il manifesto - 13 Luglio 2002
Sangatte chiude. Accordo tra Londra e Parigi
Il centro della Croce Rossa sparirà entro il marzo 2003. Pronto un piano di «rientri volontari» per i rifugiati
A. PA.
Il ministro dell'interno francese Nicolas Sarkozy e il suo omologo inglese David Blunkett hanno sottoscritto ieri a Parigi l'atto di morte del centro rifugiati della Croce Rossa di Sangatte, nel nord della Francia, che ospita attualmente oltre 1.500 persone. Entrambe i paesi avevano da tempo dichiarato la volontà di chiuderlo, ma nessuno, nel rimpallarsi delle reponsabilità, si era spinto a stabilire unilateralmente una data. Da ieri c'è anche quella, collocata tra la fine del dicembre 2002 e non oltre il marzo 3003. Più precisamente, Sangatte sarà sbarrato non appena entrerà in vigore in Gran Bretagna la nuova legge sull'immigrazione e le richieste d'asilo. Di gran lunga più dura e restrittiva della precedente, la legge è già stata approvata dalla Camera dei Comuni e aspetta di essere esaminata dai Lords. Dunque, nel momento in cui la Gran Bretagna chiuderà le sue porte, la Francia renderà impossibile la vita ai migranti che, dopo infinite traversie pagate a caro prezzo, arrivano sulle rive della Manica determinati a solcarla. Incredibili sono i tentativi di attraversamento attuati ogni notte, nonostante la sorveglianza sempre più stretta, come aggrapparsi al volo agli Eurostar che imboccano il tunnel, o cercare di entrare cladestinamente nei tir imbarcati su treni e traghetti. L'aspetto più feroce della vicenda Sangatte è che in questo centro (creato nel 1999 per ospitare soprattutto kosovari fuggiti dalla guerra che vivevano accampati nelle strade di Calais aspettando di passare oltre Manica) vivono soprattutto clandestini che non possono essere rinviati ai loro paesi d'origine, dove rischiano di morire per la situazione politica o di guerra. Come ha rilevato un'indagine della Croce Rossa, vi si trovano soprattutto afghani e kurdi iracheni. Per gli afghani, i due ministri hanno preannunciato un piano di aiuti per incoraggiare i rientri volontari in Afghanistan, paese ormai considerato libero e sicuro dalle potenze occidentali, nonostante le sue vicende continuino a smentire l'ottimismo (e lo smentisce anche il fatto che gli afghani continuino ad affluire a Sangatte). Secondo Sarkozy «L'analisi effettuata dall'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati mostra che c'è una possibilità di organizzare il ritorno degli afghani». Per chi non vorrà ritornare «saremo costretti a prendere altre misure» ha dichiarato il ministro senza specificare. Neppure una parola per i kurdi. Dove saranno «volontariamente» rispediti?

Intanto, per evitare un «rush» finale dei rifugiati sempre più disperati, i due paesi si sono accordati per inasprire la sorveglianza, condividendo i controlli ai porti di Calais e Dover e alla stazione di Frethun, all'estremità francese del tunnel, terminal per il carico delle merci. Sarà così contenta anche l'Unione europea che ha minacciato più volte di denunciare la Francia perché non assicura «il libero movimento delle merci» sul Canale. I ferrovieri, con grande disappunto di Bruxelles, rallentano o si fermano quando temono che i disperati che si aggrappano ai treni possano essere fatti a pezzi, come talora è accaduto.