Britannicamente
timorosi GRAN BRETAGNA Crescono apprensione e protesta.
Ma anche l'intolleranza antislamica ORSOLA CASAGRANDE - LONDRA
L'insperata giornata di sole favorisce, in un
inizio autunno altrimenti piovoso e freddo, le passeggiate nei
grandi centri commerciali dei quartieri londinesi periferici.
Come ogni sabato a Wood Green (nord Londra) la piazzetta
davanti alla biblioteca del quartiere si trasforma in una
sorta di palco. Ci sono gli stand dei militanti del
Socialist Workers party, quelli dei celtics against
incincerator (gruppi di residenti che protestano contro
l'inceneritore del quartiere di Edmonton), quelli dei
predicatori seguaci di Louis Farrakhan e la sua Nation of
Islam. E poi ci sono i musulmani della moschea di Finsbury
Park. Normalmente la marea di gente che affolla lo shopping
centre passa veloce davanti a banchetti e urlatori. Qualcuno
si ferma per firmare la petizione contro l'inceneritore.
Qualcun'altro acquista il giornale del Socialist Workers
party. Passando davanti ai fratelli di Farrakhan, tutti
vestiti di nero, occhiali scuri e papillon, i non neri
affrettano il passo. Ignorati anche i fratelli musulmani della
moschea. Questo succedeva normalmente. Ma dall'11
settembre, dopo gli attentati di New York e Washington,
davanti ai banchetti islamici c'è sempre un capannello di
gente. La discussione è animata, spesso volano parole grosse,
gli animi si scaldano. I non musulmani si sentono quasi in
diritto di urlare insulti ai giovani che cercano di diffondere
l'islam e di vendere qualche libro religioso. La comunità
musulmana inglese vive nel terrore dall'11 settembre. "Ci
accusano soprattutto - dice Ahmet - di essere complici dei
responsabili degli attentati in America. Non vogliono sentire
ragioni. Sono arrabbiati e violenti. Ci dicono di andarcene.
Di stare attenti". Per uno come Ahmet, nato a Londra da
genitori algerini, le accuse e la violenza di cui è vittima la
comunità musulmana sono inconcepibili. "Non capisco - dice -
io sono un cittadino inglese, con gli stessi diritti e gli
stessi doveri di qualunque altro cittadino inglese".
Teoricamente, ma dopo l'11 settembre le cose sono
cambiate. Da tutto il paese, dall'Inghilterra al Galles
alla Scozia, arrivano notizie sempre più allarmanti di
attacchi anche molto gravi contro la comunità musulmana.
Attentati alle moschee (l'ultimo a quella di Edinburgo) ma
anche violenza fisica verso uomini e donne identificati come
musulmani. Un taxista afghano è finito in ospedale in coma,
dopo essere stato aggredito da due "clienti" che giuravano
vendetta per gli attentati americani. Stessa sorte per una
giovane donna, pestata a sangue da un gruppo di giovani. La
lista è lunga. La anti-nazi league (la lega
antinazista) ha già lanciato il grido d'allarme contro i
tentativi dei fascisti del National Front di
"approfittare" degli attentati dell'11 settembre per far
proseliti e inasprire la tensione già alta in aree come Oldham
(vicino a Manchester), Leeds, Bredford e Londra. Il governo
Blair dal canto suo, pubblicamente, dichiara che non tollererà
alcun episodio di razzismo nei confronti della comunità
musulmana del paese, ma militarizza e blinda i quartieri a
maggioranza islamica e intensifica i controlli di polizia, i
fermi, le perquisizioni di persone "sospette", per nazionalità
o appartenenza religiosa. Sabato a Wood Green, dopo l'11
settembre, non è più sicuro per chi tiene gli stand di
propaganda religiosa presentarsi in uno o due persone. Meglio
essere un gruppetto. Lo stand del Socialist Workers
party con i suoi militanti schierati contro la guerra del
presidente americano Bush e del suo fedele alleato Tony Blair,
è anche quello più affollato: giovani soprattutto, ma anche
qualche signora carica di borse della spesa. "Ci chiedono -
dice Mark - informazioni su quello che succederà. Un dato
interessante - insiste il giovane attivista - è la
disinformazione della gente. Anche se dall'11 settembre non si
parla che degli attentati, di bin Laden, di guerra, la gente
non sa cosa il governo abbia in mente. Tutti parlano di
guerra, ma nessuno ha ancora capito contro chi e come si
svolgerà questo conflitto". Si chiedono lumi, ma soprattutto
si teme che in realtà questa guerra sarà una grande
catastrofe. Crescono in tutta la Gran Bretagna i comitati
contro la guerra. Nei piccoli paesi come nelle città ci sono
stati almeno due o tre incontri sugli eventi dell'11 settembre
e sulle conseguenze. Notizie di una protesta che cresce, di un
movimento pacifista variegato a cui partecipano no global,
professori, sindacati e studenti. L'atmosfera che si
respira, dice Liz Davies della Socialist Alliance, è
"di profonda preoccupazione. La gente non vuole questa guerra:
per la prima volta in questo paese non si vedono Union Jack
sventolare dalle finestre. Si chiede diplomazia non
bombe".
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