Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati

SECONDO RAPPORTO SULL'INTEGRAZIONE DEGLI IMMIGRATI IN ITALIA

 

NOTE INFORMATIVE

 

NOTA 1

 

ATTIVITA DELLA COMMISSIONE PER LE POLITICHE DI INTEGRAZIONE

 

Dalla presentazione del primo rapporto sull'integrazione degli immigrati in Italia, avvenuta il 30 novembre 1999, la commissione ha continuato nel suo compito istituzionale di organismo consultivo del governo sulle politiche di integrazione, di intercultura, di lotta al razzismo. Nel corso dell'anno, sono stati nominati quali nuovi rappresentanti del ministero Affari Esteri, del ministero dell'Interno e del ministero della Pubblica Istruzione rispettivamente il ministro plenipotenzario Carlo Marsili, direttore generale della Direzione per gli italiani all'estero e le politiche migratorie, la dott.ssa Stefania Dota, dello staff del ministro, la dott.ssa Rossella Schietroma, del Gabinetto del ministro.

La Commissione, che si è riunita regolarmente con cadenza pressoché mensile (1) ha approfondito diversi argomenti, offrendo strumenti di analisi e di intervento agli organismi di governo, alle forze politiche e agli amministratori. Nello specifico, la Commissione, continuando una modalità di lavoro avviata lo scorso anno, ha organizzato incontri tematici e convegni sui temi considerati, al momento, di particolare interesse sociale e politico, inviato segnalazioni al Governo, promosso ricerche e pubblicazioni.

 

1. Incontri tematici e convegni

 

1.1. Incontri

 

La prima fase applicativa del testo unico e del regolamento concernente la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero: valutazione e proposte, Roma, 7 febbraio 2000.

All'incontro, coordinato dalla presidente della Commissione, Giovanna Zincone, hanno partecipato, oltre ai componenti della Commissione stessa il sottosegretario al ministero dell'Interno, sen. Alberto Maritati, alti funzionari di 2 amministrazioni statali ed esponenti del mondo accademico e del volontariato. (2)

Ciascuno dei partecipanti è intervenuto con una relazione nella quale venivano messi in evidenza aspetti positivi e problematici dell'applicazione della legge sull'immigrazione nel settore specifico di attività. I risultati della discussione sono stati sintetizzati ed inviati al sottosegretario al ministero dell'Interno, sen. Alberto Maritati, allora responsabile del tavolo di coordinamento delle politiche migratorie (vedi Suggerimenti, punto a).

 

Il ricongiungimento familiare in Italia ed in Europa, Roma, 14 marzo 2000.

In questa occasione sono stati presentati e discussi i risultati di una ricerca realizzata per conto della Commissione, da Angela Lostia dal titolo Uniti e divisi. Le condizioni materiali del ricongiungimento familiare («Working Paper» n. 4). Nel corso dell'incontro, coordinato da Giovanna Zincone, presidente della Commissione, sono state presentate inoltre relazioni su: Ricongiungimento familiare in Europa: storia, politiche e procedure, relatore Raffaele Bracalenti, Istituto psicoanalitico per le scienze sociali; Proposta di direttiva del Consiglio relativa al diritto del ricongiungimento familiare, relatore Rinaldo Bontempi, consulente Commissione europea, nonché componente della Commissione. Hanno partecipato, oltre ai componenti della Commissione: il sottosegretario all'Interno, sen. Alberto Maritati; Guido Bolaffi, Capo di gabinetto del ministro per la solidarietà sociale; Francesco Castro, Università di Roma; Franco Pittau, Caritas; Francesco Carchedi, Parsec; Giovanna Campani, Università di Firenze; Mara Tognetti, Fondazione Cecchini Pace; Maria Marta Farfan, Inas‑Cisl. Il seminario si è concluso con la segnalazione al Governo di una serie di proposte volte a integrare e a migliorare sia la normativa sui ricongiungimenti familiari che le relative procedure di applicazione (vedi Suggerimenti, punto b). Nel corso di questo incontro, come d'altra parte anche nel primo seminario, è emerso più volte il problema delle donne vittime di traffico e quindi dell'applicazione dell'art. 18 della nuova legge sull'immigrazione sul permesso di protezione sociale, tanto che la Commissione lo ha segnalato al governo con una lettera al sottosegretario Maritati e al ministro per le Pari opportunità, Laura Balbo. Anche per questa ragione la Commissione ha deciso di organizzare un incontro dedicato esclusivamente a questo tema.

 

Il traffico di esseri umani strumento di contrasto e sostegno alle vittime, Caserta 12 maggio 2000.

