IMMIGRATI
Lo sbarco dei mille
ALESSANDRO DAL LAGO
Non sappiamo se il guardiacoste della Marina sia responsabile di
omissione di soccorso, come denunciano i pescatori di Mazara del
Vallo. E nemmeno, in caso di risposta affermativa, se il mancato
soccorso sia da attribuire a incompetenza, ritardi o "timidezza".
Ma crediamo che il punto non stia nel comportamento del
guardiacoste. Un calcolo rapido e grossolano suggerisce che, a
partire dall'affondamento della Kater i Rades nel marzo del 1997,
siano più di 1000 gli stranieri affogati in prossimità delle
nostre coste, al largo della Puglia, della Calabria e della
Sicilia. Un numero che possiamo tranquillamente moltiplicare per
due se consideriamo i dispersi nelle acque spagnole e quelli di
cui nessuno ha mai saputo nulla, anche se gli indizi di relitti
arenati sulle nostre rive non mancano. Un vero cimitero marino
che si stende da Gibilterra a Creta. Ma un cimitero di cui
all'Europa non importa nulla e che anzi è destinato in futuro ad
accogliere tanti altri corpi spolpati dalle correnti, per citare
una feroce intuizione di T.S. Eliot.
Su questa ecatombe non si vedono sostanziali differenze tra le
virtuose solcialdemocrazie nordeuropee e gli assatanati governi
che presidiano il limes mediterraneo. Per cominciare, è osceno
dire che si tratta di "clandestini". Curdi, iracheni, nigeriani,
liberiani, tamil, afghani e così via sono semplicemente profughi,
tutt'al più economici, e cioè gente in fuga dalle guerre civili,
oltre che dalla fame. Trasformandoli in clandestini, governi e
opinione dominante non solo ne fanno carne per le ossessioni
leghiste e haideriane, ma cancellano con un colpo di bacchetta
magica il problema del diritto d'asilo. In questo campo, l'Italia
- che accoglie profughi con il contagocce - è forse il paese
peggiore di tutti, e non solo da quando governa la destra.
In secondo luogo, la politica delle cannoniere o dei guardiacoste
sbandierata dall'attuale governo, è squisitamente europea. Da
mesi, a partire dal fatidico settembre 2001, Statewatch, Amnesty
International e altre organizzazioni richiamano l'attenzione
sulle misure allo studio (da parte di vari organismi come il
Consiglio d'Europa, il coordinamento tra ministeri degli interni,
ecc.) per integrare i controlli non solo dei potenziali
"terroristi", ma anche di "contestatori della legittimità dei
governi" e "immigrati clandestini". Così come in linea con la
governance europea è la moltiplicazione dei campi di
internamento per immigrati - per non parlare dell'ondata di
espulsioni che i questori italiani stanno promuovendo da mesi. In
questo campo, diciamolo pure, Berlusconi e soci non sono affatto
isolati in Europa e, benché con maggiore durezza e suonando la
grancassa, operano in un solco già aperto da altri.
Tempo fa, un intellettuale di centro-sinistra, ovviamente
favorevole ai girotondi e sensibile alla legalità, mi ha
dichiarato che l'Europa è un organismo ancora troppo debole per
aprirsi alle maree di poveri che premono dal resto del mondo. E
io non dubito che questa sia la linea che ha ispirato leggi
illuminate come la Turco-Napolitano, per non parlare di quella
attuale. Ma ora chiediamoci: che idea di legalità presiede a
questa concezione cimiteriale dei rapporti con profughi e
immigrati - nella stessa epoca in cui i diritti umani sono
imposti dai bombardamenti a tappeto?
La risposta non è difficile. Profughi e immigrati sono anche il
frutto di una relazione politica dell'occidente con i loro paesi
di provenienza. Niente di strano nel fatto che sollecitati dalle
conseguenze delle nostre guerre (che infliggiamo loro quando i
relativi governi non ci convengono), gli abitanti di paesi come
il Kurdistan turco e iracheno, la Palestina, l'Afghanistan, il
Pachistan e (domani) l'Iraq cerchino da noi una chance di
sopravvivenza. Esattamente come gli abitanti di paesi con cui non
siamo in guerra perché ne appoggiamo i governi, notoriamente
democratici (Marocco, Tunisia, Nigeria, ecc.). E qui il cerchio
si chiude. Campi di internamento e protezione militare delle
coste non sono che il riflesso, la piega interna, di una guerra a
bassa intensità che stiamo combattendo con il resto del mondo. E
si sa, quando c'è la guerra, tutti si allineano, il cuore batte
per il tricolore e non c'è girotondo che tenga.
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