"Quei corpi pescati in
mare" Lampedusa. l'ex comandante della capitaneria: "Il
Canale di Sicilia è un cimitero " MASSIMO GIANNETTI -
Ripubblichiamo un'intervista realizzata
l'11 novembre 1998, poco dopo un ennesimo naufragio nel Canale
di Sicilia. Salvatore Orani, che è stato comandante della
capitaneria di porto di Lampedusa fino al 1 agosto 2001,
descriveva il Canale come il cimitero del Mediterraneo. Oggi
ricorda: "Finché sono stato comandante a Lampedusa i pescatori
continuavano a trovare cadaveri in mare e noi continuavamo a
ricevere chiamate da parte dei parenti di immigrati che si
erano imbarcati e non erano mai arrivati a destinazione".
Neppure il mare li tollera più di tanto.
Spesso, quando è calmo, li lascia passare dondolando le
fragilissime barche sulle quali viaggiano. Se è agitato,
spesso non dà scampo agli immigrati, che affondano negli
abissi. Questo è il Canale di Sicilia, il Canale della morte
per chissà quanti uomini che l'attraversano dall'Africa per
arrivare a Lampedusa. "Più del 10% di quelli che partono non
arriva a destinazione, muore in mare. Proprio così: dodici
barche su cento affondano", scandisce le parole il comandante
della Capitaneria di porto dell'isola, Salvatore Orami,
aprendo per la prima volta gli archivi di quella che appare
come una immane tragedia. Ma come fate ad essere così sicuri,
che prove avete? "Le prove, a nostro avviso, sono le molte
telefonate che ci arrivano dai paesi da cui partono gli
immigrati, di familiari che ci chiedono notizie dei propri
figli spariti nel nulla. Le nostre prove sono inoltre i
soccorsi, spesso inutili, che facciamo a barche in avaria.
Sono, infine, tutti i resti umani che, un po' alla volta,
vengono recuperati".
+I pescatori di Lampedusa già in
passato ci avevano raccontato di scheletri umani impigliati
nelle loro reti insieme ai pesci. Ma le dimensioni della
tragedia, stando al capitano, sarebbero molto più drammatiche
di quanto non dicano le fosse comuni allestite nel cimitero
del paese, dove finiscono le vittime anonime del mare. Il
Canale di Sicilia è noto per essere imprevedibile: le correnti
soffiano da tutte le parti e i tempi di preavviso delle
tempeste sono molto più veloci della carrette che trasportano
i clandestini. Può accadere che queste partano con il mare
calmo e che a metà tragitto incontrino il finimondo. Questi
pericoli i traghettatori li conoscono benissimo, e spesso li
conoscono anche gli immigrati (...).
Orami tira fuori
dall'armadio una sorta di cartella degli orrori. "Le faccio
vedere una cosa - dice mostrandoci alcune fotografie shock -
questi sono solo una parte dei cadaveri ripescati negli ultimi
anni. Come vede sono corpi che hanno differenti stati di
decomposizione. Alcuni hanno ancora i vestiti, sembrano
manichini; altri invece, come questo, potrebbero essere
annegati diversi mesi prima del ritrovamento. Il corpo è
infatti solo in parte scarnificato. Quest'altro ...". Va bene,
basta così chiediamo (...). Avete mai fatto un calcolo delle
persone che potrebbero aver perso la vita durante il viaggio?
"Potrebbero essere centinaia, se non di più. Oltre a quello
che le dicevo prima, deve tenere inoltre presente che molti
resti umani, ormai scheletriti, vengono portati a galla dai
pescatori che fanno uso di reti a strascico. C'è però una
vasta area marina in cui questo tipo di pesca, che trascina
tutto ciò che trova nei fondali, è vietata. Chissà là sotto
cosa potrà mai esserci. Di recente un mio amico subacqueo ha
avvistato in quei fondali un'imbarcazione con targa tunisina.
Ma crediamo che non sia l'unica". Ricevete mai richieste di
aiuto? "Raramente. Una però la ricordo bene. Era il giorno di
Capodanno di quattro anni fa. Via radio ci arrivò una
richiesta di soccorso, una delle poche volte in cui il
trasportatore si è autodenunciato. Il mezzo imbarcava acqua.
Ci dissero che erano in trentacinque e stavano affondando.
Urlavano, pregandoci di correre, di andarli a prendere. Quel
giorno si mosse anche un elicottero della Marina di Malta, che
di solito si spinge oltre le proprie acque territoriali solo
in casi eccezionali. Con la nostra motovedetta ci recammo nel
punto da cui era partito il segnale di aiuto, a 35 miglia dal
Lampedusa. Saranno state le 13, li cercammo per ore, ma
inutilmente".
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