I comitati di quartiere: una consulta per
l’integrazione.
Una consulta cittadina con i rappresentanti delle maggiori
comunità extracomunitarie milanesi. Per affiancare la giunta nella
soluzione delle questioni legate all’integrazione. L’idea è del
coordinamento dei comitati di quartiere. Ma piace al vicesindaco,
Riccardo De Corato. Intanto anche l’opposizione si mobilita sul tema
caldo delle periferie. Bruno Ferrante, ex prefetto e candidato alle
primarie dell’Unione, annuncia, in caso di vittoria alle elezioni,
la costituzione di un assessorato all’Immigrazione. Le banlieue
parigine messe a ferro e fuoco dagli immigrati sono sempre più
vicine. L’odore di bruciato si percepisce nei palazzi della politica
cittadina. Lo ha sottolineato giovedì scorso lo stesso ministro
dell’Interno, Giuseppe Pisanu: «in futuro anche le nostre metropoli
avranno di che piangere se falliranno le politiche
sull’immigrazione». Per evitare di dover estrarre i fazzoletti
dal cassetto, c’è anche chi suggerisce di aprire le porte della
giunta a un assessore straniero. «Dobbiamo allargare gli orizzonti -
dice Carlo Montalbetti, presidente dei comitati di quartiere - anche
questa possibilità va presa in considerazione». Mentre l’assessore
ai Servizi Civici, Giancarlo Martella, propone una soluzione
all’annosa questione dei tempi lunghissimi per i rinnovi dei
permessi di soggiorno (oggi a Milano si aspetta anche un anno): «Si
tratta di ritardi inammissibili per una città moderna - registra
Martella -. Alla questura proponiamo una gestione congiunta delle
pratiche». Dal canto suo il vicesindaco getta acqua sul fuoco
della polemica. Senza disinnescare del tutto l’allarme del ministro
dell’Interno. «E’ vero, senza interventi antidegrado la situazione
nelle periferie potrebbe degenerare - ammette De Corato -. Ma si
tratta semplicemente di continuare sulla strada imboccata da questa
amministrazione: riqualificazione delle aree dismesse e lotta
all’abusivismo. Il vero problema di Milano sono i 24 campi nomadi
abusivi». Secondo le stime della fondazione Ismu, i clandestini
a Milano sarebbero circa 30 mila. A oggi, secondo i dati del Comune,
gli stranieri iscritti all’anagrafe sono 161.067. «Di questi, circa
140 mila provengono da paesi ad alta pressione migratoria», valuta
Gian Carlo Blangiardo, demografo dell’università Bicocca. Poi ci
sarebbero altri 10 mila regolari non iscritti in anagrafe. «Morale,
gli immigrati a Milano sono circa 180 mila», tira le somme
l’esperto. Certo è che il sistema produttivo milanese continua a
dimostrarsi affamato di manodopera straniera. Secondo l’Osservatorio
del lavoro della Provincia, negli ultimi quattro anni la quota degli
avviamenti al lavoro extracomunitari è raddoppiata: dal 10 per cento
circa del 2001 al 23 del secondo trimestre di quest’anno. Fortissima
la presenza di colf e badanti: 30 mila in città e 57 mila in
provincia secondo la Cgil metropolitana. La più alta
concentrazione di stranieri si ha nell’area Nord della città.
Secondo un’indagine del Comune aggiornata a oggi, in zona due è
straniero poco meno di un abitante su cinque. Segue la zona nove
(14,3 per cento di immigrati). Complessivamente, a Milano gli
stranieri regolari sono il 12,3 per cento dei residenti. In zona uno
si concentrano le nazionalità tipiche di colf e badanti: filippini e
srilanchesi. Mentre gli egiziani sono presenti soprattutto in zona
nove. La Camera di Commercio, attraverso un’indagine del suo
Osservatorio sul mercato immobiliare in collaborazione col
Certet-Bocconi, sottolinea l’esistenza di un’emergenza casa che
coinvolge in prima linea gli stranieri. «Qualunque sia la prossima
amministrazione, è necessario che il pubblico eserciti il più
possibile un’azione di governo consapevole delle periferie -
raccoglie la palla Francesca Zajczyk, sociologa dell’università
Bicocca -. Qui non si tratta di agire su singoli progetti di
riqualificazione ma di avere un progetto d’insieme. Anche perché non
tutte le periferie hanno pari opportunità di riscatto: gli
investimenti dei privati si concentrano nelle aree dismesse».
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