il manifesto - 23 Agosto 2002
Migranti in mare, tirano dritto
Due pescherecci avvistano al largo delle coste siciliane navi malmesse con a bordo immigrati. Avvisano le Capitanerie e non intervengono. L'«effetto Portopalo» inizia a farsi sentire
CINZIA GUBBINI
Un peschereccio al largo di Porto Empedocle, nella notte tra mercoledì e giovedì, avvista una nave carica di immigrati. Succede spesso, ora che il mare è calmo. Chiama la Capitaneria di porto, chiede istruzioni precise. In sostanza, non si avvicina. La nave degli immigrati, un vecchio gozzo di 12 metri con 68 persone a bordo, funziona bene. Il motore gira e non sembra ci siano problemi. E' invece a secco di carburante la barchetta in vetroresina di 4 metri che viene avvistata ieri sera dal peschereccio di Mazara del Vallo «Aristeos», a 25 miglia a nordovest di Pantelleria. Anche in questo caso il peschereccio avverte la Capitaneria, che poi provvederà a salvare gli 8 immigrati a bordo. «Il peschereccio li ha tenuti a vista - riferisce il comandante - la barca non aveva problemi di stabilità, ma l'equipaggio a preferito non prenderli a bordo. Credo perché, dopo quello che è successo, non si sa mai». «Quello che è successo» è l'iscrizione nel registro degli indagati, due giorni fa, dei cinque marinai di Portopalo accusati di «concorso in favoreggiamento dell'immigrazione clandestina». Avevano trasportato centocinquantuno immigrati in Italia, recuperati in acque internazionali. Non si parla d'altro, nei porti siciliani, e il sospetto è che i pescatori del «Buon oriente», come quelli dell'«Aristeos», abbiano preferito evitare grane. Quel che è certo è che i pescatori siciliani, dopo quello che è capitato a Portopalo, sono molto nervosi. Agosto è un mese buono per il lavoro, è la stagione del pesce spada, se la giornata va bene si può arrivare a pescare fino a 10milioni di vecchie lire. Il mare è calmo, si può stare fuori per più giorni. E da anni ormai, laggiù, al limitar delle acque nazionali, capita a questa gente di incontrare gommoni, vecchi gozzi, pescherecci sgangherati, con a bordo un sacco di persone. E da sempre, il mare, che è una strada fatta di tempi e spazi dilatati, ha il suo codice di comportamento, se qualcuno è in difficoltà, il più vicino lo aiuta. Subito, automaticamente, prima che arrivino le "autorità competenti", è questo quello che «si deve fare per fare bene». Prima dei codici marittimi e delle leggi internazionali.

Poi capita il «fattaccio» di Portopalo. I fratelli Scala, i pescatori indagati, si vedono sequestrare il peschereccio. Giorni e giorni di lavoro persi, la polizia che indaga, il magistrato che interroga. Sono «impicci», a salvare i «clandestini» in mare «si passano i guai». Adesso qual è la regola «per fare bene»? Così gli ultimi avvistamenti in mare sono diventati un caso. In realtà sembra che non sia successo nulla di strano la notte scorsa, a 27 miglia dalle coste siciliane, quando il «Buono oriente» ha avvistato la barca con una settantina di immigrati a bordo, e si è «limitato» a segnalarlo alla Capitaneria di porto. Alla Capitaneria ripetono che «quella barca aveva i motori accessi, navigava tranquillamente e non c'erano motivi di preoccupazione. Abbiamo chiesto al "Buono oriente" di seguirla visivamente e con i radar e così ha fatto». Poi sono arrivate la motovedetta della Guardia costiera e quella delle Fiamme gialle a recuperare la barca. I Bonfiglio, i pescatori del «Buon oriente», quindi non avrebbero evitato di mettersi nei guai. Ma la notizia ha avuto un "effetto bomba" tra il popolo dei pescatori siciliani. I pescatori sono sicuri che nella testa dei Bonfiglio, come in quella dei pescatori dell'«Aristeos», è passata almeno per un attimo la storia dei fratelli Scala. Sono sicuri, capiterebbe anche a loro. E intanto la magistratura ha aperto un fascicolo sull'avvistamento di Porto Empedocle, per vederci chiaro, ci sarà stata omissione di soccorso? Ma in questione, per adesso, non c'è l'omissione di soccorso, piuttosto quella domanda in più che ci si farà, d'ora in poi, quando si vedrà una barca in mare con gli immigrati a bordo. Proprio l'effetto sperato da chi si affanna a credere che ci sia un modo semplice per farli smettere. Come far finta di non vederli. E' lo stesso Corrado Scala, il comandante del «Chico» in attesa di vedere il suo peschereccio dissequestrato, a dire: «Si vede che è scattato qualcosa, gli altri vedono quello che passiamo noi. Ma non è da criticarli, spero solo che succeda a pochi». E ieri per i pescatori di Portopalo è stata un'altra giornata difficile. I carabinieri hanno perquisito alle prime luci dell'alba la casa degli Scala, nel pomeriggio è stata la volta del peschereccio, con un imponente schieramento di forze dell'ordine. L'avvocato informa che non è stato trovato nulla, mentre la relazione breve arrivata dalla capitaneria di porto di Roma, che ha guidato domenica notte il peschereccio «Chico», sembra confermare la versione fornita dai pescatori.