il manifesto - 19 Luglio 2002
Profanato a Roma il cimitero ebraico
Distrutte nella notte più di 30 tombe. I vandali non hanno firmato l'azione compiuta in un giorno di lutto per gli ebrei né lasciato tracce. Sdegno e preoccupazione nella comunità romana, solidarietà da parte della società civile e di tutte le forze politiche
IAIA VANTAGGIATO
Trenta tombe e cinque cappelle profanate al cimitero ebraico del Verano. Questo il macabro bilancio della furia razzista e antisemita che si è scatenata, a Roma, nella notte tra mercoledì e giovedì. Ma conta poco il numero delle lapidi divelte, dei marmi distrutti a colpi di sbarre di ferro, delle stelle di David sradicate: anche una sola sarebbe bastata. Quella di Angelo Antigoli, per esempio, nato il 26 gennaio del 1912 e morto il 29 ottobre del 1986: era stato trasferito al Verano da poco, da quando si era reso disponibile quell'ultimo fazzoletto di terra. Nessuna scritta a rivendicazione dell'atto vandalico, nessuna traccia consegnata al lavoro della Digos e della scientifica invitate però - dal neo ministro dell'interno Pisanu - ad indagare «a 360 gradi». La pista più accreditata sarebbe, per il momento, quella politica ma resta da capire se debba essere ricondotta ad ambienti di estrema destra o all'area del fanatismo islamico. Gli inquirenti non escludono neanche l'ipotesi che il gesto possa essere il frutto di una «guerra» tra i giardinieri del cimitero.

«I fascisti si fanno riconoscere - dice più d'uno - disegnano svastiche o circondano le nostre tombe col filo spinato». Così fecero nel `96, a Roma, al cimitero di Prima Porta. E che non ci sia l'impronta fascista, suggerisce qualcuno, è testimoniato dal fatto che la stele dedicata ai 2091 ebrei romani vittime delle deportazioni naziste non è stata toccata. Non sono d'accordo gli «ebrei contro l'occupazione» che denunciano una «indubbia matrice fascista».

Dalla comunità palestinese di Roma e del Lazio e dall'Unione delle comunità islamiche in Italia arriva «una netta condanna del terribile atto vandalico», e dura solo poche ore lo scontro tra il presidente dell'Unione islamica Dachan e il portavoce della comunità Riccardo Pacifici che dalle accuse passa subito alle scuse.

Per i viali del Verano, intanto, il via vai è ininterrotto; l'allarme dato dai custodi del cimitero, all'alba di ieri, è arrivato ad ogni membro della comunità: uomini e donne, giovani e anziani. Non cercano le proprie tombe ma piangono su quelle profanate: «Per noi la sofferenza è la stessa». E tutti sono attoniti di fronte a quelle stelle abbattute e a quei marmi sventrati con un «piede di porco». «Hanno voluto colpire il simbolo più proprio dell'ebraismo?», chiede qualcuno. No, il motivo è più semplice: «Sulle nostre lapidi ci può essere la stella di David o la menorah, il candelabro a sette braccia, il cui basamento, però, è molto più difficile da buttar giù». La spiegazione «tecnica» è ancor più agghiacciante e non serve certo a rassicurare.

E preoccupato appariva ieri il rabbino capo Riccardo Di Segni. Ma pure provato dal caldo, dal dolore e dal digiuno imposto dalla ricorrenza di Tishà be Av, il giorno di lutto durante il quale gli ebrei ricordano la duplice distruzione del tempio di Gerusalemme: «Un atto terribile, di certo opera di qualche frangia malata - commenta - ma non ci sentiamo isolati anche grazie al corteo di autorità politiche locali e nazionali che oggi sono venute qui al Verano».

Un corteo - questo sì - a 360 gradi: dalla solidarietà di Carlo Azeglio Ciampi alla indignazione del presidente del senato Marcello Pera, dalle parole di Veltroni - una «ferita a tutta la città» - a quelle di Rutelli: «Bisogna alzare una barriera contro l'intolleranza e l'antisemitismo». Per i Verdi parla Paolo Cento e compatti, per una volta, appaiono i Ds che presentano una interrogazione parlamentare mentre Fassino invia un messaggio di solidarietà al presidente della comunità Leone Paserman. Intorno alla quale si stringe solida anche la maggioranza. «Una infamia che suscita orrore», tuona Gianfranco Fini cercando di ripulire l'immagine e il passato del suo partito. Lo segue docile Francesco Storace che oggi esprime solidarietà a Di Segni ma che solo ieri neanche sapeva cosa fosse il «giorno della memoria». A istruirlo ci penserà forse Berlusconi che - «indignato per l'atto ignobile» - promette l'impegno del suo governo «a combattere qualsiasi forma di intolleranza e ad assicurare alla giustizia i responsabili di questa azione vile e ignominiosa».