Offresi profughi e
carburante E' l'ultima proposta dell'Australia all'isola di Nauru,
che accetta CINZIA GUBBINI
Somiglia sempre meno a una parabola, e
assume contorni sempre più sconfortanti la vicenda dei 433
profughi (che nel fine settimana sono divetati 600, grazie al
"dirottamento" di un nuovo cargo di migranti afghani) in
viaggio verso la più piccola repubblica del mondo, l'isola di
Nauru nel sud dell'Oceano Pacifico. L'unica - insieme alla
Nuova Zelanda - ad essersi dichiarata disponibile ad
accogliere i profughi, rifiutati per più di una settimana
dall'Australia, loro meta inziale. Ma ieri Rene Harris, il
presidente di Nauru, ha deciso di fare qualcosa di più:
l'isoletta ospiterà anche i 200 profughi rintracciati dalla
marina militare australiana sabato scorso, e scaricati sulla
nave "Manoora" da un tempestivo intervento dell'Australia,
fiera di averli "beccati" in acque internazionali e quindi di
non essere formalmente obbligata a riceverli. A questo punto è
lecito chiedersi il perché di tanta generosità da parte della
piccola repubblica. La risposta è presto data: l'isola
riceverà aiuti economici dall'Australia, che fornirà
carburante, generatori di corrente, medicine e altri beni. In
questo consiste l'accordo tra Harris e il governo conservatore
australiano, che nella trattativa è stato rappresentato dal
ministro della difesa Peter Reith. Il primo ministro di
Canberra John Howard, infatti, ha delegato l'intera vicenda al
dicastero della difesa. D'altronde l'arrivo del carico dei 433
disperati partiti dall'Indonesia, seguito a distanza di dieci
giorni dal cargo con altri 200 profughi (anche questo partito
dall'Indomnesia) è stato interpretato dal governo australiano
come una precisa "sfida" da parte degli sfruttatori
dell'immigrazione. "Ci stanno mettendo alla prova, non c'è
alcun dubbio", ha dichiarato il ministro dell'immigrazione
australiano Philip Ruddock. Sorvolando sulla possibilità che
un intransigente proibizionismo possa stimolare, invece che
reprimere, la tratta dei nuovi schiavi sempre più costosa e
sempre meno sicura. Di certo il governo deve essersi sentito
abbastanza impotente, visto che la recente visita ufficiale di
tre ministri australiani al governo indonesiano non ha fermato
l'arrivo di un nuovo cargo. Comunque, ormai, i giochi sono
fatti. La "Manoora" raggiungerà la Papua Nuova Guinea e da lì
gli immigrati verranno trasportati in aereo in Nuova Zelanda e
a Nauru. Cosa li aspetta qui? I più frotunati saranno ospitati
in un villaggio in costruzione composto da colorati bungalow,
il "Nauru Anoe Village", finanziato dalla Cina e
originariamente destinato a ospitare i partecipanti ai
campionati di sollevamento pesi di quest'anno. Gli altri
saranno portati in alcuni campi sportivi in disuso, e
probabilmente dormiranno nelle tende. Tutto sommato l'isola -
che conta 12 mila abitanti e sta attraversando una grave crisi
economica dovuta al progressivo esautoramento delle miniere di
fosfato, unico mezzo di sostentamento - ha fatto un buon
affare. Lo stesso dicasi per il governo australiano, che può
permettersi di "comprare" un'agevole via d'uscita e guadagnare
così il consenso dell'opinione pubblica australiana in vista
delle prossime elezioni. Sempre che la Corte federale
australiana, che sta vagliando il ricorso di un'associazione
umanitaria, non decida di obbligare Canberra a dare asilo
politico ai profughi.
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