Salvate due
bambine Solidarietà sul gommone affondato nel Salento
ANTONIO ROLLI - OTRANTO
Sono tre i presunti scafisti sottoposti al
fermo di polizia giudiziaria dopo il naufragio di lunedì
scorso nel canale d'Otranto. I tre albanesi che sono accusati
di omicidio plurimo, disastro colposo e favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina, sono stati trasferiti
dall'ospedale Fazzi di Lecce alla casa circondariale del
capoluogo salentino. L'identificazione degli scafisti è
stata resa possibile grazie alla testimonianza di alcuni dei
sopravvissuti al naufragio che, di fronte al pubblico
ministero Paola Gugliemi, hanno raccontato di essere giunti
tutti dallo stesso paese, Has, un villaggio di montagna ai
confini tra il Kosovo e la Macedonia. Un particolare, questo,
che aveva subito insospettito gli inquirenti, visto che i tre
uomini arrestati erano gli unici ad essere albanesi. Non solo,
già durante le operazioni di soccorso, gli elicotteristi della
marina militare avevano notato alcuni uomini che impartivano
ordini agli altri naufraghi, almeno sul come disporsi nel
tentativo di non far rovesciare il natante in balia della
tempesta. Inoltre, a tradire gli albanesi, è stato anche il
fatto che erano gli unici a possedere i cellulari, gli stessi
utilizzati per chiamare i soccorsi. A nulla è servito che uno
di loro, inizialmente, si fosse spacciato come padre delle due
bambine che per prime erano state fatte salire a bordo del
velivolo. Dopo poche ore si è appreso che era stato il padre
ad affidargliele perché le mettesse in salvo. Intanto, le
forze dell'ordine stanno completando le procedure
d'identificazione dei profughi e delle sei vittime, tra cui un
giovane di circa trent'anni. Proseguono, infatti, gli
interrogatori per stabilire l'esatta dinamica dell'accaduto e
per tentare di risalire agli organizzatori. Secondo quanto
hanno dichiarato alcuni profughi, su quel gommone c'è stata
una vera e propria gara di solidarietà tra disperati, nel
tentativo di salvare almeno le donne e i bambini. "Avevamo a
bordo due bambine molto piccole - racconta uno di loro - e
cercavamo di passarle di mano in mano per proteggerle da
quell'inferno di vento ed acqua". "Siamo partiti da Valona -
racconta una donna in gravidanza - e da subito abbiamo capito
che il viaggio non sarebbe stato semplice. C'era un forte
vento - ha spiegato la donna - e il gommone, appena preso il
largo, è stato costretto a rientrare per far scendere tre
persone, poiché era troppo carico". Incuranti della
tempesta, gli scafisti hanno proseguito la loro corsa con i
motori che da subito hanno dato i primi segni di cedimento,
fino al completo spegnimento a circa venti miglia da Otranto.
"Imbarcavamo acqua dappertutto - hanno raccontato - gli
scafisti ci hanno detto di svuotare il gommone e per farlo,
uno di loro ha scaricato in mare una tanica di carburante per
usarla come secchio. Tutto è stato inutile perché la tempesta
riportava nello scafo acqua e benzina insieme. Poi un'altra
tanica si è completamente rovesciata all'interno del gommone".
Migliorano, intanto, le condizioni dei ricoverati negli
ospedali del Salento, fra i quali tre donne e due bambine. "Le
bambine - ha spiegato il primario di pediatria Enrico
Corvaglia - stanno meglio. Erano arrivate in stato di shock,
ma adesso è rientrato ed hanno avuto la possibilità di
incontrare il padre ricoverato nel reparto di dermatologia".
Una ragazza, invece, ricoverata all'ospedale di Galatina,
continua a chiedere notizie di un suo compagno di viaggio, che
durante la traversata è riuscito a scaldarla mentre stava per
morire assiderata. Nessuno dei volontari ha avuto il coraggio
di dirle che era fra le sei vittime annegate.
|