, il sistema già utilizzato per la crisi in Kosovo ed in Afghanistan e che permette istanze di un anno, prolungabili per due periodi di 6 mesi. Al momento bisogna concentrarsi sull'aiuto agli iracheni in Iraq; quelli che riescono ad uscire, che se ne stiano in Medio oriente, l'Europa non li vuole. D'altronde, assicura la presidenza greca, «un'ondata di profughi nella Ue creerà diversi problemi».