Le misure speciali di Scajola
LUCA
FAZIO
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Espiacevole sentir dire a un ministro degli
interni "ho dichiarato lo stato d'emergenza". Se poi si chiama
Scajola, fa ancora più impressione e poco importa se magari si
tratta dell'ennesimo proclama propagandistico. "Il
provvedimento - ha detto Scajola da New York - sarà portato
all'esame del consiglio dei ministri, affinchè si dotino i
prefetti di tutti i poteri necessari ed eccezionali per
gestire questo flusso che ci preoccupa in maniera
particolare". E così anche il ministro Scajola, con
l'approssimarsi della bella stagione, scopre Lamerica e
si rende conto che non basta certo una legge, ancorché pessima
come la Bossi-Fini, per arginare un fenomeno come la
migrazione. Il problema esiste, e per il governo potrebbe
diventare anche un problema di immagine, visto che si è
vantato di aver espulso un gran numero di "clandestini" e di
aver militarizzato le coste. Con quali risultati, è sotto gli
occhi di tutti. Il ministro, tanto per non smentire la sua
verve poliziesca, e per far imbestialire quel "provinciale" di
Bossi (parole sue), ha detto che quella nave fin dal 12 marzo
era nel mirino dell'intelligence, "perché avrebbero potuto
essersi imbarcati anche interessanti criminali". Dopodiché, ha
ammesso Scajola, tanto per replicare al provinciale, "a bordo
ci sono persone che stanno scappando dal dittatore iracheno e
abbiamo il dovere di garantire l'asilo ai perseguitati".
Troppo buono per essere vero. Ma allora, il caritatevole
Scajola, di quali "poteri straordinari" parla? La domanda non
è peregrina considerando l'alto tasso di razzismo presente in
diversi esponenti della maggioranza, compresi quelli
mascherati da "colomba". Per il ministro degli interni si
tratterebbe di far fronte a una duplice esigenza, "quella di
garantire sia la prima accoglienza, sia l'espulsione quando è
necessario". Secondo le prime vaghe precisazioni del Viminale,
lo stato di emergenza - provvedimento che già nel `93 fu
adottato dal centrosinistra e si risolse con lo snellimento
delle procedure per adattare strutture provvisorie - darà ai
prefetti "poteri eccezionali" per organizzare centri di
accoglienza e "per fronteggiare eventuali nuovi
sbarchi". Un provvedimento necessario, secondo il
sottosegretario agli interni Antonio D'Alì, "perché servono
mezzi straordinari per riuscire a fronteggiare un fenomeno che
già nei primi tre mesi di quest'anno ha segnato un
esponenziale incremento: in Sicilia, infatti, siamo già oltre
i 3000 sbarchi contro un totale di 5000 arrivi che si sono
verificati nel 2001". La cosa più probabile è che presto in
Sicilia sorgeranno non meglio precisate e più capienti
strutture di "accoglienza" in cui rinchiudere gli stranieri:
più o meno quello che sta già succedendo, ma su larga
scala. Piero Fassino (Ds), con l'aria di chi certe gatte le
ha dovute pelare quando era al governo, è perplesso ma non si
scandalizza per lo stato di emergenza: "E' libero di farlo,
l'importante è che questo tema venga affrontato con ragione e
equilibrio e non con i proclami". Pietro Folena (Ds) è meno
conciliante e parla di "spettacolo penoso". Giusto Catania,
segretario regionale del Prc siciliano, non vede altra scelta
se non quella di avviare una vera politica di accoglienza e
accusa di sciaguratezza la legge Bossi-Fini. "E' disumano che
i disperati approdati a Catania, fuggiti dalla fame e dalla
guerra - aggiunge - siano rinchiusi nei cosiddetti centri di
permamenza temporanea, veri e propri lager di stato, in attesa
di essere rispediti a casa". Il presidente dei Verdi, Alfondo
Pecoraro Scanio, commenta lo stato di emergenza dicendo che si
tratta "dell'ammissione del fallimento di questo governo". Un
invito a non drammatizzare gli sbarchi è venuto da Alfredo
Maria Garsia, vescovo di Caltanisetta e presidente della
fondazione Migrantes: "Da una parte non mi sembra il
caso di drammatizzare perché non si tratta di una catastrofe
naturale ma di un massiccio gruppo di persone da curare,
dall'altra è comprensibile che si sia decretato lo stato di
emergenza perché è lo sbarco più massiccio conosciuto sulle
nostre coste".
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