26 Febbraio 2002
Italia, quando partivano i
bastimenti Una nomumentale "Storia dell'emigrazione italiana"
edita da Donzelli. Molti i materiali offerti, in gran parte
dedicati alla "grande migrazione" transoceanica. In secondo
piano rimane il movimento migratorio verso la Svizzera e la
Germania negli anni Cinquanta e Sessanta
ENRICO
PUGLIESE
Il ponderoso volume di storia dell'emigrazione
italiana curato da Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi e
Emilio Franzina - Storia dell'emigrazione itaiana,
Donzelli editore, pp. 701, 39,77 euro - rappresenta un'utile
fonte per chi vuol conoscere la rilevanza di questo fenomeno
nella storia italiana. Esso si compone di quattro parti: "I
quadri generali", "L'emigrazione di massa nell'età liberale
fino agli anni trenta", "I movimenti migratori dagli anni
trenta alla fine del novecento" e "L'immaginario e la
rappresentazione dell'emigrante". Assente è però
un'introduzione da parte dei curatori volta a sistemare il
materiale raccolto, anche se il saggio conclusivo di Emilio
Franzina cerca di tirare alcune conclusioni sull'incidenza -
sociale, culturale e politica - dell'emigrazione nelle vicende
italiane. Ma l'assenza di una introduzione sistematica
riflette la mancanza di un filo conduttore capace di legare
gli interventi tematicamente eterogenei e presentare così un
disegno unitario, individuando continuità e rotture, nonché le
caratteristiche generali dell'emigrazione italiana, le sue
specificità e la sua articolazione nei diversi momenti
storici. E questo è un peccato perché si tratta di un volume
"ricco", frutto della collaborazione di alcuni tra i
principali esperti dell'emigrazione italiana. Un testo,
quindi, che presenta indubbi elementi di originalità anche per
l'attenzione dedicata a esperienze migratorie che hanno sempre
avuto scarsa attenzione negli studi su questo fenomeno. Penso
al contributo di Brunello Mantelli sull'emigrazione di
manodopera italiana nel Terzo Reich, al breve saggio di Raul
Pupo sull'esodo forzoso dall'Istria o a quello di Oscar
Gaspari sulle migrazioni rurali in occasione della bonifica e
la colonizzazione dell'Agro Pontino. Questi sono stati momenti
importanti - di portata e caratteristiche diverse da quelle
delle due grandi ondate migratorie più studiate - e comunque
preziosi per arricchire il quadro del fenomeno affrontato nel
libro.
L'obiettivo della raccolta è dunque estremamente
ambizioso. Scrivono gli autori e l'editore nella breve
presentazione: "Da un lato si tratta di operare una sorta di
`decantazione della memoria', asportando le scorie di una
retorica appiccicosa e malinconica, che è stata spesso il
contraltare di una gigantesca rimozione collettiva. Dall'altro
è il caso di recuperare molti significati analitici e insieme
il senso complessivo di una ricerca dell'identità nazionale
come identità `aperta', disposta all'ibridazione, mai
arroccata in una presunta autosufficienza".
E'
difficile dire - dopo un attenta lettura dei saggi - quanto
gli autori siano riusciti a raggiungere questi ambiziosi
obiettivi scientifici e politici. I materiali costituiscono
sicuramente un buon contributo alla conoscenza delle
molteplici dimensioni dell'emigrazione italiana e alla sua
divulgazione. Certamente utile da questo punto di vista è
infatti il saggio di Golini e Amato che fornisce una
documentata presentazione della evoluzione del fenomeno - in
riferimento alla sua portata e alle destinazione dei flussi
migratori - ma anche dell'articolazione della presenza degli
italiani nel mondo. Così come interessanti sono, per motivi
diversi, i due saggi di Matteo Sanfilippo, che tra l'altro
fornisce un generale quadro storico del fenomeno e un
tentativo di individuare un filo interpretativo, concludendo
che "un solo elemento è costante: la costituzione di una rete
migratoria che si avvale dell'apporto familiare e che lega i
luoghi di partenza e quelli di arrivo". Insomma la "catena
migratoria" risulta elemento caratterizzante anche per la
storia dell'emigrazione italiana. Sul versante degli studi
culturali, invece, il denso capitolo di Gian Piero Brunetta su
"Cinema e Emigrazione" tratta sia la produzione straniera, in
prevalenza statunitense, sia quella italiana nelle diverse
epoche. Soprattutto nella prima - nota Brunetta - accanto a
film capaci di esprimere simpatia per i migranti, c'è la
sistematica riproposizione di stereotipi, in particolare
quella dell'emigrato italiano mafioso. Ma in generale "la
storia di un destino di fame e miseria cui ci si ribella, del
trauma e del dolore per la rescissione del cordone ombelicale
con la madre patria, dell'epopea relativa al cammino della
speranza verso la terra promessa... del lungo e sofferto
processo di integrazione ... è ben scandita, con motivi
ricorrenti e perfettamente coesi nei cent'anni del cinema
appena celebrati". Il cinema, come annota in maniera
convincente Brunetta, ha dunque svolto un ruolo positivo in
questo campo. Così come positivo appare il riferimento al
"cammino della speranza" - titolo di un celebre film di Pietro
Germi, con un grandioso Raf Vallone emigrante siciliano
clandestino - che è utile per comprendere
l'immigrazione verso l'Italia di oggi, con la forzata
condizione di clandestinità a cui sono condannati a vivere
molti migranti nel nostro paese.
