il manifesto - 06 Marzo 2003
Che succede se si risana un ghetto?
Nel quartiere «islamico» di Val Fourré, centro di un piano di riqualificazione urbana. Ma molti problemi restano
ANNA MARIA MERLO
MANTES-LA-JOLIE
Val Fourré: il nome evoca per ogni francese l'idea del quartiere popolare «sensibile», dell'area urbana in preda alla violenza più estrema. Negli anni `90, il quartiere Val Fourré è stato teatro di rivolte, non solo auto incendiate e sassate con gli agenti, ma una guerriglia che è culminata con dei morti, tra cui una giovane poliziotta. E' un quartiere popolare di 23mila abitanti dove sul 20% del territorio comunale vive più della metà dei cittadini di Mantes-la-Jolie, una cittadina ai confini della Normandia, al centro di un'agglomerazione urbana di 100mila abitanti che fa parte della «grande periferia» parigina, a mezz'ora di treno dalla capitale. Dopo l'esplosione della violenza i poteri pubblici, dal comune allo stato (con il contributo finanziario del progetto Pic Urban dell'Unione europea), sono intervenuti con energia per cercare di invertire la drammatica deriva del Val Fourré.

Oggi, il quartiere è in via di mutazione. Il sindaco, Pierre Bédier dell'Ump, che era stato il «signor sicurezza» durante la campagna di Chirac e ora è segretario di stato agli istituti penitenziari nel governo Raffarin, se ne attribuisce gran parte del merito. Il primo intervento, da quando è stato eletto primo cittadino nel `95, era stato di rinnovare il centro della cittadina sulle rive della Senna. Poi, Bédier si è reso conto che per attirare una popolazione mista - nel comune è stato varato un ambizioso progetto di quartiere di villette sulla Senna, che cercano acquirenti della media borghesia: per «riequilibrare», dice il sindaco, una città dove le case popolari rappresentano il 50% - bisognava intervenire al Val Fourré, il quartiere che fa paura.

La ristrutturazione del quartiere popolare fa parte di un piano per l'agglomerato urbano, che raggruppa nove comuni (gestiti sia dalla destra, come Mantes, che dalla sinistra), tutti vittime della disoccupazione degli anni `80, che ha colpito duro questa zona operaia lasciando sul terreno famiglie sconquassate, l'autorità paterna a pezzi, mentre la contraddizione tra tradizione culturale - il 90% degli abitanti sono musulmani - e la Francia di oggi scoppiava in pieno. Sotto la guida dell'archietto-urbanista Michel Ricard, sono stati già investiti 90 milioni di euro per la riabilitazione dell'agglomerato (un terzo per il Val Fourré) e il progetto prevede ancora un finanziamento di 125 milioni di euro per i prossimi anni. Ma il comune cerca ormai investitori privati anche nel settore immobiliare, visto che «i soldi pubblici non arriveranno sempre a fiumi», sottolinea il sindaco.

Il grosso del lavoro realizzato finora è stato urbanistico: distruzione di un buon numero delle vecchie «torri», sfondamento di condomini per costruire dei grandi viali e rendere meno dense le abitazioni, illuminazione pubblica in tutte le strade che un tempo erano vere e proprie «trappole per topi» buie, un mercato due volte alla settimana nella piazza dove si affacciano gli uffici comunali di quartiere, creazione di zone commerciali: così spiega Catherine Angelini, che si occupa del «Progetto Mantes».

Tutte misure per arrivare a un'«apertura» del quartiere nato in fretta negli anni `70, per dare una casa agli operai immigrati - portoghesi, ma soprattutto maghrebini, e poi neri - che venivano ad ondate allora per lavorare nelle fabbriche dell'auto, Peugeot, Simca, Renault (che ha ancora nella zona un delle sue più grosse fabbriche, a Flins, comune poco distante).

Bédier, che fa parte della nuova generazione di «chirachiani» di base che inalberano lo «spirito pratico» come sola ideologia, racconta di essere riuscito a incidere un po' nella mentalità distruttiva delle giovani generazioni di famiglia immigrata quando ha capito che il rinnovo urbano al Val Fourré doveva esere fatto con la stessa qualità di quello realizzato nel centro. «Abbiamo fatto al Val Fourré una piazza, realizzata da operai portoghesi, eguale a quella che sta di fronte alla collegiale», una chiesa gotica del XII secolo, che si erge in centro. E' nato un ospedale e tutti i servizi pubblici (posta, tasse, comune di quartiere, centro medico-sociale, ufficio per gli assegni familiari) sono presenti, in edifici rinnovati. Al Val Fourré c'è una piscina, la pista di pattinaggio, numerosi campi sportivi, un hammam.

