Palestina, il razzismo sulla pelle
STEFANO CHIARINI
Gli Stati uniti dovrebbero prestare più
attenzione alle pratiche israeliane e all'occupazione del
popolo palestinese che alle parole usate a Durban per
descriverle". Con queste parole il negoziatore palestinese
Saeb Erekat ha commentato il ritiro della delegazione
americana dalla conferenza contro il razzismo in corso a
Durban. Dello stesso tono il commento di un altro esponente
palestinese, il ministro dell'informazione Yasser Abed Rabbo,
secondo il quale: "Il governo del razzista Sharon è
responsabile per il bagno di sangue e per i caduti delle due
parti. Durban ha mostrato che il razzismo distrugge le sue
vittime e distrugge se stesso". La stampa palestinese e lo
stesso esperto di problemi palestinesi del quotidiano
israeliano "Ha'aretz", Danny Rubinstein, considerano in realtà
quanto avvenuto a Durban come "la più importante vittoria
diplomatica e di pubbliche relazioni dei palestinesi
dall'inizio dell'Intifada ad oggi". Il fatto che migliaia e
migliaia di delegati provenienti da tutti i paesi e da tutte
le minoranze perseguitate del mondo abbiano espresso la loro
simpatia e la loro solidarietà all'Intifada palestinese,
nonostante i diktat americani e le pressioni dell'Unione
europea -anch'essa "neutrale" tra oppressori e oppressi e
quindi dalla parte dei primi contro le vittime- costituisce
senza dubbio un importante successo politico. Ancor più
importante se paragonato alla inazione dei governi arabi. Il
giornale Al-Hayat al-Jadida, portavoce dell'Autorità
palestinese, sosteneva ieri a tale proposito che i palestinesi
sono andati in massa a Durban -a cominciare da Jamal al-Dura
il padre di Mohammed al Dura il ragazzo ucciso all'inizio
dell'Intifada sotto gli occhi delle telecamere di tutto il
mondo- "per domandare quella giustizia che non hanno ricevuto
a Washington". "Siamo venuti in Sudafrica -ha scritto il
giornalista palestinese Hafez Barghouty- per mostrare al mondo
il nostro corpo torturato, e i corpi dei nostri bambini e dei
nostri eroi -vittime del razzismo e dell'occupazione", per poi
concludere, "Noi non siamo schiavi. Siamo nati liberi e
rimarremo liberi e resisteremo a tutti i compromessi che ci
vengono proposti dai mercanti di schiavi". A Durban in altre
parole, secondo la stampa palestinese, vi sarebbe stata una
sorta di rivolta delle Ong prima e di parte dei governi del
sud del mondo, ma non solo di queste, contro l'enormità di
quanto sta avvenendo in Palestina. Una rivolta contro il fatto
che violazioni dei diritti umani, della Convenzione di
Ginevra, delle risoluzioni dell'Onu, condannate quando
avvengono in altre parti del mondo vengono invece accettate
quando le vittime sono palestinesi. Pratiche coloniali come
quella degli insediamenti, la pulizia etnica ai danni degli
arabi a Gerusalemme, gli omicidi politici, i bombardamenti e
il blocco su base anch'essa etnica dei territori occupati (i
coloni possono circolare come vogliono), sono invece emerse
per la prima volta con chiarezza sulla scena di un importante
forum internazionale. L'Autorità palestinese in questi giorni
punta apertamente su una soluzione del conflitto a livello
internazionale, citando quanto avvenuto nella ex jugoslavia,
in Kosovo e in Macedonia, e vede nel ritiro da Beit jalla dei
carri armati di Sharon prima e nella confeenza di Durban poi
due primi passi in questa direzione. "Fino a quando - si
chiedeva l'agenzia palestinese in un suo commento- gli Stati
uniti potranno continuare a remare contro corrente?". Per il
momento Washington non sembra molto impensierita e punta ad
assumere il controllo diretto degli eserciti arabi in modo da
togliere loro qualsiasi volontà di resistere ad Israele. A tal
fine cominciano nelle prossime settimane in Egitto delle nuove
mega-esercitazioni militari in funzione chiaramente anti-Siria
e anti-Iraq alle quali parteciperanno oltre 15.000 marines
oltre a contingenti egiziani, giordani, kuwaitiani,greci,
italiani tedeschi Fran cesi, britannici e spagnoli. Le
manovre si collocano in un momento estremamente drammatico.
Ieri mattina un attentatore suicida, malamente travestito da
ebreo ortodosso, quando ha visto avvicinarsi due soldati si è
fatto saltare in aria con il suo zainetto pieno di esplosivo a
Gerusalemme ovest. Lo scoppio ha fatto scempio del suo corpo
(la testa è finita nel cortile di una scuola adiacente) e ha
investito uno dei due poliziotti ferendolo in modo grave.
Intanto l'Unione europea continua a non fare nulla se non a
sostenere l'ipotesi di improbabili vertici tra Arafat e Peres
destinati, in mancanza di serie pressioni su Israele perché
ponga fine alla sua aggressione ai territori occupati, al più
totale fallimento.
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