Se il cinema è apolide
"Un posto
sulla terra", sezione del XII Festival del cinema africano di
Milano, raduna i cineasti alla ricerca di posti nuovi e
antichi, senza confini, in un mondo devastato dal caos
d'inizio millennio ANTONELLO CATACCHIO - MILANO
Film a parte il Festival del Cinema africano,
che si conculde oggi, ha vissuto uno dei suoi momenti più
importanti nell'incontro corale legato alla sezione "Finestra
sul mondo", divenuta quest'anno Un posto sulla
terra. Sezione curata da Alessandra Speciale, Giuseppe
Gariazzo e fortemente voluta da Mohamed Challouf. Challouf,
tunisino d'origine, da moltissimi anni operatore culturale in
Italia ha voluto ampliare l'orizzonte, ha aperto quella
finestra sul mondo per poter vedere meglio attraverso l'opera
di una trentina di registi non allineati, capaci di indagare,
scavare fuori dai confini stabiliti dalle geopolitiche,
ricordare la realtà di un mondo che troppo spesso procede per
schemi, per barriere, banalizzando tutto. Le immagini che
ci giungono sono appiattite, le domande filtrate, le chiavi di
lettura imposte. Siamo sempre convinti di vivere nell'epoca
della comunicazione, ma non cogliamo più quello che le persone
vivono nella loro quotidianità all'interno della storia. uno
dei concetti espressi da Michel Khleifi, uno dei partecipanti
all'incontro, regista palestinese di cinema di fiction.
Sembrerebbe quasi una contraddizione o un azzardo visto quel
che succede laggiù, Khleifi invece spiega: "quando ho
cominciato a fare cinema molti si occupavano di cinema
militante, io avevo invece bisogno di descrivere la vita
quotidiana. Mi sono reso conto che c'è una storia ufficiale e
una storia di cui parla la gente e che questi ritengono
praticamente virtuale la prima". Anche Mahmoud ben Mahmoud
normalmente realizza fiction, "ma ho fatto un documentario
sulle musiche dell'Islam, presentato a Venezia poco prima
dell'11 settembre. Ero agli antipodi di quel che raccontava
l'attualità. Sono nato in un ambiente religioso, primo in
famiglia a non fare teologia musulmana. Da bimbo ho studiato
con ebrei, le superiori le ho fatte in scuole cristiane, per
mio padre significava interrompere una tradizione eppure sul
letto di morte mi ha voluto lasciare dei soldi per poter
studiare cinema in Belgio. Questo è l'Islam che ho conosciuto.
Bisogna fare in modo che si riprenda il dialogo al posto dei
preconcetti". C'è invece chi compie un altro tipo di
lavoro, come Gianikian e Ricci Lucchi, anche loro presenti
all'incontro. I due registi rielaborano materiali
preesistenti, pescando negli archivi. "Non vogliamo però
passare per archeologi" sottolinea Gianikian e racconta un
aneddoto che può suonare curioso: "Dopo l'11 settembre negli
Stati Uniti erano molto interessati a un nostro film (Su
tutte le vette è pace) perché pensavano a una guerra di
montagna". Il loro metodo consiste nel rileggere materiali
altri, come per Image d'Orient tourisme vandale che
riorganizza il viaggio in India di un gruppo di fascisti alla
fine degli anni '20. E c'è chi si trova comunque spiazzato,
come Thomas Ciulei, sempre presentato come regista rumeno.
Effettivamente è nato in Romania, ma a 14 anni va negli Usa
coi genitori, senza sapere di potere un giorno tornare. I suoi
film vengono dalla Germania, come i suoi studi. Nel suo paese
d'origine ci sono un'infinità di altre presenze, poi racconta
di quando un suo film è stato presentato a Berlino: "nessuno
dei critici rumeni ne ha scritto. E allora cosa succede quando
il paese al quale vieni associato ignora completamente il modo
in cui tu lo rappresenti? Per questo per me è difficile essere
presentato come rumeno". Sembrano interventi incoerenti,
distanti, con Cheikh Oumar Sissoko cineasta del Mali che parla
di "resistenza per cambiare il mondo" e il tunisino Fadhel
Jaibi che, senza assolvere l'Occidente, si interroga sulle
derive religiose e politiche, mentre Chris Austin centra
perfettamente, e forse anche involontariamente, il titolo
della sezione quando ricordando la sua esperienza di bianco
sudafricano dice "sono cresciuto con la sensazione di non
avere diritto di essere lì".
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