Normativa europea e italiana in materia di immigrazione

Giandonato Caggiano

Cittadini degli stati terzi, integrazione comunitaria e ordinamento italiano

A partire dagli anni Ottanta, le politiche in materia di immigrazione sono divenute sempre più convergenti in tutti gli stati dell’Europa occidentale. La recente convergenza presenta due tendenze principali. Da un lato, limitazioni restrittive a nuovi arrivi, secondo caratteristiche comuni: programmazione dei flussi, regole e procedure per l’ingresso, incoraggiamento al rientro volontario nei paesi di origine, ecc. Dall’altro, un orientamento più liberale rispetto alle leggi per la naturalizzazione degli immigrati di lunga permanenza o di seconda generazione; sulla concessione di status di residenza semi-permanenti; sulla concessione dei diritti di partecipazione politica e sociale, compreso il diritto di voto nelle consultazioni amministrative.

Dall’integrazione comunitaria sono stati esclusi sin dal principio i cittadini degli stati terzi. La preferenza accordata ai primordi ai lavoratori comunitari, era giustificata dalla circostanza che solo un quarto dei lavoratori migranti presenti, all’epoca, nel territorio della Comunità proveniva da stati terzi. Questa situazione si è, poi, gradualmente modificata nel senso di una partecipazione sempre più rilevante degli stranieri extra-comunitari allo sviluppo economico e sociale dell’Europa. Per questa ragione, il problema di una regolamentazione comune dell’immigrazione è divenuta una priorità dell’Unione.

Oggi, il secondo Trattato sull'Unione Europea, firmato ad Amsterdam il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1° maggio 1999, contiene importanti novità nelle materie dell'immigrazione e dell'asilo (titolo IV, artt. 61-69, Trattato CE "Visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone" che riguarda: l'attraversamento delle frontiere esterne ed interne dell'Unione; l'asilo, l'immigrazione, la politica nei confronti dei cittadini degli stati terzi; la cooperazione giudiziaria in materia civile). Queste materie entrano a far parte del "primo pilastro" dell'Unione Europea, determinando il passaggio dal metodo intergovernativo all’applicazione del diritto comunitario "sovranazionale". Ne consegue un rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo e della Corte europea di giustizia. È tuttavia previsto un periodo transitorio di cinque anni prima della integrale applicazione delle procedure comunitarie. Non appena vi sarà il necessario consenso, si stabilirà uno "spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia", senza controlli delle persone alle frontiere interne, indipendentemente dalla loro nazionalità.

In sostanza, il Trattato di Amsterdam stabilisce una comunitarizzazione graduale della politica migratoria e un termine, cinque anni, affinché gli stati membri arrivino ad avere una politica comune in materia di immigrazione. Nel corso di questo periodo transitorio di cinque anni, ci si attende che il Consiglio Europeo adotti misure in materia di condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini dei paesi terzi, fissando requisiti e condizioni in base ai quali cittadini dei paesi terzi, legalmente residenti in uno stato membro, possano eventualmente spostare la residenza in un altro stato membro.

Al testo del Trattato di Amsterdam è allegato un Protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione Europea. Un gran numero di procedure normative e amministrative per l’attraversamento delle frontiere sono presenti negli Accordi di Schengen. Infatti, uno status speciale hanno assunto i cittadini delle 14 parti contraenti della Convenzione di Schengen (oltre all'Italia), degli altri due paesi membri dell'Unione Europea non firmatari della Convenzione (Irlanda e Regno Unito) e il Liechtenstein (paese che non è membro né di Schengen né dell'Unione Europea).

Nel quadro degli accordi di Schengen, gli stati membri hanno firmato il 15 giugno 1990 la Convenzione di Dublino (entrata in vigore il 1° settembre 1997), che permette di determinare la competenza per l'esame delle domande d'asilo presentate in uno degli stati membri dell'Unione. La Convenzione (ratificata dall'Italia con legge n. 523 del 23 dicembre 1992) stabilisce le regole per la determinazione dello stato competente all'esame della domanda di asilo presentata in un paese dell'Unione Europea.

Il Piano d'azione del 3 dicembre 1998 offre un quadro di sviluppo dell'azione e per un controllo giurisdizionale e democratico della Corte di giustizia e del Parlamento europeo. Per definire priorità comuni nonché i provvedimenti da adottare a breve e lungo termine (cinque anni), sono stati considerati: i principi di sussidiarietà e di solidarietà, l'efficacia operativa, i limiti stabiliti dai trattati (ad esempio gli stati membri resta la competenza per quanto attiene alla loro sicurezza interna). Il Consiglio europeo straordinario di Tampere del 15/16 ottobre 1999 ha accolto con favore la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Il documento di Tampere ha, tuttavia, carattere meramente orientativo e non prescrittivo, salvo nei casi in cui le conclusioni contengono un mandato formale alla Commissione e fissano scadenze precise.

