il manifesto - 20 Febbraio 2005
INTERVISTA
«Saimir», un albanese a Roma
Parla Francesco Munzi in gara nella sezione «14 Plus» del Kinder Fest
MARIO BERTINOTTI
Saimir è un piccolo film che narra la parabola di due albanesi, padre e figlio, residenti nella periferia romana e subalterni di quella spietata malavita albanese e italiana che fa affari d'oro con la disperazione dei clandestini e commercia con la vita umana. Il film realizzato da Francesco Munzi autore di corti e documentari è stato presentato a Berlino nella sezione competitiva «14 Plus» del Kinder Fest, dedicata ai più giovani. Saimir aveva ottenuto a Venezia la «Menzione speciale della giuria Opera prima».

Perché hai scelto questa sceneggiatura?

Già in due corti precedenti ho posto la mia attenzione sociale e anche politica nel narrare alcune situazioni secondo me forti. Il mio primo corto è la storia di una ragazza immigrata russa, nel secondo corto, attraverso la storia di due bambini mi addentro nella comunità cinese di Roma. Questo lungometraggio è stato un po' il proseguimento di quel percorso e anche se la sceneggiatura è nata in una stanza, ha poi potuto arricchirsi delle esperienze sul campo. Anche per un ritardo sopravvenuto per cause esterne, un anno, ho potuto impiegare un po' di tempo nel fare sopralluoghi nelle comunità clandestine straniere sparse nella periferia romana. Ho iniziato quindi un altro documentario. Sono stato per sei mesi con una famiglia rom e questo ha fatto sì che modificassi non tanto la stesura drammaturgica ma la caratterizzazione dei personaggi.

Attraverso gli occhi di Saimir si intravede la dura quotidianeità di un giovane incatenato alla durezza della propria vita.

Di solito quando si fa un film sugli altri e non venendo da questa estrazione e ambiente quindi ponendomi da esterno rispetto al mondo che raccontavo, il mio primo obiettivo era di mantenere l'autenticità dei personaggi.

Però potevi dare una più facile visione stereotipata.

Ho cercato di immedesimarmi il più possibile nel sentimento di un adolescente che si trova a partire dalla propria terra, l'Albania, e arrivare qui, tre quattro anni prima rispetto alla storia del film e quindi per una serie di fattori si trovano a trafficare clandestini perché probabilmente non sono riusciti a trovare di meglio. Il padre non è un cattivo, fa questo lavoro considerandolo transitorio scorgendo nel futuro comunque un riscatto sociale da quella vita. Mi ha interessato dare al personaggio di Saimir aspetti legati sia al mondo in cui vive sia a quei sentimenti insiti in un adolescente di quell'età con tutti gli sconvolgimenti emotivi intensi che si hanno in quegli anni. Inoltre è uno sguardo sulla realtà dei clandestini che arrivano in Italia, tutto ciò è la trasposizione della realtà dei fatti. Il padre Edmond con un passato da sfruttato ha deciso di fare un passaggio avanti. Adesso lui recluta immigrati e ha deciso di far parte di questa catena, un po' come i caporali del sud che reclutano mano d'opera. In Edmond e in Saimir si genera un cortocircuito di coscienza quando si trovano a trasportare un carico diverso: una ragazzina destinata ad infoltire il mercato della prostituzione. Edmond non è cattivo, anzi verso la donna con cui sta per sposarsi trasmette un'amore profondo. La cultura albanese certo è molto maschilista ma è come eravamo noi trenta quarant'anni fa..

La scelta degli attori è particolarmente felice.

Michel Manoku, Edmond, è un affermato attore teatrale in Albania invece Xhevdet Feri, è uno studente, si prestava al personaggio. Molti albanesi che hanno visto il film, dicono che non piacerà a molti ma a chi piacerà, lo sarà sul serio, perché ha il coraggio di raccontare la realtà come è, senza trovare giustificazioni, io non dico assolutamente che gli albanesi sono così, lo sono quelli che ho voluto narrare. La realizzazione di questo film la devo molto al mio produttore esecutivo Gianluca Arcopinto che ha una dote poco riscontrabile tra gli altri produttori, cioè la follia, nel senso che mi ha permesso di girare pur avendo pochi soldi stanziati ma con gli attori che volevo e nel tempo giusto.