I dannati
di Nairobi
ALEX ZANOTELLI -
NAIROBI
Una calma irreale, gravida di disperazione, regna a Kibera,
la più grande baraccopoli di Nairobi e una delle più grandi
dell'Africa, ci vivono dalle 500mila alle 700mila persone. Ieri
non è stato un giorno di sangue, ma nei tre giorni precedenti in
violenti scontri ci sono stati almeno 20 morti, tantissimi sono i
feriti da machete e coltello. Migliaia di famiglie sono in fuga
dalla baraccopoli. La polizia reprime in modo brutale e
indiscriminato, gruppi femminili per i diritti umani hanno
denunciato numerosi casi di stupro. Ad affrontarsi sonoi
nubiani, musulmani e proprietari dei terreni e delle
baracche, e i loro affittuari quasi tutti di origine luo,
cristiani che sono il gruppo etnico più numeroso a Kibera. Sono
decine e decine le etnie dell'inferno della baraccopoli e per
questa guerra tra dannati della terra i kikuyu appoggiano i
nubiani, mentre i luya si sono schierati con i luo.
Al centro dei violenti sconti la questione della riduzione degli
affitti delle baracche, una richiesta "appoggiata" in modo
populista e strumentale dal presidente kenyota Arap Moi. La
bidonville di Kibera è più grande di quella di Gorokocho. Per
capire perché ci viva tanta gente, basta capire com'è costruita
Nairobi. Kibera è vicina alla zona industriale, da lì in mezz'ora
si arriva nei posti di lavoro o sottolavoro, per questo è molto
ricercata. Una realtà che comunque va inserita nel contesto di
Nairobi.
Nairobi è un'antica città coloniale, nata come città di apartheid
con tre sezioni differenti: bianchi, neri e nubiani; ha
continuato a vivere così come città dei ricchi da una parte e dei
disperati dall'altra anche con l'indipendenza: praticamente non è
cambiato nulla, dall'apartheid razziale si è passati
all'apartheid economica. Ora siamo arrivati ad una popolazione di
4 milioni di abitanti. Le statistiche internazionali spiegano che
circa il 60% dei 4 milioni di abitanti vive nell'1,5% del
territorio totale di Nairobi. Non c'è nessun'altra città al mondo
a vivere una condizione così assurda. Il 60% vuol dire che oltre
2 milioni vivono nell'1,5% della terra totale della città. Cosa
incredibile è che questo 1,5% di terreno non appartiene ai
baraccati, cioè ai poveri che ci vivono, ma al governo che può
sbaraccare, è il caso di dire, la gente quando e come vuole -
sono famose le demolizioni delle baraccopoli che continuano ogni
giorno.
Altra cosa incredibile che rende Nairobi una città proprio
assurda è che degli oltre 2 milioni, che vivono nell'1,5%, l'80%
di questi pagano per una baracca un affitto alto per lo stipendio
che percepiscono - i più fortunati lavorano in città come
camerieri o guardiani, rimendiando uno stipendio di circa
4.000-5.000 scellini (130mila lire circa). E se non si capisce
questo di Nairobi, non si capisce nulla. E non c'è solo KIbera,
sono sono centinaia le baraccopoli di Nairobi dove vivono oltre 2
milioni di persone. Per Kibera, l'unica differenza dalle altre
baraccopoli è il fatto che ci vive una larga comunità di nubiani
che erano arrivati con gli inglesi dal Sudan e che avevano avuto
dal governo inglese la promessa di quel pezzo di terra dove
vivono, senza che ci siano naturalmente documenti a confermarlo.
Tutto è scoppiato proprio quando il presidente Arap Moi è
arrivato per ragioni populiste ed elettorali - ci sono le
elezioni presidenziali il prossimo anno e il kanu, il suo
partito, punta ad una modifica costituzionale che lo ripresenti
nonostante sia al terzo mandato - a dichiarare di essere a
conoscenza del fatto che la gente di Kibera è costretta dai
proprietari delle baracche a pagare un affitto esorbitante.
Subito si è formata l'associazione di poveri che pagano l'affitto
e che hanno cominciato a dire che non avrebbero pagato più. E
questa è stato l'inizio della stragi, aiutate anche da manipoli
di criminali assoldati da chi vuole mestare politicamente nel
torbido. A questo livello si muove chiaramente Arap Moi, ma anche
una componente molto importante della popolazione luo che
è guidata dagli elettori di Raila Odinga, ministro dell'energia
di etnia luo e rappresentante governativo a Kibera, la
circoscrizione dove è stato eletto - Raila prima faceva parte
dell'opposizione, ora in accordo con Moi e il partito Kanu si
muove "spregiudicatamente" per attirare voti comunque, però
stavolta la situazione è diventata esplosiva.
Quella delle baraccopoli di Nairobi è una delle situazioni che io
chiamerei più "in rivolta" nel mondo: può scoppiare da un momento
all'altro, perché è qualcosa di talmente surreale che basta un
fiammifero che tutto s'incendi. Ci sono stati almeno venti morti
accertati, ma sono molti di più, con scontri corpo a corpo,
feriti con machete, con coltelli. Ho vissuto quasi ogni anno di
queste esplosioni violentissime nella baraccopoli di Gorogocho in
cui ho dovuto cercare di intervenire, di fare da mediatore, ma
sono proprio di una violenza inaudita, perché la gente è
costretta a vivere dentro una violenza insopportabile, appunto
esplosiva. In buona parte i proprietari delle baracche sono i
nubiani, e anche molti kikuyu, molti dei luo invece sono
persone che pagano l'affitto. E' per questo che Raila parlando di
questa storia ha appiccato il fuoco. E' una situazione di una
violenza estrema, di rabbia popolare gigantesca, non c'è
sicurezza, non c'è nulla. Alla fine è sofferenza e basta e serve
poco per far scoppiare di tutto di nuovo.
In tutto questo c'è anche un elemento etnico e religioso - i
nubiani sono musulmani, i luo sono cristiani in buona
parte, in una tradizione in cui l'elemento etnico è sempre stato
strumentalizzato per ragioni economiche, politiche o di potere.
La stessa cosa vale in chiave religiosa, direi che le religioni
sono usate in momenti come questo.
La questione delle abitazioni è una situazione sociale di
profonda gravità. Sono dieci anni che noi stiamo lavorando in
questo senso anche in chiave politica su tutta Nairobi con il
Movimento per la terra. Quello che abbiamo affermato con la
campagna per la terra l'anno scorso è che è immorale che oltre 2
milioni di popolazione siano costretti a vivere nell'1,5% della
terra, dentro baracche che sono un ammasso di cartoni e lamiere
incredibile a fondo valle con una concentrazione inimmaginabile,
dove non c'è né verde, né acqua, né servizi, né nulla: è
semplicemente un accatastamento di baracche dove sono costretti a
vivere in media 5-6 persone, e questo spiega il disastro
sanitario e l'alta percentuale di Aids e malattie infettive.
A proposito della guerra in Afghanistan qui è arrivata la notizia
che ora gli Stati uniti vogliono colpire qualche paese africano,
pare la Somalia, dopo la tragedia di "Restore Hope". Vista dalla
tragedia di Kibera, pare una bestemmia. Povera Africa, veramente
mal conciata!
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