Chiudo asilo
CINZIA GUBBINI - ROMA
Allarme diritto d'asilo. La nuova legge
sull'immigrazione, approvata dal Consiglio dei ministri lo
scorso 14 settembre, mette lo zampino anche sulle procedure
per il riconoscimento dello status di rifugiato, materia sulla
quale, l'Italia, è già ora inadempiente. Com'è noto il nostro
è l'unico paese dell'Unione europea a non avere una legge
specifica sul diritto d'asilo e a basarsi in toto sulla
Convenzione di Ginevra del 1951. In Italia i profughi che
cercano rifugio attendono in media un anno prima di veder la
propria domanda esaminata dall'unica Commissione esistente, e
ricevono un sostegno economico da parte dello Stato soltanto
per i primi 45 giorni dopo la presentazione della domanda. E'
una vera e propria odissea silenziosa e dimenticata. Nella
scorsa legislatura si tentò di fara approvare un disegno di
legge (legge Soda) che, con tutti i suoi limiti, tentatava di
dare una nuova definizione di rifugiato - più ampia e più
adeguata rispetto all'articolo 10 della nostra Costituzione -
cercava, inoltre, di definire meglio i diritti del richiedente
asilo, e dell'accesso alle procedure. Tutto questo nel
"Titolo 2" della nuova legge scompare letteralmente. Rimane
soltanto la disposizione di una "procedura semplificata", che
più che semplificata è semplificante. Secondo Gianfranco
Schiavone del Consorizio italiano di solidarietà (Ics)
"Se la legge venisse approvata dal parlamento il diritto
d'asilo sarebbe di fatto cancellato". Vediamo
perché. Innanzitutto alla suddetta procedura accederebbero
praticamente tutti i profughi, compresi quelli che, entrati
illegalmente, si presentassero spontaneamente in questura.
Detto questo, la procedura semplificata prevede che le domande
presentate siano esaminate da una Commissione territoriale
così composta: un funzioanrio di polizia, un funzionario della
prefettura, un funzionario degli enti locali nominato dalla
Conferenza Stato-regioni, il cui ruolo rimane, francamente,
oscuro. Questo significa che le domanda saranno vagliate dalla
questura e dalla prefettura, senza il benché minimo intervento
di un'autorità esterna competente, imparziale e
internazionalmente riconosciuta, come poteva essere un membro
dell'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite
(Unhcr). Nella prima bozza del provvedimento, non a caso, era
presente. Ma è stato presto espunto. Come se non bastasse i
profughi "potranno essere trattenuti". Dove? In "centri di
accoglienza" non meglio specificati. Nel frattempo sono sempre
a disposizione i centri di permanenza, nei quali, in ogni
caso, verranno rinchiusi richiedenti asilo già destinatari di
un decreto di espulsione. Il trattenimento è stabilito in un
massimo di 20 giorni. Non solo, viene del tutto negato il
diritto, costituzionalmente garantito, al ricorso in caso di
rigetto della domanda. Certo, lo straniero espulso (visto che,
una volta rigettata la domanda, verrebbe allontanato dal
territorio nazionale) può fare ricorso: ma tramiite le
"rappresentanze diplomatiche all'estero". Ottima soluzione per
una persona che sta cercando di mettere in salvo la pelle. A
onor del vero, la legge contempla un'alternativa: lo straniero
può chiedere al prefetto di attendere l'esito del ricorso.
Peccato che della Commissione fa parte, appunto, la
prefettura.
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