 

La cittadinanza italiana

La legge n. 91 del 5 febbraio 1992 (che ha sostituito la vecchia legge n. 555 del 13 giugno 1912) prevede diverse modalità di acquisto della cittadinanza. Il riconoscimento della cittadinanza può avvenire: per nascita, riconoscimento o dichiarazione giudiziale della filiazione, adozione, discendenza, acquisto o riacquisto da parte del genitore, matrimonio, nascita e residenza in Italia, naturalizzazione. Alcuni ipotesi di acquisto della cittadinanza sono automatici: nascita sul territorio italiano (ius soli o diritto di suolo), genitori ignoti o apolidi, oppure i genitori stranieri che non trasmettono la propria cittadinanza al figlio secondo le disposizioni della legge dello stato di appartenenza; minore rinvenuto in una condizione di abbandono sul territorio italiano, riconoscimento di paternità o maternità o a seguito di dichiarazione giudiziale di filiazione durante la minore età del soggetto; filiazione; adozione. Altri casi sono subordinati al verificarsi di determinate condizioni, alla dichiarazione di volontà dell’interessato e/o a decisione dell'autorità (per matrimonio e per naturalizzazione).

Contro i provvedimenti di rigetto delle istanze di acquisto della cittadinanza italiana, è possibile proporre ricorso al Tar del Lazio. Nei casi in cui l'acquisto o il riconoscimento della cittadinanza italiana può essere configurato come un diritto (ad esempio riconoscimento per nascita o per matrimonio), inoltre, il riconoscimento dello status di cittadino italiano può anche essere richiesto al giudice ordinario, sia direttamente sia dopo aver chiesto e non ottenuto il riconoscimento da parte dell'autorità amministrativa.

 

Lo straniero nel diritto italiano

Per quanto riguarda la condizione giuridica dello straniero l’ordinamento italiano si conforma ai trattati ed alle norme internazionali (art. 10 Cost.). Lo straniero che non può esercitare le libertà democratiche nel suo paese, ha diritto d'asilo in Italia, secondo le condizioni stabilite dalla legge e non può essere estradato per motivi politici.

La normativa italiana è intervenuta recentemente in maniera organica su tutta la condizione dello straniero dopo che il Parlamento aveva ripetutamente richiesto al Governo di abbandonare, il ricorso a provvedimenti parziali (decreto legge n. 489 del 1995 e successive reiterazioni). La legge n. 40 del 6 marzo 1998 sull'immigrazione fissa indirizzi, obiettivi e regole, mentre affida al Governo e dell'amministrazione, tramite delegificazione, l'attuazione. La tipologia di legislazione adottata non evita necessità di correzioni e innovazioni ma, nell’evoluzione delle politiche dell'immigrazione, conserva le norme fondamentali con effetti di certezza sulle procedure amministrative.

Per quanto riguarda l'ingresso e il soggiorno per motivi di lavoro subordinato, stagionale, e di lavoro autonomo (art. 19 e ss.), sono previste quote di ingresso che sono stabilite annualmente con uno o più decreti che tengano conto dei dati occupazionali. D'intesa con i paesi di origine verranno predisposte apposite liste cui potranno iscriversi i lavoratori stranieri che intendono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro.

La legge introduce inoltre la nuova figura del garante per il cittadino straniero che intenda entrare in Italia per trovare lavoro (art.21). Un cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante, oppure le regioni, gli enti locali, le associazioni sindacali e professionali, le associazioni del volontariato operanti da almeno tre anni nel settore dell'immigrazione, in presenza dei requisiti fissati con apposito decreto, potranno farsi garanti assicurando allo straniero l'alloggio e la copertura dei costi di mantenimento e assistenza sanitaria per la durata, annuale, del permesso di soggiorno.

Lo straniero regolarmente soggiornante o che abbia chiesto il rinnovo del titolo per lavoro, motivi familiare, asilo politico o umanitario, adozione, affidamento, acquisto della cittadinanza è iscritto di diritto al servizio sanitario nazionale (art.32). L'assistenza sanitaria spetta anche ai familiari a carico regolarmente soggiornanti. Chi non è ricompreso in queste categorie deve assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità, sottoscrivendo una polizza assicurativa in un istituto italiano o straniero valida sul territorio oppure mediante iscrizione al servizio sanitario nazionale.

