La furia di Bossi nel menù del governo
I centristi, croce del senatùr, vanno al vertice decisi a
protestare. Sul piatto, anche la devolution
MICAELA BONGI
"Buttiglione e Casini, a casa vostra i clandestini". Per il
popolo in camicia verde che sfila a Milano contro le moschee
"frutto dei comunisti" e contro la comunista "Forcolandia", cioè
l'Europa dell'arresto comunitario, l'immigrato resta il nemico
pubblico numero uno. La Lega, infatti, scende in piazza al grido
di "espulsioni, espulsioni" o del meno burocratico "fuori a calci
in culo". Ma in Padania come a Roma, dove sono costretti a
dimorare i ministri del Carroccio che domenica hanno infiammato i
cuori nordici, nemmeno i centristi della Casa delle libertà -
Buttiglione, Casini e soci, appunto - godono di buon occhio.
Antipatia ricambiata, visto che il primo a puntare l'indice
contro la performance di Umberto Bossi in piazza Castello
è stato il leader del Ccd, Marco Follini. Che sulla
Stampa di ieri paragonava l'Italia che ha in mente Bossi
al simpatico "villaggio gallico di Asterix", non discostandosi
molto dall'analisi del capogruppo diessino Luciano Violante
("manifestazione un po' barbarica..."). La levata di scudi
bossiana non ha indispettito solo Follini, nel Biancofiore. Il
"caso Bossi" è dunque finito nell'agenda in vista del vertice
serale a casa Berlusconi.
L'offensiva della Lega su "Forcolandia", con tanto di
rivendicazione da parte del senatur della linea dura
portata avanti dal guardasigilli Roberto Castelli - anche lui,
domenica, sul palco a Milano - non è destinata a fare breccia a
palazzo Chigi. Lo stesso Castelli del resto è stato strapazzato,
ieri, dal titolare della Farnesina, Ruggiero. Ruggiero... Altro
nome che fa venire i brividi al capo del Carroccio. Perché quella
di Bossi sarà pure una partita persa nonostante le preoccupazioni
che animano anche il premier. Ma a scatenare il senatur
non è solo, insieme all'odio leghista per i musulmani,
l'insofferenza per un'Europa che, un domani, incalza Castelli,
potrebbe anche contestare ai padani la loro xenofobia. A
scatenare il ministro per le riforme è una serie di timori
crescenti. I fastidiosi ex scudocrociati acquistano visibilità,
mentre la Lega perde punti nei sondaggi. Di fronte al suo popolo
al quale non può dare in pasto leggi non ancora ottenute, come
l'agognata devolution, il capo del Carroccio ha bisogno
di alzare il tiro e la voce, e di farsi minaccioso. Con la
speranza, se non di ottenere carta bianca dagli alleati sulla
devoluzione, almeno di vedere approvato un federalismo non
sideralmente distante dal progetto originario, alla base
dell'accordo con Berlusconi. Punta anche a questo, Bossi, con le
sue scomposte adunate.
Nel frattempo a preoccupare i leghisti, oltre all'avanzata del
centro, è anche il protagonismo del ministro Ruggiero. Il
senatur teme veramente "Forcolandia", non solo per quel
che potrà riguardare i suoi ma anche e soprattutto per quanto il
mandato di cattura europeo potrebbe esporre al pericolo il
presidente del consiglio. Se un'offensiva dei magistrati europei
dovesse un giorno non lontano mettere fuori gioco il Berlusca,
ragiona Bossi, il Carroccio rischia di finire schiacciato
dall'avanzata dei post-democristiani e dei tecnici come
Ruggiero.
Gli alleati, intanto, fanno buon viso. Il vicepremier Gianfranco
Fini minimizza sul "Bossi di lotta e di governo" giurando sulla
serenità che allieta la Casa delle libertà. Del resto con
"Forcolandia" il governo punta a accordarsi e anche in questo
caso ricompattando la maggioranza quel tanto che basta a non
impensierire il Cavaliere. Quanto alle levate di testa di Bossi,
il senatur avrà la devolution. Non proprio la
"sua", qualcosa che la ricordi almeno un po'.
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