Polemiche sulla marina
Nessuna scialuppa per i naufraghi. La difesa: "Basta processi a
priori"
CINZIA GUBBINI -
ROMA
Perchè il pattugliatore della marina militare ha gettato soltanto
una scialuppa per cercare di salvare gli immigrati finiti in
mare? Questo è l'interrogativo più inquietante, forse perché il
più spontaneo, che alimenta le polemiche intorno alla condotta
della marina militare sul naufragio del 7 marzo. La procura della
Repubblica di Agrigento ha subito aperto un'inchiesta e i capi di
imputazione sono pesanti: "omicidio colposo e disastro plurimo".
Sul tavolo della procura da ieri c'è anche un esposto del
Codacons, l'associazione dei consumatori, che chiede di
verificare se il comndante del pattugliatore "Cassiopea" non sia
imputabile di "omissione di soccorso". Occorre accertare i
responsabili della morte di cinquanta persone, ingoiate da un
mare che già dal pomeriggio faceva registrare un 4 sui parametri
delle condizioni climatiche. I responsabili: certamente chi ha
lasciato alla deriva più di sessanta persone stipate in
un'imbarcazione di dieci metri, ma anche chi - e se - ha deciso
di andarci cauto e di non tentare il tutto per tutto. Vengono in
mente quei fantastici gommoni che la marina ha in dotazione,
quelli che si gonfiano a contatto con l'acqua e hanno addirittura
un cappello che si chiude con una cerniera. Se ti ci infili
dentro puoi anche essere sballottato dal mare, ma certamente non
muori. "Siamo amareggiati e certamente non sereni - dicono dal
ministero della difesa - ma non vogliamo fare polemiche. Possiamo
solo dire che ci sono delle verità non modificabili: un mare in
tempesta e l'impossibilità di procedere con un trasbordo. E forse
nessuno aveva capito che in quella piccola imbarcazione ci
fossero tante persone". Ma come è possibile che una nave come la
"Cassiopea", ben equipaggiata di scialuppe e gommoni, abbia
deciso di lanciare in mare solo una lancia? Dal ministero non
smentiscono ma ci tengono a precisare: "questo è tutto da
accertare. Anche noi siamo convinti che vada fatta chiarezza.
Magari agendo in un modo diverso avremmo perso noi qualche
marinaio - e aggiungono - Non si possono fare processi a priori
dal divano di casa".
E' impossibile valutare come e quanto il clima politico infuocato
e spesso strumentale sull'immigrazione "clandestina" possa aver
influenzato i marinai che si sono trovati di fronte a una
situazione problematica. Quanto il fatto che la marina militare
compaia all'interno della legge Bossi-Fini con il compito di
"fermare" le imbarcazioni che trasportano migranti possa incidere
automaticamente sulla ridefinizione di ruoli e funzioni. Il
maggiore Furia si occupa per la Guardia di finanza di pattugliare
il mare alla ricerca di navi che trasportano immigrati. Ora è
responsabile provinciale del Roan di Bari, il reparto operativo
aereoportuale. Un pezzo del suo addestramento l'ha fatto proprio
sulla "Cassiopea" e due anni fa, in Albania, passò ore in mare
rischiando di affogare durante un'operazione di contrasto
dell'immigrazione "clandestina". Ma a lui non piace chiamarlo
così: "Noi non contrastiamo l'arrivo delle persone, semmai
cerchiamo di individuare i trafficanti e la merce di
contrabbando". Sullo sbarco di Lampedusa dice: "Ci sarebbe voluta
una nave ben più piccola per potersi avvicinare che d'altra parte
avrebbe avuto difficoltà a reggere quel mare lì, c he è veramente
brutto". Una cosa dice di "non capire": "La marina svolge un
ottimo lavoro di segnalazione. Ma pensare di usarla per fermare
questi disperati che viaggiano su vere e proprie carrette è
pericoloso. Non li blocchi, c'è poco da fare. A meno che non
decidi di farlo a tutti i costi, ma se ti mette di traverso non
c'è dubbio: si butterebbero in mare. E a quel punto che fai?".
E ieri il sottosegretario alla difesa Francesco Bosi ha accusato
chi punta il dito contro la marina: "Sono critiche pretestuose -
ha commentato - dalle notizie pervenute emerge che la nave
"Cassiopea" ha contribuito alle operazioni di soccorso".
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