Silenzio
ROBERTA CARLINI
Cinquanta persone, forse più. "Clandestini", secondo i nostri
telegiornali e anche secondo le linde mappe ufficiali della
nostra Marina che evidenziano con una crocetta rossa il punto del
naufragio. Morti e sepolti dal mare, dall'Italia hanno avuto il
tentativo di aiuto di alcuni pescatori siciliani e
quell'epitaffio - "clandestini": come si fa a essere clandestini
in un paese in cui non si è messo piede?
Altro non hanno avuto e non avranno. Qualcuno dice che la Marina
militare, che per prima ha avvistato la barca su cui viaggiavano
nel pomeriggio di giovedì, sarebbe potuta intervenire prima,
meglio, con mezzi migliori di quelli usati dai volenterosi
pescatori di Lampedusa. Non sappiamo se questo è vero: altre
volte, tante, gli addetti al controllo delle coste hanno salvato
centinaia e centinaia di persone dal mare. Sappiamo però che
altri interventi, altri mezzi e altri scopi - non certo quello
del soccorso - verranno attribuiti alle navi militari dalla nuova
legge sull'immigrazione che attende l'approvazione della camera,
che porta i nomi di Bossi e Fini.
Cinque anni fa, dopo un altro naufragio - quello della Kater I
Rades nel canale d'Otranto, speronata da una nave militare
italiana - l'allora capo dell'opposizione Silvio Berlusconi andò
in ospedale a Brindisi a trovare i pochissimi superstiti, pianse
davanti alle telecamere e "adottò" una famiglia di albanesi.
Ieri, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi non ha detto
neanche una parola per i morti del canale di Sicilia. Al vertice
italo-tedesco con SchrÖder "non se n'è parlato", ma s'è detto che
siamo tutti d'accordo a istituire una forza comune europea per
presidiare i confini. Per il governo non si è mosso nessuno,
tutti hanno parlato d'altro. Sulla tragedia di Lampedusa,
silenzio tombale. Solo un sottosegretario ha farfugliato di
"solidarietà" ribadendo la linea dura contro gli sbarchi. Non c'è
bisogno di ribadirla, la linea dura: parlano da soli i morti che
resteranno sotto il mare e gli occhi dei pochi sopravvissuti.
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