03 Agosto 2001
 
 
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Ospitalità per i sinti
Verona, continua il calvario dei nomadi. "Espulsi" dal centro
PAOLA BONATELLI - VERONA


"I nostri figli si stanno ammalando, ne abbiamo portati due al pronto soccorso con 40 di febbre. Il sindaco deve assumersi la responsabilità per quello che succederà ai nostri bambini e a noi". E' cominciata così, martedì scorso presso il municipio di Verona, l'affollatissima conferenza stampa in cui la comunità di sinti, cittadini residenti nel comune, ha descritto il suo calvario e denunciato la persecuzione dell'amministrazione comunale in odor di razzismo. Lunedì doveva essere il gran giorno, per i sinti veronesi sgomberati tre volte in venti giorni; la commissione istituita dai capigruppo del Consiglio comunale aveva invitato l'amministrazione a concedere alle famiglie di poter tornare alla loro area di sosta originaria, il piazzale vicino allo stadio Bentegodi. Da lì erano stati sgomberati il 6 luglio, con un'ordinanza del 1999 (illeggittima per gli avvocati dell'Opera nomadi), impugnata dall'assessore alla sicurezza Fabio Gamba di Alleanza nazionale. Dopo due soste in parcheggi di fortuna e due ulteriori sgomberi, i sinti erano finiti in un'area fuori città, senza acqua, luce e servizi. Una situazione di gravissimo disagio non solo per le condizioni ambientali, ma anche per le continue minacce lanciate da auto e moto di passaggio, che avevano costretto i capifamiglia a star svegli la notte per fare i turni di guardia e a rivolgersi più volte ai carabinieri.
Lunedì dunque era trascorso nella speranza di un ritorno allo stadio, dove la polizia municipale, al momento dello sgombero, aveva tagliato gli allacciamenti di acqua, luce e gas (regolarmente pagati dalla comunità), ma dove comunque ci si poteva risistemare in tempi rapidi. La comunità sinta, con donne e bambini, aveva atteso il verdetto davanti al municipio cittadino. Verdetto arrivato solo nel pomeriggio: davanti ai portavoce dei sinti, gli imbarazzatissimi consiglieri dell'opposizione (Ds, Verdi, Rifondazione, Progetto Verona) comunicavano che i capigruppo, al mattino favorevoli al ritorno allo stadio, avevano cambiato idea, contagiati dal veto di Alleanza nazionale e in parte di Forza Italia. Sconfessare l'operato, se pur evidentemente contrario ad ogni rispetto dei diritti, di un assessore, si era rivelata impresa troppo ardua. Niente ritorno allo stadio, ma trasferimento in un'area di campagna, a tre chilometri dal primo centro abitato, pericolosa tra l'altro perché solcata da fossi, situata vicino ad alcune cave e per di più completamente isolata. "Un campo di concentramento - hanno detto le famiglie sinte - in cui potremmo andare se diventasse un campo permanente e attrezzato secondo la legge, ma certo non così". I consiglieri della minoranza e la deputata Tiziana Valpiana di Rifondazione hanno fatto capire che sono già pronti esposti e denunce a carico del sindaco, responsabile della sanità pubblica, e degli assessori interessati. "L'omissione di soccorso a minori - è stato ricordato da Valpiana - è una denuncia penale, una questione delicata che potrebbe portare all'arresto del sindaco, ma che sarà messa in atto se l'amministrazione non recederà dalle sue posizioni".
Ieri intanto i sinti hanno incontrato il presidente della 6 Circoscrizione Luigi Fresco, che si è offerto di ospitarli in un piazzale del suo quartiere, garantendo anche un minimo di assistenza. Oggi alle 17 le comunità sinte daranno vita ad una manifestazione di protesta che parte da Piazza Bacanal a S. Zeno per arrivare nel cuore della città, Piazza delle Erbe. Partecipa il Verona social forum.

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