Gettati nell'Egeo
Cinque
profughi kurdi-iracheni, stremati dalla fame e dalla
stanchezza, sono annegati dopo essere stati "scaricati" in
mare dai trafficanti, tre dei quali sono stati arrestati dalla
polizia greca. In 350 sono invece riusciti a raggiungere a
nuoto la costa dell'isola di Eubea PAVLOS NERANTZIS - ATENE
Costretti dai trafficanti a buttarsi in
mare quando si trovavano a decine di metri dalla riva. E'
quanto accaduto all'alba di ieri a 350 profughi abbandonati al
largo dell'isola greca di Eubea, nel mar Egeo. Per cinque di
loro, stremati dalla fame e dalla stanchezza, si è trattata
dell'ultima violenza che hanno dovuto subìre. I loro cadaveri
sono stati ritrovati su una spiaggia nella parte sud orientale
dell'isola, non lontano dal punto in cui sarebbero approdati i
loro compagni. Una tragedia, che rischia però di assumere
dimensioni ancora maggiori. Secondo alcune testimonianze
non confermate, altri profughi sarebbero morti di fame e di
sete durante il viaggio. Le autorità greche hanno arrestato
tre membri dell'equipaggio, tutti di nazionalità turca. Si
tratta del comandante della nave, Mohammed Demetzi, 39 anni,
di Souleiman Saritak, 34 anni e di Beli Hisli, 51, quat'ultimo
già condannato a otto anni di carcere perché nel '92 aveva
trasportato 29 immigrati dalle coste turche all'isola di
Lesvos. Era l'alba quando la "Im-Dat", un cargo di trenta
metri di lunghezza, è giunto davanti alle coste greche e il
suo equipaggio ha costretto con la forza i profughi a
sbarcare. 350 persone, in maggioranza kurdi iracheni, tra i
quali anche 13 donne e 12 bambini, si sono così ritrvate in
acqua. Secondo alcuni testimoni sarebbero stati proprio alcuni
di loro, una volta a terra, a dare l'allarme denunciando la
morte dei loro compagni. I primi a essere fernati sono stati
comunque proprio loro: 215 persone stanche, affamate e
assetate che la polizia ha bloccato a Mandoudi, un paese
situato a nord est di Atene e collegato con un ponte all'isola
di Eubea. Tutti sono stati ospitati temporaneamente nel
palezzetto dello sport, in attesa che venga vagliata la loro
posizione. Per uno di loro è stato invecee necessario il
ricovero in ospedale, mentre altre cento persone sono
ricercate dalla polizia. Il viaggio era cominciato una
settimana fa dal porto tirco di Bodrum: tremila dollari a
testa per una traversata non molto lunga ma piuttosto
pericolosa, considerato che molto spesso in questo periodo le
condizioni del mare sono burrascose. La scorsa settimana altri
cento immigrati, questa volta provenienti dall'Afghanistan,
sono stati buttati in mare vicino all'isola di Kos perché il
peschereccio che li trasportava, a detta dei trafficanti, si
trovava in una situazione di pericolo. Ieri però ci sono
scappati i morti. Fortunatamente non tutti gli uomini sono
uguali. E così se c'è chi specula sulle tragedie altrui, c'è
anche chi si rimbocca le maniche per dare aiuto e solidarietà
agli stessi disgraziati. Appena i profughi della "Im-Dat" sono
stati avvistati sull'isola di Eubea, molti abitanti di
Mandoudi sono accorsi portando cibo e coperte. "Dobbiamo
rafforzare le misure nei confini, ma nello stesso tempo, di
fronte a tragedie di queste dimensioni, non possiamo rimanere
indifferenti e facciamo il possibile" ha detto il portavoce
governativo, Dimitris Reppas, mentre il ministro della Marina
Mercantile, Christos Papoutsis, ha chiesto al governo turco di
prendere ulteriori misure per affrontare gli sbarchi
clandestini perché, ha spiegato, "non è possibile voler
entrare in questo modo nell'Unione europea".
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