il manifesto - 08 Giugno 2002
DA NORDOVEST
Che lezione signora tolleranza
ALESSANDRO ROBECCHI
Per vedere quanto è accogliente e umanitaria la città di Milano, un'azienda guidata da un amministratore delegato decisamente mediocre, bisognava andare in via Triboniano, l'altra mattina. Notevole lezione: poliziotti, caramba e vigili urbani a cacciare trecento rom poveracci. Loro, le loro donne e i loro bambini (molti piccoli) rastrellati e cacciati perché non se ne può più della tolleranza e del lassismo e il motto (che palle!) è ancora quello della «tolleranza zero». Il che è bizzarro in una città che tollera inenarrabili speculazioni e i soliti affarucci degli amici degli amici, dalla Compagnia ciellina dei cazzetti nostri, ai cablatori selvaggi. Ma si sa, siamo a Milano e la tolleranza dipende molto dal reddito del tollerato: ci faremo due risate quando si prenderanno le impronte digitali a extracomunitari americani o svizzeri. Comunque sia, scenetta edificante: la sbirraglia comunale da una parte e i nomadi dall'altra. Che sono clandestini (come no), ma si tenta comunque di deportarli verso altri comuni, dove sarebbero clandestini lo stesso, si capisce, ma fuori di qui. Oltre allo spirito umanitario si metta dunque in conto anche un certo senso di legalità un po' magliaro e paraculo, per cui il nomade qui nella città rutilante della moda non ce lo vogliamo, ma se lo vogliono, che so, a Sesto San Giovanni... Tra le figure che emergono dal panorama di questa città a tolleranza zero spicca la signora Maiolo Tiziana, che sollevava in settimana un accorato allarme sugli immigrati che portano malattie. Insomma, qui in questa città sterilizzata e pulitissima (ah, ah!) arrivano questi senzapatria che in più ci impestano e ci attaccano la scabbia. Per cui i casi sono due: o si curano o si cacciano a calci in culo con i manganelli e le camionette. La seconda che hai detto! Anche se (Maiolo dixit) bisogna sfatare questa fama di «giunta durissima, di destra e autoritaria». Figurarsi, ci mancherebbe. Invece, quella che caccia i bambini piccoli e le mamme dai campi nomadi sarebbe una giunta umanitaria e tollerante, probabilmente illuminata (dalla Maiolo, nel caso? Ma andiamo!). Altro giro, altra corsa nel Maiolo-pensiero: Milano è razzista? Risposta: «Certo i nomadi non piacciono». Non piacciono nemmeno a vigili e poliziotti, che a intervalli regolari fermano suonatori rom in metropolitana e gli fracassano chitarre e violini sbattendoli sui marciapiedi: un modo innovativo e umanitario (per niente duro e autoritario, direbbe forse Maiolo) per sconfiggere la scabbia e le altre spaventose malattie portate dagli stranieri. Una specie di vaccino del dottor Albertini.

Naturalmente la città non lotta soltanto contro microbi e germi, ma soprattutto contro le occupazioni abusive di aree pubbliche o dimesse, lasciate abbandonate e inoperose da decenni: il vero scandalo milanese. Dopo i nomadi, dice il signor sindaco, toccherà ai centri sociali e alle altre occupazioni, anche se non precisa quali germi e microbi portino questi altri. Chissà, forse Maiolo si presenterà con un microscopio. Tolleranza zero. Cervello meno ancora.