Giro di vita
MANUELA CARTOSIO - MILANO
Riflessi pronti a Milano. Bossi e Fini hanno
riscritto, peggiorandola, la legge Turco Napolitano, che già
non era il massimo del vita (per gli immigrati); il governo
quanche giorno fa l'ha approvata e il Milano Social Forum ieri
ha fatto la prima manifestazione contro il giro di vite che
"aggraverà ulteriormente la condizione di tutti gli immigrati,
limiterà il diritto di vivere e lavorare in Italia, anche per
quelli con il permesso di soggiorno". Al presidio in piazza
del Duomo, al sabato luogo di ritrovo degli immigrati, c'erano
un migliaio di persone. La novità - rispetto ad analoghe
iniziative solo di un anno fa - era la forte presenza di
stranieri. Ormai prendono la parola, si autorganizzano, non
delegano ad altri la loro difesa, distribuscono volantini
prodotti da loro, testimoniano in che si può vincere la paura
di "farsi vedere" in piazza anche sotto gli occhi delle
polizia. Al banchetto del collettivo "Todo cambia"
distribuiscono foglietti multilingue che spiegano in nove
punti i peggioramenti introdotti dalla coppia Bossi-Fini.
"Tanti credevano che fosse la sanatoria", dice la peruviana
Edda, una delle animatrici di "Todo cambia", collettivo creato
dagli immigrati che frequentano la mensa dei cappuccini in
piazza Tricolore. Il nome è in spagnolo, precisa Edda, "ma nel
collettivo ci sono anche arabi e africani, non vogliamo fare
il ghetto". C'è preoccupazione per la nuove legge, il governo
Berlusconi ha i numeri per approvarla, e "dopo quel che è
successo a New York" tutto diventa più complicato. Lei però
non si dispera: "il movimento antirazzista non parte da zero,
possono esserci alti e bassi, ma dobbiamo avere fiducia in noi
stessi". Indica due "nemici" da battere: "il governo e la
paura degli immigrati ad esporsi". La colombiana Celmina,
del circolo "Mi ranchito", dice che la nuova legge genera "più
schiavismo, più disumanità, più clandestinità". L'intenzione,
visto che le braccia degli stranieri servono, è di
"selezionare" gli immigrati, dividerli tra loro, creare una
guerra tra poveri. "Anche questo è razzismo". Basta salire su
un autobus per capire cos'è cambiato dopo l'11 settembre:
"quelli con la faccia da arabo o le donne con il fazzoletto
sono guardati male, a una mia amica che non va neppure alla
moschea la padrona ha fatto una scenataccia". Anche lei
sottolinea l'importanta dell'autorganizzazione: "abbiamo
bisogno dell'aiuto e della solidarietà degli italianni, ma
dobbiamo fare le cose in prima persona, solo così gli
immigrati si sentono sicuri e si avvicinano,
partecipano". Valeria fa l'insegnante volontaria in una
scuola per stranieri. La legge Bossi-Fini, dice, "è disumana e
ingiusta e per quel che ho capito non ha fondamento
giuridico". Gli "scolari" - dal Senegal al Bangladesh - hanno
percepito che ci sono brutte novità, chiedono spiegazioni,
sono preoccupati. Valeria definisce il suo un doppio lavoro:
"uno lo facciamo a scuola con gli immigrati, l'altro fuori,
contro i pregiudizi della gente". Il secondo è sempre stato
più duro anche in tempi normali, dopo l'attentanto alle Torri
gemelle sarà peggio. "Però noi lo slogan della nostra scuola -
Siamo tutti cittadini del mondo - non lo cambiamo". Uno
striscione in piazza Duomo ribadiva lo stesso concetto:
"Nessun essere umano è illegale".
|