I naufraghi di Lampedusa
Il nostromo della nave che ha soccorso i naufraghi
accusa: "La marina poteva fare di più"
MASSIMO GIANNETTI
Alle sette di sera il canale della morte restituisce un altro
cadavere, il dodicesimo di questa ennesima strage di immigrati.
All'appello mancano ancora moltissime persone, forse sessanta,
forse di più. Tutte quelle che secondo i racconti concitati dei
pochi sopravvissuti, fino a giovedì sera si trovavano a bordo
della carretta dei disperati, forse partita dall'Africa, forse
dalla Turchia, colata a picco a 60 miglia a sud est di Lampedusa.
Il naufragio, il terzo dal `96 ad oggi nel Canale gelido di
Sicilia, è avvenuto intorno alle 20.30, l'ora in cui il mare già
grosso è diventato tempesta e ha spezzato in due la fragile
imbarcazione stipata di uomini, donne e bambini. Si parla di 89
immigrati di diverse nazionalità, soprattutto africani come gli
undici scampati, dieci dei quali da ieri alloggiati nel centro di
accoglienza dell'isola. Un altro è ricoverato all'ospedale di
Agrigento per broncopolmonite. E' stato uno dei pochi che è
riuscito ad agguantare uno dei palloni salvagente lanciati in
acqua dai pescatori dell'"Elide", la motonave di Mazara del Vallo
che per prima ha prestato soccorso agli immigrati, dopo averli
avvistati sulla barca in avaria in alto mare nel primo pomeriggio
di giovedì.
L'Sos, partito dalle acque internazionali più vicine a
Malta, viene infatti lanciato alle autorità marittime italiane e
maltesi intorno alle 15.30. Il peschereccio mazarese, il più
vicino, viene invitato via radio a recarsi in aiuto della barca.
Verso le 17, dopo averla raggiunta, l'aggancia con una fune e
lentamente la trascina verso Lampedusa. Qualche ora dopo arriva
la corvetta della marina militare "Cassiopea", che scorta la
barca rimorchiata a distanza. Questo almeno si capisce dai
racconti dei soccorritori. "Quando siamo arrivati la barca, lunga
una decina di metri e piena di gente sopra, era in grosse
difficoltà. Ci siamo avvicinati a motore spento e piano piano
siamo riusciti ad agganciarla - racconta il comandante del
peschereccio soccorritore - L'abbiamo trainata per diverse
miglia, poi c'è stata un'onda più forte che l'ha rovesciata. Era
buio, non si vedeva nulla, il mare era forza cinque, c'era vento
di maestrale. Ho visto che si era spezzata in due. Noi abbiamo
fatto di tutto per salvarli, abbiamo buttato in acqua tutti i
salvagente che avevamo, le scatole di polistirolo dove
conserviamo il pesce, pezzi di legno. Qualcuno è riuscito ad
aggrapparsi ...".
La barca potrebbe essersi rovesciata forse anche a causa di un
movimento brusco del peschereccio. In ogni caso, perché i
soccorsi sono stati affidati alla motonave mazarese? La marina
militare, visto che sin dal primo pomeriggio era al corrente
della presenza del natante nel mare in tempesta, davvero non
poteva fare di più? C'è stata sottovalutazione, superficialità?
La risposta forse la darà la procura di Agrigento, che ieri ha
aperto un'inchiesta per naufragio colposo e omicidio colposo
plurimo, allo stato contro ignoti. Ma intanto c'è la durissima
testimonianza del nostromo dell'"Elide", Francesco Giacalone: "La
marina militare poteva fare di più - accusa - quando abbiamo
avvistato i naufraghi, abbiamo subito avvertito la "vinia", così
chiamiamo la marina. Hanno mandato un elicottero. E quando è
arrivata la "Cassiopea", abbiamo chiesto via radio di portarli
loro a rimorchio. C'era sembrato il sistema più sicuro. Ci hanno
risposto di no, dicendoci che andavamo bene così. Dopo un quarto
d'ora la barca è affondata. Siamo riusciti a prendere a bordo
nove naufraghi. Uno dei quali ferito in modo abbastanza grave.
Via radio abbiamo chiesto alla marina di mandare un medico a
bordo. Ci hanno risposto che dovevamo fare rotta su Lampedusa per
farlo ricoverare in ospedale. Solo dopo che la barca è stata
inghiottita dai flutti, hanno messo in mare una lancia, ma sono
riusciti a salvarne solo due. Forse potevano pensarci prima" .
Al comando generale della capitaneria di porto partono da lontano
nella ricostruzione. Spiegano che la barca dei disperati si
trovava in acque internazionali e che le competenza dei soccorsi
sarebbe spettata alla Marina di Malta, ma questa ha declinato
ogni responsabilità dicendo che non aveva mezzi adeguati per
farlo. "Quindi siamo arrivati noi, che di fronte a queste
emergenze ben volentieri interveniamo" . La nave della marina
militare, sempre secondo il comando generale della capitaneria,
"avvicinandosi alla barca, che era in condizioni molto precarie,
avrebbe potuto provocare ulteriori problemi". Per il sindaco di
Lampedusa, Salvatore Martello - secondo il quale nell'ultimo anno
l'aumento degli sbarchi a Lampedusa è stato del 100% - quella di
ieri "non è che l'ennesima tragedia annunciata"
I dodici corpi finora recuperati sono di sette uomini e cinque
donne. Un altro marittimo dell' "Elide" racconta l'inferno che ha
visto durante il naufragio: "C'era una donna di colore che non
dimenticherò mai. Cercava di afferrare una delle bottiglia
d'acqua che avevamo lanciato, ma non c'è riuscita. Il bene era
troppo prezioso e ha scatenao una bagarre a bordo. Lei
addirittura si è beccata un pugno in faccia. Poi quando la barca
è affondata, è rimasta appesa per pochi minuti a uno dei palloni
salvagente che avevamo lanciato. Urlava di paura, era stremata
dalla fatica, e non ce l'ha fatta: è scivolata piano piano nelle
acque nere, non l'abbiamo più vista".
La barca, secondo le prime testimonianze dei sopravvissuti,
sarebbe partita otto giorni fa dalla Turchia, ma la capitaneria
di porto di Lampedusa non conferma. Secondo il capitano Michele
Liosi, "è più probabile che siano partiti da un porto del
nord'Africa. Una barca in quelle condizioni non può fare un
tragitto troppo lungo". La capitaneria esprime anche dei dubbi
che gli immigrati possano essere stati scaricati in mare da una
"nave madre" poi allontanatasi. I passeggeri, dice il capitano
"sono infatti quasi tutti "di colore", nigeriani, sudanesi,
liberiani, ma tra gli scampati ci sono anche un turco, forse
kurdo, e un palestinese". Le ricerche dei dispersi, coordinate
dalla "Cassiopea", sono proseguite anche ieri notte. Ma le
speranze di trovare qualcuno in vita sono praticamente nulle.
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