21 Marzo 2002
 
 
Voci che vengono dal mare
Bari, viaggio tra i profughi kurdi alloggiati nell'aeroporto militare
ANTONIO ROLLI - BARI

Montagne di acqua minerale e cibo per ritrovare la forza dopo un viaggio che non finiva mai. La prima giornata dei 928 profughi all'interno della roulottopoli dell'aeroporto militare di Bari Palese è trascorsa tra le operazioni di censimento e identificazione avviate degli uomini dell'ufficio stranieri della questura e le procedure per le richieste di asilo politico.
Seduti nel grande tendone, tutti gli immigrati hanno atteso con pazienza l'assegnazione del proprio cartellino di riconoscimento e di un kit di prima necessità differente per uomini e donne. Mosul, Arbil, Karkuk, soprattutto queste le provenienze. Gli interpreti ascoltano increduli e annotano le loro testimonianze. "Mia moglie era incinta - racconta Hassan - ma abbiamo deciso di partire ugualmente. Avevamo paura, perché sapevamo di affrontare non poche difficoltà, ma noi con la paura abbiamo imparato a conviverci". Forse è proprio la paura il tema generale di questa ennesima odissea. Paura che si scateni una nuova guerra in Iraq, con le inevitabili e tragiche ripercussioni sulla comunità kurda, paura delle violenze sistematiche da parte dei militari di Sadddam Hussein, paura delle continue repressioni.
"Sono partito senza i miei genitori - dice il giovane Khalid - perché non c'erano soldi per pagare il biglietto a tutti, così mio padre ha deciso di far partire me e mia sorella. Durante il viaggio - spiega Khalid - abbiamo temuto di morire; quando il comandante della nave se n'è andato su un motoscafo potentissimo, siamo rimasti per due giorni alla deriva prima che voi italiani ci trovaste. A bordo della nave c'era pochissima acqua e veniva dispensata soprattutto ai bambini e alle donne".
La maggior parte di loro vuole chiedere lo status di rifugiato politico, tant'è che un'apposita commissione sarà nei prossimi giorni a Bari per esaminare direttamente le richieste. Molti profughi hanno intenzione di raggiungere il nord Europa (Germania e Svezia) e il Canada, dove spesso ad attenderli ci sono amici o parenti. "L'Italia è molto bella - racconta Tharek, 26 anni - ma io e la mia famiglia vogliamo raggiungere la Germania. Lì ci sono dei nostri parenti che hanno aperto un piccolo negozio di tessuti". Tra gli immigrati giunti a Bari ci sono anche due bambini di etnia yasidi, senza genitori, si tratta di Hamid e Ahmed Bashar, di 4 e 5 anni. Con loro ad assisterli c'è lo zio Fayed di 19 anni, "i loro genitori - racconta Fayed - al momento della partenza erano con noi. Poi, nella confusione, li abbiamo persi di vista. Chissà, forse arriveranno con la prossima nave".
Intanto, il responsabile del servizio medico del centro di accoglienza fa sapere che le condizioni generali dei profughi sono buone. "Abbiamo censito - spiega il dottor Capece - 5 disabili, 15 donne incinte, due delle quali trasportate in ospedale per accertamenti, e qualche bambino con infiammazioni alle vie respiratorie". Nel frattempo, continuano le indagini da parte degli investigatori per ricostruire le tappe del viaggio della "Monica", la nave giunta nei giorni scorsi a Catania. Le ipotesi da vagliare sembrerebbero due: quella raccontata dai profughi, secondo i quali sarebbero partiti dal porto turco di Mersin, e quella della polizia europea di Ankara che respinge tali voci e replica sostenendo che la nave sia partita la notte dell'11 marzo da un porto libanese. Ieri mattina il questore di Bari Franco Malvano ha dato disposizione ai suoi uomini di sorvegliare il centro "in modo discreto" e non offensivo. "La Puglia - ha spiegato il questore - è ormai collaudata ad affrontare emergenze di questo tipo. Qui c'è una tradizione di accoglienza che non ha eguali, e credo sia stato dimostrato dalla rapidità con cui siamo riusciti ad allestire in modo dignitoso il centro di accoglienza". Preoccupato, invece, il sindaco di Bari Simone di Cagno Abbrescia. "Fermo restando il nostro spirito di accoglienza - ha dichiarato il sindaco del Polo - mi chiedo perché questi carichi di disperati siano scoperti solo quando entrano in acque italiane. Ci sono canali diplomatici che non funzionano perché non è possibile attraversare il Mediterraneo indisturbati".