Italiani
"individualisti
e freddi"
ANTONIO SCIOTTO -
ROMA
Italiani, anno 2001. Anche nel nuovo millennio, puntuale
come ogni fine autunno, ci giunge dal Censis un ritratto
dell'Italia, delle nostre abitudini e dei modi in cui viviamo,
consumiamo, pensiamo. Siamo già al trentacinquesimo rapporto
sulla situazione sociale del paese, che, come è d'obbligo, si
apre sulla reazione dei cittadini del Belpaese allo shock dell'11
settembre. E, subito dopo, il fulcro della ricerca si incentra
sul carattere sempre più individualista dell'italiano, restìo ad
aggregarsi agli altri per rivendicare i propri diritti, e attento
a coltivare il proprio orticello, pur comunicando col proprio
vicino di casa o con gli amici degli antipodi attraverso milioni
di e-mail e messaggini sms.Gli italiani e la guerraSecondo il rapporto, la maggior parte degli italiani ha
reagito in maniera "fredda" all'11 settembre, non facendosi
"ingaggiare" né da chi sventola le bandiere americane, né da chi,
dall'altro lato, invita al pacifismo. Solo chi vive nelle grandi
città, o legge i giornali, è rimasto coinvolto dalla guerra e
dalla psicosi terrorismo, mentre chi vive in provincia si è
sempre più rinserrato nel proprio quotidiano, periferica fonte di
sicurezza nei momenti in cui il "centro" (la superpotenza
americana, la Nato, il Pentagono, il blocco occidentale) perde la
capacità di fare da solido fondamento. Parallelamente,
altrettanto "freddino", sarebbe il paese nei confronti dei
conflitti sociali. In buona sostanza, dice il rapporto, gli
italiani hanno chiuso con il conflitto, con la rivendicazione
collettiva, serrandosi, anche in questo caso, nel bozzolo
dell'individualismo. Lavoro e flessibilitàIl principale cambiamento passa attraverso il mercato del
lavoro, rivoluzionatosi negli ultimi anni a causa dell'ingresso
della flessibilità. Oltre 12 milioni di lavoratori, quindi circa
la metà degli occupati, spiega il rapporto, sono "individuali",
ovvero autonomi, o dipendenti, ma con una autorganizzazione dei
propri impegni e un nuovo senso di responsabilità; in
particolare, il 13% del totale sono lavoratori precari
(interinali, collaboratori, contrattisti a termine, partite Iva).
Sempre meno, dunque, si trovano denominatori comuni che motivino
i lavoratori a lotte comuni. Mentre dal 1981 al 1985 la quantità
media di ore di sciopero era di 78 milioni e i lavoratori
coinvolti oltre 7,5 milioni, nel quinquennio 1996-2000 si scende
a 7,7 milioni di ore e 897 mila lavoratori. Un termometro a
temperature gelide, che contrasta con le immagini del G8 di
Genova, che vengono inevitabilmente in mente se si parla di
"conflitto", o con i recenti movimenti di protesta dei
lavoratori, motivati dai rinnovi contrattuali e dalla politica
del lavoro intrapresa dal governo Berlusconi. Ma tant'è. Su
questo piano, il rapporto Censis rende l'immagine di un'Italia
quasi immobile. Le paure Quali sono le maggiori paure di questo nuovo italiano?
Innanzitutto, è sempre forte la paura dei furti e dei borseggi
(65,7% e 30,1% della popolazione), ma c'è anche il nuovo "panico
da euro", ovvero la paura di confondersi nei conteggi (78%) e di
essere raggirati dai commercianti (66%, contro il 50% degli
europei). Ma poi, riemerge il tema lavoro, incubo soprattutto dei
"flessibili", che temono prima di tutto di non poter conciliare i
tempi del lavoro con quelli della vita privata (20,8%), prima
ancora di perdere il posto (18,7%). Il 71% dei lavoratori
individuali, poi, non possiede una previdenza integrativa, e
quasi un terzo degli intervistati dice che "penserà alla pensione
a tempo debito". La maggior parte dei giovani dai 18 ai 24 anni
sostiene di preferire un guadagno medio-alto subito a fronte di
nessuna o di una piccola pensione per il futuro (53,4%).
Si pensa poco al futuro, dunque, e si preferisce spendere subito:
a fronte di un aumento del reddito lordo del 4,1% dal 1999 al
2000, la propensione media al risparmio è scesa dal 14,2%
all'11,7%. Si punta però soprattutto sui beni durevoli: le case
(790 mila abitazioni acquistate in Italia, dato record nella
storia del paese), l'arredamento, l'elettronica. E, sulla linea
dell'individualismo e della difficoltà delle relazioni, è
cambiato anche il volto delle famiglie, sempre più "piccole": i
nuclei monogenitoriali sono cresciuti del 9,9% dal 1990 al 1998,
e i single dell'11,3% nello stesso periodo.
Il rapporto con gli immigrati, infine, che rappresentano un po'
l'altra faccia dell'italiano, a dire il vero ancora poco
accettata dagli "oriundi": il 50,7% dei nostri connazionali dice
che sono "dannosi, per l'ordine pubblico e perché sottraggono
posti di lavoro". Un giudizio più positivo è espresso invece dal
49,3%, secondo cui sono utili per lo sviluppo economico e
sociale: apprezzamento che arriva proprio dalle aree dove gli
immigrati sono più presenti, il centro e il nord est.
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