Pirati
d'Australia
Il presidente John Howard ordina alle sue teste di
cuoio
di abbordare il cargo norvegese Tampa che, carico di profughi
afghani salvati da un naufragio, aveva osato entrare nelle acque
territoriali australiane.
Ma il comandante si rifiuta
di muoversi. Denuncia all'Onu
R. ZAN.
Ipirati sono andati all'assalto di buon mattino, salpando
su un gommone superpotente. Conoscevano la preda e il suo carico.
Hanno abbordato il cargo senza difficoltà, sono saliti, hanno
preso il comando della nave senza sparare un colpo. I pirati
conoscono bene il loro mestiere. Sono stati addestrati per
questo, hanno dimostrato il loro valore in decine di operazioni.
Vestivano le insegne della Special Air Service, le Sas, le teste
di cuoio australiane.
E lo erano. Al largo dell'Isola Christmas, un sogno di spiagge e
palme sprofondata nell'oceano a metà strada tra l'Australia e
l'Indonesia - mare di pirati veri, di vascelli carichi di spezie
e di tesori - le truppe d'assalto inviate dal primo ministro
australiano John Howard hanno conquistato il cargo norvegese
Tampa e ispezionato il tesoro nella stiva: 438 rifugiati afghani
in cerca di asilo, salvati dal naufragio due giorni fa. Materiale
infettivo, esseri umani socialmente radioattivi, minacce bipedi a
cui non permettere per alcun motivo di metter piede sul suolo
australiano. Carne migrante che da giorni viene sballottata tra
l'Australia a cui hanno chiesto asilo, l'Indonesia dove il cargo
era diretto, la Norvegia a cui appartiene la nave che li ha
salvati, la Nuova Zelanda che si è offerta di alloggiarli e il
fondo dell'oceano che li stava per accogliere tutti quanti,
demolendo a ondate la carriola rugginosa con cui erano salpati in
fuga dal paese dei Talebani.
Per la prima volta l'Australia ha impedito l'attracco a una nave
di profughi, per la prima volta ha inviato l'esercito a guardia
dei propri confini, mai realmente minacciati nemmeno durante la
Seconda guerra mondiale. Il parlamento australiano è riunito in
seduta d'emergenza a Canberra, il governo conservatore ha
proposto in fretta e un furia una legge speciale che consenta
allo stato di respingere i profughi, nel frattempo le teste di
cuoio hanno preso possesso del cargo norvegese e i medici
militari di bordo si rifiutano di assistere i profughi finché la
nave non uscirà dalle acque nazionali australiane, che aveva
violato senza permesso. Il capitano della nave ha rifiutato di
muoversi, il governo di Oslo ha emesso comunicati sdegnati,
persino i Taleban hanno chiesto all'Onu di intervenire, l'Agenzia
delle Nazioni unite per i profughi ha dettato note furiose ma
niente da fare, la porta dell'isola più grande del mondo è
rimasta chiusa. Diciotto milioni di abitanti per un territorio
grande come l'Europa e non c'è posto per 438 persone, donne
incinte, bambini. Tanto da dover ricorrere alla pirateria.
Da molti anni le coste australiane sono chiuse ai profughi. Una
chiusura permeabile, da cui filtrano migliaia di persone ogni
anno passando dalle purghe dei "centri di accoglienza" al cui
confronto quelli italiani sono palazzi principeschi: giri di filo
spinato che cingono baracche nel Northern Territory, in zone
desertiche e bollenti, in cui viene ammassata l'intera quantità
di boat people che riesce in un modo o nell'altro a
vincere il mare e arrivare in Australia. E' come l'America, di
serie B ma a portata di mano e di speranza dei poveri del sudest
asiatico e dell'Oriente più o meno lontano. Ci restano anni, nei
centri di detenzione, i profughi in cerca di asilo. Mentre le
ambasciate australiane in Vietnam, Laos, Cambogia, Cina e altrove
verificano con pignoleria di ragionieri se effettivamente il
signor Ming o Dhieu o cos'altro è un perseguitato politico, e se
sì perché, e se lo è che cosa rischia se torna in patria, e se
effettivamente rischia va bene, faccia le carte, si metta in coda
e speriamo che rientri nella quota di immigrati prevista dalla
legge, 12mila massimo ogni anno, tanti auguri.
Dopo aver costruito la propria storia con i residui delle galere
inglesi, (la storiografia ufficiale australiana afferma che i
deportati erano coraggiosi irredentisti irlandesi, quella
ufficiosa dimostra che ladri, assassini, prostitute e falsari
hanno costituito il grosso della colonizzazione forzata imposta
dalla Corona), l'Australia si è fatta una fama di paese aperto,
anzi apertissimo. La casella postale della radio statale
australiana, la Sbs, è forse l'unico residuo di decenni passati
ad accogliere tutto e tutti: in ogni sede Sbs, a Sydney come a
Melbourne, la posta viene infilata in un gigantesco pannello
diviso in oltre duecento caselle, ognuna con l'etichetta di una
lingua diversa: italiano, swahili, serbocroato, hindu, bahasa
malaysia, urdu e tutte le lingue in cui gli esseri umani si
esprimono, la torre di Babele organizzata in una stanza. Erano
altri tempi. Oggi le teste di cuoio abbordano le navi che osano
entrare con carichi non anglofoni, dopo essersi fatti un nome
difendendo manu militari le proprietà delle compagnie
minerarie australiane a Papua, minacciate da scontri di piazza.
Sulla Tampa invasa dalle teste di cuoio, intanto, scarseggia
tutto tranne la disperazione. Il cargo potrebbe ospitare quaranta
persone, ma tra le montagne di container ammassati si accalcano i
profughi, minacciando di buttarsi in mare se la nave cambierà
rotta, rifiutando il cibo. Non sanno nulla della campagna
elettorale in corso in Australia, i profughi afghani, ed è a
quella che devono il loro status di problema internazionale.
L'ultradestra ha guadagnato fette di consensi rilevanti che i
sondaggisti dicono in libera uscita, laburisti e conservatori
fanno a gara per aggiudicarseli, rincorrendo a destra qualsiasi
paura della massa di australiani bianchi con un po' di benessere
e tutta l'intenzione di non dividerlo con nessuno.
Bipartisanship quasi perfetta, quella che va in scena a
Canberra, e non sarà un comunicato ufficiale della Croce rossa
che parla di trattamento "inaccettabile e inumano" a far cambiare
rotta a un paese che ha chiuso la porta. L'ultima grande ondata
di immigrazione si verificò nell'89, quando l'allora premier,
sconvolto dalle scene televisive trasmesse da piazza Tiananmen,
disse a reti unificate che avrebbe convesso il visto a tutti i
cinesi che l'avessero chiesto. La mattina successiva si
presentarono ventimila studenti cinesi, ognuno con il proprio
passaporto, e l'immigrazione in Australia diventò improvvisamente
un tema delicato.
Nonostante l'assalto, la Tampa non si è mossa dalle acque
australiane. Il capitano ha rifiutato di salpare. Cosa faranno i
pirati?
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