Allarme profughi a Kabul
GI.
SGR. - INVIATA A ISLAMABAD
Il Pakistan, sotto pressione
soprattutto dell'Alto commissariato delle nazioni unite per i
rifugiati (Unhcr), ha promesso ieri di riaprire almento
parzialmente le frontiere. Questo dovrebbe permettere di
portare in salvo circa 100mila profughi rimasti intrappolati
nella terra di nessuno dopo la chiusura delle frontiere, senza
cibo né acqua. La situazione più drammatica è quella di
Chaman, alla frontiera con il Beluchistan, ma anche a Peshawar
si teme per la sorte dei profughi. La situazione è destinata a
peggiorare, le previsioni sono drammatiche: l'Unhcr teme
l'arrivo di circa 1,5 milioni di profughi, la maggior parte in
Pakistan, che si andrebbero ad aggiungere ad altri 2 milioni
già ammassati in campi profughi. Gli afghani fuggono, in
previsione di attacchi militari ma anche alla fame. Per questo
il Programma alimentare mondiale (Pam) ha deciso di riprendere
le forniture alimentari sospese dopo gli attacchi terroristici
che hanno imposto al personale dell'Onu di abbandonare
l'Afghanistan in previsione di rappresaglie. Ora sul terreno
resta solo il personale locale, una struttura minima
sottoposta alle angherie dei taleban: gli uffici di Kandahar
sono stati occupati e 1.400 tonnellate di cibo portate via, a
Kabul invece gli uffici delle Nazioni unite sono stati privati
di radio e sistemi di comunicazioni. Molti operatori umanitari
sono quindi isolati. Il Pam ha deciso di tentare i nuovi
rifornimenti dal nord dell'Afghanistan dove la situazione è
più stabile, ma occorre trovare i mezzi e anche avere la
garanzia che attraverso le Organizzazioni non governative il
cibo arrivi alla popolazione e non venga sequestrato dai
militari, sostiene Khaled Mansour, dell'ufficio stampa del Pam
a Islamabad. "La situazione era già brutta prima, la gente è
costretta a mangiare erba, cibo per gli animali e locuste -
racconta Mansour - c'è chi vende le figlie, anche di soli nove
anni, per avere qualcosa di cui sfamarsi. Sono 4 milioni gli
afghani (il 20 per cento della popolazione) che dipendono
dagli aiuti internazionali. E le condizioni sono destinate a
deteriorarsi rapidamente, per questo stavamo estendendo i
programmi in Afghanistan in modo da raggiungere 5,5 milioni
(il 25 per cento della popolazione) di persone". Ad aggravare
la situazione ha contribuito la siccità, la peggiore degli
ultimi trent'anni, che ha ridotto del 50 per cento il raccolto
dei cereali (quest'anno è stato di 2 milioni di tonnellate).
Il personale locale ha continuato a distribuire il cibo
stoccato dal Pam ma mancano i mezzi per il trasporto, i
cami on e i furgoni vengono usati dalla gente che fugge
prima verso le zone rurali e poi verso il confine. La metà
degli abitanti di Kabul, Kandahar e Jalalabad ha già lasciato
le proprie case. Le previsioni sono catastrofiche: il Pam
stima che senza ulteriori aiuti alimentari 320mila persone
nelle province settentrionali di Faryab e Balkh esauriranno le
loro scorte entro una settimana. I 3,8 milioni di afghani
attualmente nutriti dal Pam avranno cibo per sole tre
settimane. Entro dicembre saranno alla fame anche 1,6 milioni
di abitanti delle province del nord. Quali sono le priorità
del Pam in questo momento? "Sfamare gli afghani ammassati alle
frontiere e far arrivare cibo dove gli stock si stanno
esaurendo, oltre a garantire sicurezza del nostro staff",
afferma Khaled Mansour. Che ci assicura che comunque sono
ancora in funzione alcune panetterie, che usano la farina
fornita dal Pam, gestite dalle donne: 21 forni a Kabul dove
lavorano 350 donne, che forniscono il pane a 43mila tra donne
e bambini. Altre 20 panetterie sono ancora in funzione a
Mazar-e-Sharif con 60 donne che sfamano 30mila persone. Queste
panetterie sono state spesso chiuse dai taleban, ma sono
indispensabili per sfamare soprattutto vedove e orfani. Di
fronte a questa situazione drammatica si stanno mobilitando i
pacifisti a livello internazionale. Sull'esperienza delle
iniziative fatte in Palestina e nei Balcani si sta
organizzando una presenza pacifista europea (italiani,
spagnoli, francesi) e americana in Pakistan - non essendo
possibile andare in Afghanstan - a sostegno del popolo
afghano. L'iniziativa, appoggiata dall'organizzazione delle
donne afghane Rawa, è partita dall'Italia e sarà coordinata
dalle Donne in nero.
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