Sbarco movimentato nella
notte CROTONE Oltre trecento profughi kurdi approdano sulla
costa calabrese. La finanza dà la caccia agli scafisti in
mare. Arrestati undici trafficanti turchi
FILIPPO DIANO - CROTONE
I nuovi negrieri, stavolta, sono rimasti
impigliati nella rete della Guardia di finanza. Undici
contrabbandieri turchi sono stati inseguiti e fermati a 45
miglia al largo di Crotone, mentre tentavano di sganciarsi
dall'inseguimento delle Fiamme Gialle. La notte di
domenica, al limite delle nostre acque territoriali, avevano
da poco tagliato la cima di traino della solita carretta del
mare strapiena di 354 kurdi, afghani, cingalesi e senza
patria, in fuga dalla fame, tra cui 35 donne e 42 bambini, per
poi allontanarsi nella notte buia. Un piano più volte messo a
frutto con successo, ma che adesso è saltato. Che la base
logistica di preparazione degli sbarchi in Calabria fosse la
Turchia e, in particolare, la città di Izmir (Smirne), non
v'erano ormai dubbi. Agli inquirenti lo aveva raccontato
Ramazan Ozluk, 28 anni, contrabbandiere anche lui, arrestato
dalla polizia lo scorso giugno a conclusione di uno dei tanti
sbarchi. Il giovane marinaio aveva deciso di collaborare con i
giudici crotonesi, rivelando particolari inquietanti sulla
pericolosità di quelle gang turche disposte anche a far uso
delle armi pur di trasbordare in Italia, a suon di migliaia di
dollari, quei "dannati della terra". I contrabbandieri
chiedevano solo un anticipo alla partenza, ed il saldo della
somma pattuita veniva versato dai parenti dei profughi con
rimesse dai paesi europei dove vivono e lavorano. In questi
ultimi quattro mesi, si sono contati in Calabria nove sbarchi
per quasi tremila persone. Da dove siano partiti i nuovi
arrivati per giungere a Crotone non è assolutamente certo, ma
l'ipotesi di Smirne come luogo di imbarco è quella a cui gli
investigatori credono di più. In quell'area - stando al
racconto di Ramazan Ozluk - i nuovi negrieri contattano quanti
vogliono scappare in cerca di migliore fortuna. Stabilito
l'accordo con il concorso delle famiglie già residenti in nord
Europa, i contrabbandieri riempiono un natante di profughi e
lo rimorchiano fino a raggiungere il limite delle acque
territoriali italiane. Lì, dopo l'sos, la cima di traino viene
tranciata e il battello con donne, uomini e bambini, lasciato
in balia del mare. Insieme ai profughi rimane qualcuno dei
contrabbandieri per rassicurarli, fino ad incrociare una nave
militare italiana, la certezza di un aiuto e la speranza di
una nuova vita. Nella notte di domenica, a bordo della
carretta del mare erano rimasti Karatas Ercan e Erodgar Mair,
entrambi turchi, di 27 anni, individuati grazie alla
testimonianza dei profughi. Il loro compito tra gli "scappati"
durante la navigazione era quello di tenere a bada eventuali
liti o controversie. Gli altri undici corsari, loro compagni
di avventura, sono stati bloccati a bordo della nave-madre in
fuga. Nel centro di S.Anna, per tutta la giornata di ieri
decine di giovani del volontariato laico e cattolico, della
Croce Rossa, delle Misericordie, hanno assistito i profughi,
rifocillandoli e, soprattutto, rassicurandoli sulla loro
sorte. Sono rimasti per mare circa sette giorni, il loro
destino appeso ad una gomena, senza essere notati, in un
tratto di mare che pure è solitamente battuto da naviglio
militare e commerciale dotato di strumenti di intercettazione
e riconoscimento all'avanguardia. Sette giorni ed almeno sei
notti all'addiaccio, con pochi viveri, acqua razionata, gli
occhi fissi al punto di orizzonte Est-Nord-Est, verso
Crotone. Orlando Amodeo, medico della polizia di Stato, non
è nuovo a simili esperienze. E' il primo sanitario che sale a
bordo delle carrette che raggiungono l'Italia. "Non è
possibile - dice - non è giusto che uomini e donne e bambini
viaggino in queste condizioni". Ma gli occhi di quelle donne,
di quei bambini, di quegli uomini sono lucidi di felicità, di
emozione. Per loro è una grande fortuna essere riusciti a
sfuggire alle persecuzioni delle truppe di Saddam Hussein ed
alle pulizie etniche dei militari turchi. Il Kurdistan è ormai
lontano, ma dimenticarlo è impossibile.
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