il manifesto - 08 Novembre 2002
Le rose purpuree del Cairo
Dal Marocco all'Iraq, dall'Arabia Saudita alla Palestina, dalla Siria alla Tunisia, «La donna araba e la creatività», cento scrittrici a convegno per cinque giorni nella capitale egiziana
ISABELLA CAMERA D'AFFLITTO
«La donna araba e la creatività», intorno a questo titolo-tema si sono ritrovate in un convegno al Cairo per cinque giorni, alla fine di ottobre, centocinquanta scrittrici e studiose di tutto il mondo arabo. Dal Marocco all'Iran ai paesi della penisola Araba il segno delle donne nella letteratura araba è stato analizzato nella sua ricchezza e nelle sue diversità, geografiche, culturali e politiche. Diverse, infatti, sono le sfide che le donne affrontano nelle varie società arabe, sul piano dei comportamenti sociali e su quello legislativo. Un riconoscimento è andato in primo luogo alle «pioniere» del secolo appena concluso. Come le scrittrici siriane Colette Khuri, presente al convegno, e Ghada Samman che, già a partire dagli anni `60, con i loro racconti e romanzi hanno affrontato e infranto molti tabù. Una ribellione contro i divieti patriarcali che non mancò di fare scandalo ma che è stata un punto di riferimento per le generazioni successive di scrittrici, e non solo, arabe.

Un incontro che ha analizzato i cambiamenti e i paradossi della condizione della donna araba negli ultimi decenni: impedimenti, ostacoli ma anche vivacità e creatività. Se le scrittrici dell'Arabia Saudita e dei paesi del Golfo Arabo vivono notevoli costrizioni, è proprio in questi paesi che negli ultimi anni si registra un sostanziale aumento della produzione letteraria femminile. Una realtà che ha costretto i critici arabi, finora disinteressati ai paesi del Golfo, a rivolgere la propria attenzione verso questa letteratura emergente, e in particolare quella delle donne. E nutrita è stata la partecipazione delle scrittrici e studiose saudite, tra le quali la potessa Fawziyya Abu Khaled, che ha parlato dell'isolamento che costringe le donne del suo paese a vivere perennemente in condizioni di insicurezza. Per queste scrittrici l'imposizione di evitare i temi legati alla vita sessuale e intima della donna, rappresenta una grave limitazione alla creatività e si trasforma in un'odiosa auto-censura preventiva. Una realtà quella della penisola Araba che risulta spesso sconosciuta alle donne degli altri paesi arabi che talvolta la giudicano attraverso le stesse immagini stereotipate delle/degli occidentali (Rose d'Arabia, e/o 2001). Per Fawziyya Abu Khaled la partecipazione di tante donne alla vita culturale del suo paese è comunque una sfida straordinaria e sicuramente avrà conseguenze profonde su tutta la società.

Un altro interessante dato emerso nel convegno riguarda proprio la lingua araba. Le scrittrici, appartenenti a diverse correnti culturali e letterarie, utilizzano l'arabo in modo più innovativo rispetto agli scrittori, al punto che le voci femminili provenienti dalla Penisola Araba sono oggi considerate all'avanguardia nella cosiddetta scrittura modernista araba.

Il convegno ha anche analizzato la produzione letteraria molto ricca delle irachene. Per molte donne che vivono nell'Iraq della guerra, dell'embargo e dell'insicurezza perenne, scrivere è diventato uno strumento necessario per esprimere il proprio dolore e le proprie angosce. E, anche se la scrittura non riesce a guarire le ferite che la guerra, la morte e la desolazione portano con sé, la creatività letteraria diventa una forma di sopravvivenza a cui molte si aggrappano.

Ilhàm Abu Ghazalah, scrittrice e accademica originaria di Nablus, ma residente a Ramallah, ha parlato dello stato di emergenza in cui sono costretti a vivere tutti i palestinesi. Un ostacolo pesantissimo alla creatività. «Come si può scrivere - si chiede Ilhàm Abu Gahazalah - mentre i carri armati circondano la tua casa che non è più un rifugio, ma diventa una trappola mortale? Come si può scrivere quando si è costretti per trenta giorni a non uscire di casa, come è accaduto a Nablus? In queste condizioni gli orizzonti diventano sempre più limitati. Come si può scrivere quando la propria città e la propria casa vengono distrutte? La distruzione regna nelle strade di Ramallah. Quando ti viene distrutta la casa, il luogo dell'infanzia, dei ricordi, è come se venisse distrutta la tua stessa memoria. Come si può creare, scrivere, quando per andare all'università, da casa, un percorso di sette minuti, diventa, se tutto va bene, un tragitto di due ore? Non percorriamo più strade asfaltate, ma siamo costretti ad arrampicarci su pietre e rocce. Io non riesco più a scrivere romanzi, ma solo a tenere un diario, perché la memoria di ciò che ci sta accadendo non vada perduta. Ciò che più mi spaventa è che questo stato di cose persiste, e sono sempre più angosciata perché la voce dell'uomo arabo non si è ancora levata in difesa dei palestinesi».

Ma nel convegno del Cairo si è parlato anche molto della scuola e del sistema educativo nei vari paesi arabi. Un sistema che tende ancora oggi a incoraggiare un apprendimento nozionistico, mnemonico, piuttosto che stimolare la capacità critica del singolo. Un sistema educativo che trasforma uomini e donne in facili prede per i vari movimenti fondamentalisti, come ha denunciato il famoso editorialista di al-Ahram, al-Sayyid Yasin. Questi cambiamenti non si possono più rinviare di fronte alla sfida della modernità che la società araba deve raccogliere, e che potrà affrontare e vincere solo con le donne.

Nell'orizzonte della modernità c'è anche la globalizzazione, tema che gli interventi del convegno hanno declinato come occasione di confronto e dialogo, come incontro e scambio tra culture, pur senza rinunciare alle proprie radici. Con la capacità di sovvertire gli stereotipi culturali. E a questo proposito lo scrittore marocchino Muhammad Barrada, parla della colpa degli arabi, ovvero l'incapacità di intervenire sull'immaginario occidentale e contribuire a mutare le immagini stereotipate sugli orientali. E Sahar Khalifah, nota scrittrice palestinese, ha sottolineato, con la passione che la contraddistingue, il ruolo che le donne possono e devono svolgere nel favorire una migliore conoscenza dell'altro, senza preconcetti e pregiudizi reciproci, nella speranza che soprattutto la tragedia palestinese venga vista in Occidente nella sua reale dimensione. E la letteratura può essere un grande strumento di conoscenza.