La violenza, certo, non è finita, anche se le statistiche la danno in calo del 16%. Ma in questi giorni gli insegnanti della scuola media Pasteur hanno fatto appello al «diritto di sospensione del lavoro» in seguito all'aggressione di una sorvegliante. Di fronte alle porte dei condomini stazionano gruppi di giovani (la legge Sarkozy sulla sicurezza ha messo fuori legge queste riunioni negli androni, perché gli abitanti hanno paura). Ma i portoni sono ridipinti, i citofoni in ottimo stato. Non ci sono tags sui muri. «Appena vengo a conoscenza che ce n'è uno, lo faccio cancellare - dice Bédier - subito, perché se si aspetta qualche giorno è già troppo tardi. Poi, quando prendiamo chi lo ha fatto, cosa molto rara in effetti, gli proponiamo qualche ora di lavoro utile, di venire a lucidare il comune, invece di farci pagare i danni dalla famiglia».

Il rinnovo urbanistico non è evidentemente sufficiente. Al Val Fourré è stata anche istituita una «zona franca» per cercare di rilanciare l'attività economica. E' un progetto, controverso, di defiscalizzazione per i primi cinque anni di vita di un'impresa, che era stato introdotto nel `95 dall'allora primo ministro Alain Juppé. Secondo Bédier, a Mantes ha contribuito alla creazione di 800 posti di lavoro e di 241 imprese.

La disoccupazione, però, resta molto forte. Il comune dà una mano, per esempio, alle donne che intendono diventare imprenditrici: un laboratorio di cucito, un ristorante cooperativo dove accanto al vino viene servita la MeccaCola. Alla disoccupazione si aggiungono i conflitti culturali. La grande maggioranza della popolazione del Val Fourré è musulmana: qui c'è una moschea principale e molte «sale di preghiera» delle diverse comunità. L'attuale ministro degli interni, Nicolas Sarkozy, sta portando a termine una riforma studiata anni fa dai suoi predecessori (da Pierre Joxe a Jean-Pierre Chevènement), che ad aprile dovrebbe permettere l'elezione di un Consiglio rappresentativo dell'islam di Francia, come interlocutore dei poteri pubblici. Questo per evitare che, come succede ora al Val Fourré, l'imam della moschea sia un inviato dall'estero - nella fattispecie dall'Arabia saudita, con passaporto diplomatico, che non parla una parola di francese.

Secondo il sindaco, i conflitti non derivano dalla religione - «i maghrebini sono ben inseriti, non ci sono problemi con loro» - ma i principali problemi sono legati all'ultima ondata di immigrazione, di famiglie dell'Africa sub-sahariana, molte delle quali poligamiche. La legge francese - e quindi anche la previdenza sociale e gli istituti delle case popolari - non riconosce la poligamia. Aggirando la legge, Bédier sta cercando una via d'uscita per evitare il peggio, un esperimento che riguarda già alcune famiglie sull'ottantina (1500 persone circa) che vivono in poligamia al Val Fourré: ha fatto pressioni sugli istituti delle case popolari per permettere che l'appartamento venga ora affittato alle donne e non più al capofamiglia uomo - sullo stesso pianerottolo, per permettere ai fratellastri di vivere vicino.

«Due appartamenti di tre stanze l'uno sono affittati alle due mogli» racconta il sindaco («se ce n'è una terza - taglia corto Bédier - se la mantengano da soli, senza aiuti pubblici»). «Così la pace ritorna - prosegue - bisogna sapere come funzionano queste famiglie: in un alloggio di quattro stanze, l'uomo si prende una stanza, le due donne hanno una stanza per una, e così i bambini devono dormire in salotto, non hanno spazio. Ogni donna ha nella sua stanza un frigo, chiuso con un lucchetto, per paura che l'altra prenda il cibo per i propri bambini. E' facile immaginare il clima, tanto più che la prima moglie molto spesso prende l'altra per la sua cameriera. Invece, dove abbiamo concepito i due appartamenti limitrofi, i rapporti migliorano: ognuna delle due mogli ha la sua cucina e l'uomo dorme un po' qui e un po' là, sono affari suoi, ma le due famiglie sono al sicuro». Ma, aggiunge Bédier, «questo lo accettiamo per la prima generazione. Poi, la scuola dovrà costruire dei cittadini francesi, lontani da queste pratiche culturali».