Pacifismo multietnico a
Londra 30.000 in corteo contro la guerra. Moltissimi gli
stranieri, soprattutto arabi ORSOLA CASAGRANDE - LONDRA
Ventimila secondo la polizia, almeno
trentamila secondo gli organizzatori: ieri la capitale inglese
ha certamente visto la più grande manifestazione degli ultimi
anni. Organizzata dalla "Campaign for nuclear disarmament" la
giornata di pace e giustizia per tutti è stato il più forte
segnale di dissenso nei confronti del governo laburista di
Tony Blair e del suo ruolo di partner principale degli Stati
uniti nella cosiddetta operazione "giustizia infinita". No
alla guerra hanno gridato e cantato le migliaia di
partecipanti, dando ognuno un contributo personale e diverso
alla costruzione del movimento contro le bombe in Afghanistan.
Il concentramento era stato fissato ad Hyde Park, ma già dando
un'occhiata alle metropolitane e agli autobus provenienti da
ogni parte della città si poteva anticipare una partecipazione
massiccia e per Londra sicuramente inedita. Il carattere
più originale di questa manifestazione è stata forse la
spontaneità. Seguendo in qualche modo il percorso del
movimento antiglobalizzazione, gruppi di persone, partiti,
singoli si sono dati appuntamento per manifestare il loro
dissenso in maniera tollerante e nel rispetto delle diversità
di ciascuno. Così è sembrato naturale a tutti che centinaia di
cittadini musulmani ad un tratto trasformassero gli striscioni
con su scritto "no alla guerra, no alle bombe" preparati dal
partito comunista inglese, dalla Socialist Alliance, dal
Socialist Workers party, in tappeti dove poter recitare le
preghiere all'ora prestabilita. Rispetto delle differenze:
tutti hanno voluto sottolineare questo atteggiamento
necessario per uscire dalla logica del mondo occidentale e
quello orientale, del mondo civilizzato e quello
barbaro. La manifestazione è riuscita proprio perché è
riuscita a intrecciare tra loro esperienze diversissime,
situazioni distanti, persone con percorsi e storie differenti.
Così i musulmani (tantissime le donne, padrone dei megafoni)
si sono ritrovati al fianco dei comunisti britannici e dei
socialisti. Gli antiglobal hanno marciato accanto ai cristiani
e ai quaccheri. I kurdi hanno sfilato assieme ai sindacati, al
movimento dei gay e delle lesbiche e ai palestinesi (forse il
gruppo più numeroso). Tanti i cittadini afghani, preoccupati
dalle notizie (poche) che provengono dal loro paese e
soprattutto, come ricorda Amhet, dal fatto che "non riusciamo
a comunicare con i nostri familiari direttamente e quindi non
sappiamo se stanno bene, se sono vivi o morti". Perché
contrariamente a quanto ha dichiarato venerdì nella quotidiana
conferenza stampa "di guerra" la ministra per lo sviluppo e la
cooperazione internazionale Clare Short, non è vero che "non
c'é stata alcuna vittima tra la popolazione civile". Ahmet
conferma che i morti sono ormai centinaia. Il corteo,
lunghissimo, si è concluso a Trafalgar square dove gli
organizzatori hanno confermato i prossimi appuntamenti, in
particolare il 18 novembre per una seconda manifestazione
nazionale sempre a Londra. Il movimento contro la guerra si
riunisce anche davanti a Downing street ogni settimana.
|