il manifesto - 26 Gennaio 2003
Bossi-Fini, «legge solo repressiva»
La Cassazione si scaglia contro le nuove norme sull'immigrazione. Umberto Bossi: «Solo nelle dittature la magistratura prevale sui rappresentanti del popolo»
CINZIA GUBBINI
ROMA
Una sentenza della Corte di Cassazione, emessa il 23 gennaio, ha scatenato ieri pomeriggio un rumoroso can can politico, andando molto al di là, probabilmente, delle intenzioni del giudice di legittimità. La terza sezione penale della Corte di Cassazione, intervenendo su una sentenza di condanna di un albanese, ha osservato che la legge Bossi-Fini sull'immigrazione «accentua il carattere di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica di alcune disposizioni (rispetto alla precedente legge Turco-Napolitano, ndr) in parte capovolgendo la visione solidaristica in una esclusivamente repressiva». Più avanti il giudice si spinge un po' più in là sostenendo: «già nella legge n. 40 (la Turco-Napolitano, ndr) assumeva un ruolo più marcato, sotto alcuni aspetti, la funzione di sicurezza ed ordine pubblico divenuto il tema centrale della legge n. 189 (la Bossi-Fini, ndr) con un'unilaterale lettura della normativa europea». Insomma, il giudice riconosce ciò che Lega e Alleanza nazionale vanno sbandierando da tempo al fine di guadagnare consenso elettorale: la legge interviene sul Testo unico dell'immigrazione aggiungendo, esclusivamente, norme più dure nei confronti dell'immigrazione irregolare. E invece, sorpresa, non si può dire. Va bene solo quando si tratta di slogan urlati a Pontida da Bossi e Borghezio. La Lega è immediatamente partita a passo di marcia. Tocca al senatùr annunciare che siamo sotto dittatura: «Solo nelle dittature la magistratura prevale sui rappresentanti del popolo». E allo sfortunato popolo italiano annuncia che «sta ritornando la tradizione che si basa sulle famiglia e recupera la parte migliore di quello che i meccanismi iconoclasti avevano cancellato insieme a tutto il resto». Per Mario Landolfi, portavoce di An quello della Corte «E' un giudizio più politico che tecnico».

La sentenza, della terza sezione penale della Corte, e relazionata dal giudice Francesco Novarese, si riferisce al caso di un giovane albanese, Gentian H, condannato dalla Corte di appello di Torino per i reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione a danni di minore (una ragazza di sedici anni), violenza sessuale. Gentian è ricorso in Cassazione per «carenza ed illogicità manifesta» della motivazione sui delitti di violenza carnale e di favoreggiamento dell'illegittimo ingresso in Italia. In pratica, il ragazzo albanese si sentiva ingiustamente punito per aver pagato il viaggio alla giovane albanese, sostenendo che il favoreggiamento dell'ingresso clandestino è da addebitarsi agli scafisti e non a chi paga il viaggio. Tesi piuttosto fantasiosa, in realtà, e per questo i giudici hanno respinto il suo ricorso, condannandolo oltretutto a pagare le spese processuali. Ma il giudice (su cui c'è da sperare non interverrà la bacchetta intimidatoria del ministro Castelli) intendeva davvero dare un giudizio politico sulla legge Bossi-Fini? «Dovrei leggere la sentenza - spiega Massimo Pastore, avvocato dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione - ma credo che il giudice abbia scelto di fare un "excursus" in materia legislativa perché le precedenti interpretazioni usate quando era in vigore la Turco-Napolitano non sono più valide oggi, dopo l'approvazione della Bossi-Fini». Numerose sentenze della Corte di Cassazione, infatti, avevano già sottolineato l'apparato «solidaristico» della Turco-Napolitano, per sostenere, ad esempio, tesi a favore degli immigrati «clandestini» in grado di dimostrare un elevato inserimento sociale. Le parole del giudice non fanno altro che evidenziare le differenze intervenute negli ultimi anni in materia di immigrazione: più repressione, più attenzione al tema della sicurezza, maggiore severità nei confronti di chi entra in Italia senza un permesso di soggiorno. Ma insomma, la «sicurezza» non è il tema preferito in tutte le campagne elettorali? In pratica la sentenza non fa che fotografare i cambiamenti intervenuti negli ultimi anni in materia di immigrazione. Ed effettivamente lascia interdetti. Fa impressione vedere descritti con il freddo linguaggio giuridico gli stravolgimenti introdotti dalla Bossi-Fini nell'ordinamento italiano. E anche Rosi Bindi, esponente della Margherita, sottolinea come la sentenza «conferma che l'Italia ha oggi una disciplina che è fuori dai principi condivisi in materia dall'Unione europea, che considerano solidarietà e integrazione valori fondanti». «Lo abbiamo detto da subito che la Bossi-Fini non aiuta la solidarietà », spiega don Giancarlo Perego della Caritas nazionale. Mentre Filippo Miraglia dell'Arci nota come «sicuramente le legge Bossi-Fini esprime un sostrato culturale profondamente razzista». E a sentire le dichiarazioni del capogruppo al Senato della Lega, Moro («combattere l'invasione dei clandestini è legittimo, alla solidarietà penseremo dopo»), viene solo da sperare che, presto, sulla Bossi-Fini si pronunci la Corte costituzionale.