Gli agrimensori del potere
Da Omero a Heidegger la lotta inesausta per la rappresentazione dello spazio Dal mondo dei Greci dipinto sullo scudo di Achille alle carte navali
di Colombo, con il Timeo di Platone
a fungere da stazione di smistamento
di mille suggestioni, la grande narrazione della filosofia dello spazio. Una geometrizzazione progressiva della rappresentazione del mondo
che scavalca le montagne, ignora
i fiumi e costruisce argini artificiali
per finalità politiche e di conquista.
Un disciplinamento descrittivo
e di misurazione, una schedatura ossessiva del territorio, conseguente all'imperialismo, che assume
i contorni della planimetria
che cancella la profondità dello spazio reale, delle sfere ridotte
a una superficie piana, l' egemonia
delle carte strategico-militari a spese
del mappamondo. Con la partita aperta di un presente dove i quadri concettuali geofilosofici sono più lenti e recalcitranti all'immagine
di un mondo a confini globali
BRUNO ACCARINO
Fu Thomas Jefferson, uno di quei padri fondatori per i quali i dirigenti politici americani trovano sempre un posticino anche nei discorsi che accompagnano o motivano (?) le loro occasioni di belligeranza, ad assumere, nel 1784, il compito di riorganizzare amministrativamente il territorio americano. Con una deliberazione varata dal Congresso il 20 maggio 1785, si addivenne alla decisione di rettangolarizzare il paese dividendolo in unità di sei miglia quadrate (candidate a costituire le townships) e procedendo a una ulteriore suddivisione e redistribuzione per favorire l'insediamento della popolazione. Gli Stati del sud protestarono, rivendicando il diritto di rispettare già esistenti sezioni [...]
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