il manifesto - 05 Marzo 2003
La sanatoria-trappola
A Milano aumentano le espulsioni di chi aspetta il permesso. Protesta anche la polizia
LUCA FAZIO
MILANO
Se non fosse una specie di trappola, sarebbe la lettera che tutti gli stranieri sperano di trovare nella casella della posta. Comincia cosi: «Invito a presentarsi per la stipula del contratto di soggiorno per lavoro e il contestuale ritiro del permesso di soggiorno da parte del lavoratore straniero». Come il formaggio per i topi. Said Z., marocchino di 30 anni, in prefettura, a Milano, ci è andato con il suo datore di lavoro. Adesso è nel centro di detenzione di via Corelli, in attesa di essere espulso. A Said nessuno ha notificato un regolare rifiuto di rilascio del permesso (come previsto da una comunicazione del ministero dell'interno) e il suo avvocato, Paolo Oddi, si è visto anche rigettare il ricorso senza spiegazioni. «Nulla blocca l'espulsione di Said - spiega - e l'unica cosa da fare contro questo provvedimento abnorme è ricorrere in Cassazione, magari tra un anno ci daranno ragione». Un caso isolato? Oddi conosce due situazioni analoghe: «Siccome non c'era posto in via Corelli, hanno intimato l'allontanamento dal paese in 5 giorni a due stranieri che rientrano nella sanatoria: in base alla legge Bossi-Fini, rischiano di essere arrestati al secondo controllo di polizia». I volontari di Sos Espulsione, un gruppo di avvocati del Naga di Milano, in una settimana hanno intercettato 15 stranieri «raggirati» - cioè espulsi - dopo aver risposto alla chiamata per lettera della prefettura o della questura. E' probabile che il rifiuto alla sanatoria, contrariamente a quanto capitato a Said Z., in molti casi sia giuridicamente motivato. In base alla pessima legge Bossi-Fini, infatti, per non ottenere la regolarizzazione è sufficiente essere stati denunciati, per furto o spaccio, ma anche per fatti meno gravi. E stessa sorte può capitare anche a chi è già stato colpito da provvedimento di espulsione, ma solo se è stato trattenuto in un centro come via Corelli (sorte che tutti, in quanto «clandestini», avrebbero potuto conoscere). «Stanno sfoltendo i ranghi - spiega l'avvocato Pietro Massarotto - e chiudono le porte a quelli che potenzialmente non ne hanno diritto. E' una vergogna, ma è già tutto scritto in questa sanatoria». Le situazioni dei primi 15 «sfortunati» (ma a Milano saranno almeno una cinquantina) però sono ancora da verificare, «andremo a vedere se su di loro ci sono carichi pendenti in Tribunale». Nell'elenco, questo è certo, non figurano criminali incalliti. Tutti lavorano, tanto che si sono presentati in questura con i «padroni», tutti sono reperibili e tutti hanno la ricevuta della sanatoria. Vogliono espellere una ecuadoregna denunciata per una lite condominiale e una brasiliana che ha denunciato il padrone perchè non voleva regolarizzarla come promesso. E per gli stranieri è difficilissimo venirne a capo, anche perché, rinchiusi in via Corelli, è un'impresa ricorrere al Tar contro il rifiuto della sanatoria e al giudice ordinario contro l'espulsione - e per le pratiche un avvocato poco solidale vuole circa 3 mila euro...

E' presto per dire che si tratta di un giro di vite generalizzato, ma a Milano le associazioni e i sindacati, per il momento, consigliano di non presentarsi in questura nonostante l'allettante letterina di invito. Del resto il clima è sempre più sfavorevole per gli immigrati, con o senza ricevuta per la regolarizzazione. Ne sanno qualcosa i tre peruviani dell'associazione antirazzista Todo Cambia di Milano: l'altro giorno, mentre erano in fila per un pasto all'Opera di San Francesco, sono stati portati in questura per una giornata intera e in un primo tempo gli agenti non si sono scomposti nemmeno di fronte all'avvocato accorso con tanto di cedolino originale. E se a protestare sono anche «alcuni» (pochi) poliziotti, allora è evidente che questa regolarizzazione è in preda al caos: venerdì gli agenti che aderiscono al sindacato UilPs dell'ufficio immigrazione della questura di Milano si fermeranno tre ore per protestare contro i disservizi causati dalla Bossi-Fini. Li ha descritti così il segretario provinciale Antonio Cicero: «E' disumano che bambini neonati, figli di immigrati, siano costretti a file interminabili al freddo per espletare normalissime pratiche...e se una persona è a posto non si vede perchè debba aspettare 8-9 mesi per un suo diritto...»