Verona, la protesta dei sinti arriva in piazza Brà
Sgomberati e minacciati, sessanta nomadi fanno il bagno e lavano
i panni nella fontana
PAOLA BONATELLI -
VERONA
"Sono Helen e voglio il sole con l'acqua", "Io sono piccola e
voglio andare all'asilo e fare tutte le scuole", "Vogliamo luce,
acqua, piante e il giardino per i piedi": così i cartelli
inalberati dai piccoli sinti veronesi che ieri pomeriggio sono
andati con le loro mamme a fare il bagno e lavare il bucato nella
fontana della centralissima piazza Brà.
Un'iniziativa di protesta contro i tre sgomberi subiti dalla
comunità in meno di un mese, che hanno costretto una sessantina
di persone, più della metà bambini, a girare di parcheggio in
parcheggio per la città assolata. Sgomberi eseguiti dai vigili
urbani (il secondo, quindici giorni fa, con la violenza) su
vecchie ordinanze del sindaco impugnate dall'assessore alla
sicurezza, il nazional-alleato Fabio Gamba.
Ora le famiglie, per la maggior parte con la residenza nel
comune, come ricordato da un altro cartello di ieri che recitava
"Siamo sinti veronesi abbiamo dei doveri ma anche dei diritti",
stazionano in un prato appena fuori città, senza acqua né
servizi. Una situazione pericolosa: "La notte - racconta
Catiuscia, 25 anni - due bambini piccoli i nostri mariti e
fratelli fanno i turni di guardia, due ore per ciascuno, perché
in questa zona passano spesso macchine piene di gente che ci
insulta. L'altra notte qualcuno ci ha gridato 'Vi bruciamo
tutti', abbiamo paura e vogliamo andarcene, ma non sappiamo
dove".
Il dove verrà deciso lunedì mattina, almeno questa è la speranza
dei sinti e di quanti li sostengono, in una riunione dei
capigruppo del Consiglio comunale. Per l'amministrazione locale,
una patata bollente: la difesa dei diritti dei cittadini sinti
passa per la sconfessione dell'operato di un assessore della
maggioranza che governa la città. La commissione istituita per
volontà dei capigruppo sul problema sinti ha prodotto un
documento conclusivo che individua nell'area dello stadio, da cui
sono stati cacciati venti giorni fa, l'unica area con un minimo
di attrezzature ed immediatamente disponibile sul territorio:
motivo per cui si chiede all'amministrazione di evitare, anche
per motivi umanitari, il susseguimento di provvedimenti di
sgombero e di consentire il reinsediamento in quel luogo delle
famiglie sinte. Come dire che il calvario di questi venti giorni,
senza acqua sotto il sole cocente ed esposti ad ogni prepotenza
(il terzo sgombero è avvenuto per le proteste della
circoscrizione in cui sostavano i sinti), si concluderà, se tutto
va bene, da dove è cominciato.
I sinti, persone miti e rassegnate alle persecuzioni, sarebbero
contenti di tornare allo stadio; lì i ragazzi vanno a scuola da
più di dieci anni e c'è la piena integrazione con il quartiere.
Tuttavia, se lunedì ci sarà un nulla di fatto e la loro
condizione resterà precaria (tra l'altro alcuni pediatri
cittadini hanno già segnalato i pericoli di infezioni cui sono
esposti i bambini), la comunità scenderà in strada chiamando a
raccolta le altre famiglie sinte e rom sparse per il territorio e
tutte le persone che in questo periodo li hanno aiutati.
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