Quanto ai profili penali, la scelta più rilevante è quella di non incriminare l’ingresso clandestino in quanto tale sulla base di comprensione e solidarietà verso quanti, preda di indigenza e disperazione giungono in Italia, pur senza autorizzazione. Altrettanto vale per la non punibilità di chi presta a stranieri comunque presenti in Italia e in stato di bisogno soccorso e assistenza umanitaria (comma 2 dell’art. 12, fermo quanto stabilito dall’art. 54 c.p.).

Dopo la nuova legge sull'immigrazione (l. n. 40 del 1998), e relativi regolamenti di attuazione, è emersa l'impossibilità di far fronte al fenomeno strutturale della immigrazione in assenza di una sanatoria e di credibili flussi di ingresso legale per ricerca di lavoro. Per quanto concerne il tema delle regolarizzazioni, il decreto legislativo (n. 113 del 13 aprile 1999, Disposizioni correttive alla legge sull'immigrazione, G.U. n. 97 del 27 aprile 1999) introduce disposizioni transitorie alla legge sull'immigrazione, prevedendo così la possibilità di regolarizzare la propria presenza in Italia per gli stranieri già presenti in Italia alla data del 27 marzo 1998, in possesso dei requisiti previsti dal d.P.C.M. del 16 ottobre 1998 e che hanno presentato le relative istanze entro il 15 dicembre 1998.

Contro l’ingresso e il soggiorno indesiderato sono previsti due istituti: l'espulsione e il respingimento. Con il respingimento si intende impedire l'ingresso nel territorio dello stato allo straniero che si presenti alle frontiere senza i requisiti richiesti o che cerchi di introdursi clandestinamente (art.8). A tal fine vengono posti a carico del vettore che trasporti uno straniero alcuni obblighi e sanzioni. Nel caso in cui lo straniero sia stato accettato come passeggero senza documenti legittimanti l'ingresso in Italia, il vettore è obbligato a riprenderlo in carico per ricondurlo nello stato di provenienza. L'espulsione (art. 11 della legge n. 40 del 1998) viene disposta dal Ministro dell'Interno o dal prefetto per motivi di ordine pubblico, commissione di reati, irregolarità di ingresso, o per contrastare la permanenza abusiva sul territorio dello stato. Nel caso di procedimento penale in corso o arresto in flagranza è preceduta dal nulla osta del giudice che procede. L'espulsione è eseguita dal questore, con accompagnamento alla frontiera tramite la forza pubblica, quando lo straniero resta in territorio italiano oltre il limite fissato con l'intimazione o quando per circostanze obbiettive vi sia il concreto pericolo che lo straniero si dia alla clandestinità.

La materia del diritto di asilo riceverà probabilmente presto una nuova disciplina. È stato approvato al Senato un disegno di legge presentato dal Governo e recante norme in materia di protezione umanitaria e di diritto di asilo.

L'art. 10, terzo comma della Costituzione, prevede che ha diritto di asilo in Italia lo straniero "al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana", a prescindere quindi dal fatto che il richiedente asilo abbia o meno subito una persecuzione individuale. Recentemente, però, la Corte di Cassazione ha stabilito che lo straniero cui sia stato impedito l'esercizio delle libertà garantite dalla Costituzione italiana e non ha tuttavia subito persecuzioni individuali (ad es. proviene da una dittatura), può chiedere direttamente al giudice ordinario il riconoscimento del diritto di asilo garantito dalla Costituzione, al di là quindi del riconoscimento dello status di rifugiato.

Lo straniero che intende entrare in Italia per chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato deve presentare, al momento del suo ingresso in Italia, un'istanza all'ufficio della polizia di frontiera. La domanda, esaminata dalla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, viene accolta solo nel caso in cui, a giudizio della Commissione, il candidato rientri nella definizione di rifugiato di cui all'art. 1 della Convenzione di Ginevra. A seguito del riconoscimento dello status viene concesso un permesso di soggiorno.

Sono state inoltre introdotte alcune forme di asilo umanitario, nel caso di afflusso di massa di profughi provenienti da paesi coinvolti in conflitti bellici o devastati da guerre civili. Tali forme di asilo riguardano, o hanno riguardato, solo coloro i quali provengono da ben determinate aree geografiche (ex Jugoslavia, Somalia, Albania), e sono destinate generalmente a perdurare solo fino a che non sia tornata nel paese di origine una situazione di normalità, e non sia quindi possibile il rimpatrio dei profughi.