Denunciato Ashcroft
DIRITTI Le accuse di Amnesty, Human Right e "The Nation"
CAMILLA LAI
Il 5 dicembre scorso 15 associazioni per la difesa dei
diritti umani - tra cui la sezione americana di Amnesty
international, Human Rights Watch e la rivista The
Nation - hanno citato in giudizio il Dipartimento della
giustizia Usa, a cui fa capo anche il Servizio per l'immigrazione
e la naturalizzazione (Ins) per aver violato la legge sulla
libertà di informazione e il primo articolo della costituzione.
La "terra della libertà", i cui cittadini si vantano di essere
l'unico paese al mondo dove tutto ciò che non è espressamente
proibito dalla legge è permesso, sembra avere qualche problema
con i diritti umani, violati dai suoi stessi tutori dell'ordine.
A seguito degli attentati dell'11 settembre contro le Twin Towers
e il Pentagono, il direttore dell'Fbi il 25 ottobre annunciava
raggiante che oltre mille persone erano state arrestate o fermate
nel paese "per attività investigative legate agli attentati".
Ieri, i detenuti erano ancora in attesa di giudizio o, peggio, di
capi di imputazione.
La denuncia presentata dalle associazioni - ieri Amnesty
International con un documento internazionale ha ricordato il
diritto disatteso dei profughi afghani in fuga dalla guerra e
quello dei detenuti dopo l'11 settembre, i cui diritti "sono a
rischio" negli Usa e in Gran Bretagna - non entra nel merito
delle indagini condotte dal governo americano. Ma afferma che
agire contro la costituzione, rifiutando di comunicare al
pubblico informazioni essenziali sul detenuti, mette in crisi il
sistema democratico su cui si fonda il paese. "Ci servono prove
che la segretezza non venga usata come scusa per violare i
diritti umani. Non bastano le dichiarazioni di Mr. Ashcroft che
afferma che si sta agendo nel rispetto della costituzione", ha
dichiarato Kate Martin, che dirige il Centro di studi per la
sicurezza nazionale.
Il Centro di studi per la sicurezza nazionale (che protegge le
libertà civili da 25 anni), l'Unione delle libertà civili
americana (fondata nel 1920), il Centro di informazione per la
riservatezza elettronica, il Comitato per la discriminazione
contro gli arabo-americani, la Fondazione sulla legge per
l'immigrazione, il Centro per i diritti costituzionali e per la
Democrazia e la tecnologia, il Comitato dei cronisti per la
libertà di stampa (e altri) hanno cominciato a chiedere
informazioni sui detenuti il 29 ottobre, seguendo la normale
procedura. Lettere, attese, nessuna risposta.
Nella richiesta si precisava che "le informazioni erano
necessarie per informare il pubblico sulla legittimità
dell'attività del governo e che rappresentavano vitale interesse
mediatico per garantire l'integrità del dipartimento di
giustizia". Ma nonostante il regolamento preveda un massimo di 20
giorni lavorativi per soddisfare le richieste, non si è avuta
nessuna risposta. Solo a fine novembre, a seguito di pressanti
richieste di alcuni membri del Congresso, alcune informazioni
sono diventate di dominio pubbliche, ma tutte parziali e
frammentarie.
Non è rimasta altra strada che agire per vie legali. Gli avvocati
David Sobel, Arthur Spitzer, Kate Martin, Steven Shapiro, Lucas
Guttentag ed Elliot Mincberg, a nome delle associazioni che
rappresentano, chiedono che la corte distrettuale dello stato di
Columbia obblighi formalmente il Dipartimento della giustizia ad
agire in conformità al primo articolo della costituzione
americana e alla legge sulla libertà di informazione, e risponda
alle loro richieste "in modo esaustivo e in tempo ragionevole".
La questione ha assunto proporzioni talmente gigantesche che
sembra che si abbia a che fare con fascicoli della Cia o dell'Fbi
assolutamente riservati, la cui divulgazione potrebbe diminuire
se non annullare il risultato di indagini fondamentali per la
sicurezza nazionale. Non è così: si chiede che vengano rese note
le identità degli imputati - magari per darne comunicazione ai
familiari -, i luoghi dove sono detenuti, le circostanze degli
arresti e i capi di imputazione a loro carico, l'identità degli
avvocati che li rappresentano - nella speranza che ce ne siano -,
i tribunali competenti e il mandato in base a cui le autorità
governative hanno deciso di mantenere segrete le indagini. Sarà
una battaglia, questa sì, per una libertà duratura.
|