"Sulla `Monica' c'era solo gente
disperata" Il procuratore di Catania smentisce categoricamente la
presenza di armi e terroristi sul cargo dei profughi
PATRIZIA ABBATE - CATANIA
"Macché terroristi, macché armi. Ho visto solo
gente disperata a bordo di quella nave". categorico Enzo
Serpotta, procuratore aggiunto di Catania. Smentisce le
indiscrezioni diffuse nella serata di lunedì, sulla presunta
individuazione di "sospetti" mescolati tra i disperati della
"Monica", la nave giunta a Catania con un carico di 928 curdi,
in gran parte bambini. Sebbene queste voci abbiano avuto un
rimbalzo autorevole in alcune dichiarazioni del ministro
dell'interno Scajola: "Voglio pensare che le sue parole siano
state travisate dai giornalisti...", taglia corto il
magistrato; "sono seccato solo di dover smentire notizie
assurde, che nulla c'entrano con questa storia e che non
capisco da dove siano arrivate". Un dubbio dunque è
sciolto, ma restano tanti misteri sull'arrivo del cargo carico
di clandestini provenienti dall'Iraq, a cominciare dalla
rotta: la Turchia smentisce che la nave sia partita dal suo
territorio, Cipro assicura che dal suo porto sarebbe
transitata ma senza passeggeri a bordo. Le buone condizioni
fisiche della maggior parte dei "clandestini" comunque fanno
pensare che ci sia stata una tappa intermedia, "a non più di
due, tre giorni di viaggio da Catania". L'indagine va comunque
molto a rilento; neppure un membro dell'equipaggio è stato
finora individuato, le 5 persone trattenute lunedì sono state
in realtà solo interrogate e poi rilasciate. Sono stati furbi,
si sono mescolati ai passeggeri prima che i finanzieri
salissero a bordo - spiega ancora Serpotta -. E il fatto che a
Catania non siano neppure state fatte le `interviste', ossia
le schede di identificazione, ha reso tutto molto più
difficile per noi. Abbiamo dovuto cercare di capire qualcosa
in quelle poche ore di sbarco, prima che i clandestini fossero
messi sui pullman e mandati a Bari". Un racconto che fa il
paio con la denuncia delle associazioni pacifiste catanesi e
dei social forum isolani, che parlano di "deportazione" e
stigmatizzano il fatto che "ormai sta diventando normale
evitare la dovuta identificazione al momento dello sbarco,
facendo scomparire uomini, donne e bambini in un buco di
illegalità nel quale viene sospeso ogni diritto". Le
associazioni propongono anche di attrezzare l'ex aeroporto
militare di Comiso a centro di accoglienza, e vorrebbero che
Catania adottasse Marina e la madre Lejla, divenute ormai
simbolo del maxi-sbarco. Ieri la bimba nata a bordo della
"Monica" durante le concitate fasi dell'aggancio da parte
della guardia di finanza, ha ricevuto tanti doni in ospedale;
sta bene, come la madre. Restano ricoverate come un'altra
ventina di passeggeri. Il più grave è un bimbo di circa 4
anni, denutrito, che per alcune ore sembrava essere stato
abbandonato dai genitori. Solo nella serata di ieri si è
scoperto che la mamma è ricoverata in un altro ospedale etneo,
il resto della famiglia invece è in Puglia.
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