Il papa: rispetto e dialogo tra
religioni MIMMO DE CILLIS * - ROMA
"L'ultima parola ce l'avrà il bene". Mentre la
guerra continua a dominare la scena mondiale, papa Wojtyla non
smette di lanciare messaggi di speranza. La guerra proprio non
la digerisce e il pontefice, pur soffrendo per
l'ineluttabilità degli eventi in corso, non perde occasione
per ribadire due imperativi: pace e dialogo. Il discorso
all'udienza generale di ieri in piazza San Pietro ha avuto
spiccati accenti spirituali, ma non ha trascurato riferimenti
all'attualità. Nella sua catechesi a commento del salmo 47, il
papa ha espresso una certezza che accompagna tutti i credenti
della terra: Dio trionfa sulle "potenze ostili", anche quando
sembrano "grandiose e invincibili". Wojtyla ha poi
manifestato dolore per le vittime degli episodi di violenza e
per gli scontri tra musulmani e cristiani avvenuti in Nigeria
nei giorni scorsi, mostrando la sua preoccupazione personale e
l'attenzione che il Vaticano riserva alla crisi
internazionale. Un'attenzione ribadita in mattinata nella
lettera pubblicata ieri dal dicastero vaticano per i migranti.
"Il papa è convinto che la presenza musulmana nella nostra
società sia un fatto caratteristico, al quale rispondere con
una vita conforme al Vangelo" ha spiegato padre Angelo
Negrini, responsabile dei migranti. Il problema di un dialogo
che superi le reciproche diffidenze, ha detto, "si pone sempre
più urgentemente. La grande novità del messaggio del papa è il
superamento di una visione ideologica della fede e della
dialettica teologica per approdare a un dialogo basato sul
rispetto e sull'amicizia". Wojtyla invita i credenti di
entrambe le religioni a ricercare un cammino verso la
giustizia sociale, la pace e la libertà, che passa per il
rispetto delle convinzioni religiose e delle differenti
pratiche della fede. E mentre il papa parla di dialogo
islamo-cristiano, cristiani e musulmani nel sud delle
Filippine sono scesi in piazza, fianco a fianco, per
condannare il sequestro del missionario italiano padre
Giuseppe Pierantoni. Il prete dehoniano è ancora nelle mani
dei rapitori che lo hanno sequestrato due giorni fa, nella
provincia di Zamboanga del Sur, isola di Mindanao. Ma, almeno
per il suo caso, l'allarme Al Qaeda sembra rientrato: in un
primo momento, infatti, si pensava che i responsabili del
sequestro fossero i militanti di Abu Sayyaf, gruppo foraggiato
da Bin Laden. Ipotesi esclusa dopo le prime indagini. Secondo
funzionari civili e leader religiosi locali, il sequestro non
ha nulla a che fare con la crisi internazionale. Sarebbe opera
di criminali comuni della zona, gruppi senza ideologie o
etichette religiose, spinti da povertà ed emarginazione. Ma la
situazione resta tesa: i rapitori non hanno ancora avviato i
negoziati. E non è escluso, afferma preoccupato il vescovo
locale, che gruppi criminali possano consegnare l'ostaggio ad
altri gruppi, forse anche ad "Abu Sayyaf", per averne vantaggi
logistici ed economici. * Lettera
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