Le voci dell'Islam sotto
casa INTERVISTA La maggioranza dei "nostri" musulmani non
condivide posizioni radicali. Che pure ci sono
LUCA
FAZIO
Stefano Allievi, studioso dell'Islam e
autore di libri sull'argomento (l'ultimo uscirà per Carocci e
ha per titolo I musulmani d'occidente) negli ultimi due
anni ha lavorato per conto della Comunità europea a un
rapporto su Islam e Europa. E' docente di sociologia
all'Università di Padova.Premesso che le
inchieste sulle cellule di bin Laden non hanno ancora portato
a nulla, non pensa che l'imam di Torino interpreti
l'inconfessabile pensiero di molti musulmani?
L'Islam mondiale è diviso rispetto a quello che è
successo. Torino è un caso emblematico: da un lato c'è chi non
vuole appiattirsi sulle posizioni di Bouchta, dall'altro è
presente un giustificazionismo che si nasconde dietro discorsi
del tipo "Osama è un buon musulmano e dunque...". E' come
quando si diceva che un comunista non poteva avere ucciso un
operaio, e poi le Br hanno ammazzato Guido Rossa. Comunque è
positivo che le posizioni più radicali vengano espresse, il
mondo musulmano italiano è giovane e le leadership non sono
mai state contestate. Le crisi profonde sono sempre servite a
rimettersi seriamente in discussione.
Ci si sarebbe aspettati maggiore prudenza da parte
di alcuni capi religiosi, invece è stato quasi il contrario...
Intanto, non tutte le leadership hanno reagito così
e poi, proprio grazie all'emergere delle posizioni più
radicali, adesso ha voce anche chi non è d'accordo. E' una
scossa salutare. Va detto che le opinioni più radicali non
sono condivise dalla maggioranza. Per certi leader non è più
possibile parlare senza che dall'interno ci siano reazioni.
Però in alcune città ci sono moschee che esprimono
posizioni più ambigue rispetto al fondamentalismo.
Non farei una mappatura per città. Il presidente
della moschea milanese di viale Jenner, per esempio, è un
moderato. Certo che nel mondo islamico c'è un'ambiguità di
fondo: come quando di alcuni si diceva "sono compagni che
sbagliano"...E' raro sentire un musulmano che sia contro i
bombardamenti perché uccidono i civili e nello stesso tempo
sia capace di criticare i talebani. L'ambiguità attraversa non
solo comunità locali, ma anche singole moschee.
Se non prevalesse l'ipocrisia, anche molti presunti
pacifisti ammetterebbero che gli americani se la sono cercata,
perché dunque scandalizzarsi se un musulmano vede con occhi
diversi quanto successo l'11 settembre?
Non mi scandalizzo. Bisogna saper leggere i problemi
di fondo. Primo. Prevale ancora l'atteggiamento di chi pensa,
parafrasando il right or wrong is my country, "giusto o
sbagliato, sono musulmani". Secondo. Credo che i non musulmani
non riescano a capire cosa significhi il dramma palestinese e
quanto sia seducente l'appello di bin Laden. Terzo. Tra i
musulmani c'è difficoltà a distinguere mondo politico e
religioso, è ancora diffusa l'opinione che dietro all'attacco
alle Twin Towers ci siano gli ebrei: e di questa assurdità è
giusto che i non musulmani chiedano conto.
In Italia stanno diventando un pericolo quelli che
Voltaire chiamava fanatici a sangue freddo, quelli che
condannano chi si limita a pensarla diversamente. Non si
rischia di spingere i musulmani verso posizioni radicali?
Il problema è grave, ma riguarda noi. Il dibattito
intellettuale si sta impoverendo e regredisce verso un
imbarbarimento umorale pericoloso. E' come se i giornalisti
andassero nelle parrocchie pretendendo che la gente prenda le
distanze dall'Ira o dagli antiabortisti che negli Usa fanno
attentati. Se crediamo che lo scontro tra civiltà sia vero,
allora succederà: è la profezia che si autorealizza.
Cosa sta succedendo nelle comunità islamiche
d'Europa?
Elementi di ambiguità ci sono stati anche in altri
paesi. Stanno succedendo però cose interessanti, per noi delle
autentiche lezioni. In Inghilterra la comunità pakistana è
forte e molto coinvolta da questa guerra. Ha condannato con
forza i bombardamenti, ma nello stesso tempo ha espresso
solidarietà, vera, alle vittime americane. Inizialmente la
comunità ha ricevuto e-mail di insulti, ma è bastato che lo
rendesse noto per ricevere migliaia di attestati di
solidarietà. Inoltre, si sono organizzati incontri con gli
imam, e le moschee hanno scritto lettere ai residenti. Quello
che succede oggi in Italia, in Inghilterra è storia di qualche
anno fa: è stato il caso Rushdie, quando i musulmani
bruciarono i libri. Da quel momento di massimo scontro si
riuscì a costruire un nuovo equilibrio, in Francia invece il
catalizzatore fu il caso del foulard.
Però, oggi, pesa l'incognita di questa guerra...
In ogni caso, anche tra i musulmani d'Italia la resa
dei conti è cominciata. Questa che stiamo vivendo, credo che
anche da noi possa diventare una crisi di crescita.
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