E tuttavia, e
nonostante la ricchezza del materiale presentato, nel volume
si nota una lacuna di rilievo rispetto agli ambiziosi
obiettivi. Questo non significa che ci sarebbe stato bisogno
di ulteriori interventi. Il limite va ricercato semmai
nell'impianto dell'opera che risulta, sia a livello di
documentazione che a livello di interpretazione, squilibrato,
provocando così una sottovalutazione della portata, delle
caratteristiche e delle specificità delle grandi migrazioni
intra-europee nei "trent'anni gloriosi" dello sviluppo
economico post-bellico. In altri termini all'emigrazione
italiana verso le "aree forti d'Europa" trainata dallo
sviluppo industriale tra gli anni Cinquanta e Settanta è
dedicato troppo poco spazio e troppa poca attenzione. L'unico
saggio che tratta specificamente la questione è quello
brevissimo di Federico Romero: un testo attento alla
dimensione strutturale del fenomeno, di contenuto per altro
condivisibile, che però non riesce a dar conto della
complessità e delle specificità di quella grande esperienza
migratoria. Né, ovviamente, riempiono questa lacuna i
riferimenti alle migrazioni italiane in Europa sparsi qua e là
nei diversi saggi che compongono il volume. Il periodo
storico preso in considerazione dura infatti un secolo e
qualche decennio con lo spartiacque rappresentato dagli anni
Trenta. Ma, mentre nel primo periodo che va "dall'età liberale
fino agli anni `30" si consuma l'intera vicenda della
emigrazione transoceanica (la "Grande emigrazione") che ha il
suo culmine nei decenni a cavallo del secolo, nel secondo
periodo non c'è alcun elemento unitario o costante. Le
migrazioni non assumono mai caratteristiche di massa, fino
alla seconda metà degli anni Cinquanta, quando esplode una
nuova grande emigrazione avente la Svizzera e la Germania come
destinazioni principali, al punto che per un decennio è lecito
parlare di una ripresa della grande epopea dell'emigrazione
italiana. Ma quest'ultima fase non sembra però destare un
interesse particolare da parte degli autori.
Eppure il
confronto tra le due grandi emigrazioni italiane, quella
transoceanica a cavallo del secolo e quella verso l'Europa -
non le uniche, come per altro ben mostrato dal libro, ma certo
le più importanti - avrebbe permesso di comprendere ancora
meglio le dinamiche migratorie e i comportamenti dei suoi
protagonisti. Pensiamo al più stretto rapporto, nel secondo
caso, con l'area di provenienza dovuto al frequente
andirivieni, a sua volta intrecciato con la politica
migratoria del principale paese di arrivo, la Germania, che
praticava un modello "rotatorio", definendosi, contrariamente
agli Stati uniti, "paese non di immigrazione". E così via di
seguito. E' vero che l'epoca delle grandi migrazioni
intraeuropee copre uno spazio temporale breve, almeno nella
sua fase di fenomeno massa a cavallo tra gli anni Cinquanta e
gli anni Sessanta. Ma in quegli anni, proprio per effetto del
turn over ben più alto che nel caso della "Grande
emigrazione", l'esperienza ha coinvolto un numero di persone
estremamente elevato. Si è trattato inoltre di una emigrazione
i cui effetti sul tessuto sociale delle regioni di partenza
sono paragonabili - e probabilmente superiori - a quelli della
"grande emigrazione" verso gli Usa, anche perché si sommavano
in maniera interessante a quelli delle migrazioni interne
anche esse trainate dall'intenso sviluppo industriale. E anche
un qualche riferimento in più a queste ultime - proprio per i
loro nessi con le contemporanee migrazioni intraeuropee - non
sarebbe stato pleonastico in un'opera che vuole "asportare le
scorie di una retorica appiccicosa e malinconica che fa da
contraltare di una gigantesca rimozione collettiva". Tanto più
che nel volume qualche saggio è comunque dedicato a movimenti
di popolazione interni al paese: importanti, come abbiamo
accennato, ma di portata ben più modesta di quelli riguardanti
la Germania e la Svizzera.
L'analisi delle analogie e
delle differenze tra i due grandi momenti della storia
dell'emigrazione italiana sarebbe stata di grande utilità
anche per chi oggi cerca di comprendere le caratteristiche e
gli aspetti dei nuovi movimenti migratori internazionali che
riguardano l'Italia come paese di immigrazione:
caratteristiche che a volte ricordano la "Grande emigrazione",
a volte le migrazioni intra-europee a noi più vicine. A volte,
infine, quelle ancora precedenti (alle quali si riferisce
anche Franzina nelle conclusioni) con i suonatori italiani e
altre figure di marginali usate dal pensiero dominante per
alimentare lo stereotipo dell'"emigrazione
vergognosa". Insomma, il libro ha due limiti: la mancata
esplicitazione di un quadro interpretativo e la scarsa
attenzione per l'emigrazione europea del dopoguerra. Detto
questo, va ribadito che esso ha un indubbio pregio, specie
come opera di consultazione. E - cosa che non guasta - la
raccolta di saggi è arricchita da foto e illustrazioni, a
partire ovviamente da quella classica del 1894 di Raffaello
Gambogi "Emigranti", che compare sistematicamente nella
iconografia sulla emigrazione italiana e che più di ogni altra
corrisponde all'immaginario radicato sulla emigrazione
italiana.
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