Crotone, sbarcano a centinaia
Ennesima carretta carica di profughi. In 40 giorni in Calabria ne
sono arrivati diemila
FILIPPO DIANO -
CROTONE
Primo avvistamento, anche stavolta, a circa trenta miglia
direzione Sud-Sudest di Capo Spartivento, nella locride. Per il
comandante e l'equipaggio del pattugliatore d'altura della marina
militare "Sagittario", che da qualche mese incrocia stabilmente
in quelle acque, l'ennesima conferma. Dal profondo Ionio emergeva
sulla linea dell'orizzonte il solito scafo di circa venti metri
stipato fino all'inverosimile di umanità in fuga dalla fame e in
cerca di speranza. Su quella tolda surriscaldata dal sole
impietoso, uomini donne e bambini, in tutto 320 persone, di etnia
curda, irakena ed afghana, si sbracciavano in cerca di aiuto, e,
soprattutto, di acqua.
Lentamente, a non più di quattro nodi di velocità, il battello
senza bandiera ha proseguito la sua rotta puntando più a
nord-est, verso Isola Capo Rizzuto, fino ad arenarsi a "Le
Cannelle", un'oasi protetta. Anche stavolta chi era al timone del
piccolo peschereccio ha preferito tenersi al largo di Roccella
Ionica, porto più vicino, ma distante un centinaio di chilometri
dal centro di raccolta profughi di S. Anna, proprio vicino a
Isola Capo Rizzuto, dove sono ancora in attesa del visto per il
nord Europa altri 390 profughi giunti con gli sbarchi dei giorni
scorsi.
Trecentoventi persone, stavolta, tra cui 57 bambini e 37 donne,
che sono riuscite a guadagnare "l'America", pagando alcune
migliaia di dollari e marchi tedeschi alla mafia turca ed ai loro
compari della 'ndrangheta calabrese per scrollarsi di dosso la
miseria, le malattie, la fame, gli embarghi decisi dagli
strateghi del Pentagono per piegare il regime di Saddam Hussein.
Negli ultimi quaranta giorni, sono approdati in Calabria in più
di duemila, soprattutto curdi, irakeni, afghani. Ma anche
cingalesi, indiani e pakistani. Fuggono dai regimi militari,
dalle pulizie etniche che nessun organismo internazionale ha
voglia di contrastare. Perseguitati nelle loro terre, clandestini
in Calabria, in attesa del visto di riconoscimento dello "status"
di rifugiato politico. Un timbro su un documento, sigillo di
libertà, che gli consenta di raggiungere gli altri, il resto
della famiglia che magari già vive in Francia, in Germania o in
Austria. Come i loro compagni di sventura che li hanno preceduti
nella traversata del Ionio, anche quest'ultimo gruppo non
sembrava in condizioni di salute particolarmente gravi. Qualcuno
di loro, in inglese stentato, ha provato a spiegare a polizia,
carabinieri, guardia di finanza e marina militare, che laggiù, a
una quarantina di miglia Sud-Sudest da Capo Spartivento
incrocerebbe la "nave madre" dei novelli negrieri che ha il
compito di proteggere la rotta delle barche più piccole, pronta a
intervenire in caso di avverse condizioni meteo. Del battello,
però, neppure l'ombra. Eppure è assolutamente difficile, forse
sarebbe esatto dire, impossibile, che un'imbarcazione, anche di
piccole dimensioni, che incroci in un triangolo ideale di mare
compreso tra Catania, Spartivento e Cefalonia, possa sfuggire
alla vista acuta dei radar delle marinerie militari le cui flotte
solcano continuamente il basso mediterraneo e l'Egeo, soprattutto
di questi tempi, per lo stallo della crisi mediorientale.
Dalla "Sagittario", si è alzato nelle ultime ore in volo un
elicottero alla ricerca della nave "blu e arancione", la nave
madre "fantasma", appoggiato via mare da due motovedette della
Capitaneria di porto di Crotone.
Sulle coste turche, intanto, sarebbero già pronti in centinaia
per la traversata, o forse sono già per mare. Il barometro segna
beltempo su tutto lo Ionio e l'Egeo: forza, si parte verso
"l'America".
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