Anche in questo caso l'incontro ha rappresentato l'occasione per la diffusione di una ricerca, voluta dalla Commissione e realizzata dal Cespi, sul traffico di esseri umani, dal titolo L'Italia nel sistema internazionale del traffico di persone. Risultanze investigative, ipotesi interpretative, strategia di risposta («Working Paper» n. 5). Il seminario è stato organizzato in collaborazione con l'associazione «Libera» della Campania, che ha fatto da punto di riferimento per altre associazioni presenti sul territorio, tra le quali Caritas Diocesana di Caserta, Azione cattolica diocesana di Caserta, Associazione di volontariato Jerry Essan Masslo, Cooperativa sociale Sole Sud e la comunità di accoglienza Casa di Rut. Ha partecipato all'incontro S.E. monsignor Raffaele Nogaro, Vescovo di Caserta, e tutto il mondo del volontariato e delle amministrazioni locali impegnate su questo tema sul territorio. La presidente della Commissione, Giovanna Zincone ha coordinato l'incontro nel corso del quale sono state presentate e discusse: la ricerca del Cespi, relatore Ferruccio Pastore; la situazione locale, relatore Renato Natale dell'associazione «Libera»; la strategia europea nella lotta alla tratta degli esseri umani, introdotta da Rinaldo Bontempi; l'impegno delle Ong a sostegno delle vittime della tratta, relatrice Maria Teresa Tavassi, Commissione pari opportunità, Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

1.2. Convegno internazionale

 

Rom e sinti: un'integrazione possibile. Italia ed Europa a confronto, Napoli, Istituto universitario orientale, 23‑24 giugno 2000.

I numerosi episodi di intolleranza verificatesi nei confronti dei roni e sinti presenti nel paese, la rilevanza che la tutela delle minoranze ha nel dibattito internazionale, la scarsa attenzione che queste minoranze ricevono in Italia da parte delle istituzioni sono state le ragioni principali cha hanno spinto la Commissione a organizzare, in collaborazione con l'Istituto universitario orientale di Napoli, un Convegno internazionale, mettendo insieme, per la prima volta in Italia, ricercatori italiani e stranieri, amministrazioni, associazioni di volontariato, rappresentanti di organizzazioni internazionali, e delle associazioni degli stessi rom e sinti. Il convegno si proponeva di conoscere le condizioni reali di vita delle popolazioni rom e sinti in Italia, di rilevare le misure di intervento realizzate a livello locale e nazionale, in Italia e in altri paesi europei, di individuare possibili politiche pubbliche per favorire la normale convivenza tra minoranze rom e popolazioni locali e, non ultimo, di offrire al governo e agli enti locali, elementi utili per una politica di convivenza tra rom e sinti e popolazioni locali.

La presidente della Commissione, Giovanna Zincone, ha introdotto i lavori chiarendo che una commissione che ha il compito istituzionale di favorire l'integrazione degli immigrati ‑ intesa come integrità della persona e come interazione positiva ‑ non poteva ignorare la presenza di rom e sinti sul territorio, anche se non tutti sono stranieri e non tutti si considerano immigrati, che vivono in condizioni di grande emarginazione e disagio sociale. La situazione dei rom in Italia è stata illustrata da Claudio Marta, studioso della cultura e della condizione rom e rappresentante dell'Italia in un organismo di specialisti del Consiglio d'Europa. Un rappresentante del Consiglio d'Europa (Françoise Kempf), ha illustrato la norinativa e le iniziative in corso a livello internazionale sulla tutela delle minoranze e dei diritti umani. Sono state poi presentate le esperienze, con i relativi successi e insuccessi, realizzate in quattro paesi europei: Spagna (Carmen Santiago Reyes), Ungheria (Marta Szilagy), Finlandia (Paivi Majaniemi) e Francia (Dominique Steinberger).

Una sezione importante è stata dedicata alla presenza nei paesi occidentali di profughi di origine rom, alla quale ha partecipato, il delegato dell'Osce per le popolazioni rom (Nicolae Gheorghe), un rappresentante dell'Asgi (Gianfranco Schiavone, Associazione Giuristi dell'Immigrazione) e una rappresentante del Cir (Daniela Di Capua, Consiglio Italiano Rifugiati).

La condizione dei rom in Italia è stata approfondita con interventi sull'accesso alla salute (Salvatore Geraci, Caritas nazionale), all'istruzione (Marco Brazzoduro, Università di Roma), all'abitazione (Antonio Tosi, Università di Milano) e al lavoro (Dimitris Argiropoulos, Comune di Bologna), e uno sugli aspetti legati alle aree di conflitto e ai problemi dell'integrazione (Emilio Quadrelli, Università di Genova). Ciascuna relazione è stata ampliata e discussa da un rappresentante di un'associazione o di un'amministrazione con esperienza diretta sul campo.

Ampio spazio è stato dato agli interventi delle associazioni di rom e sinti attive in Italia.

Il Convegno si è concluso con una Tavola rotonda, coordinata da Paolo Gambescia, direttore del quotidiano «II Mattino» di Napoli, alla quale hanno partecipato un sottosegretario del ministero dell'Interno (on.le Aniello Di Nardo), l'assessore ai servizi sociali dell'Emilia Romagna (Gianluca Borghi), il presidente della provincia di Napoli (Amato Lamberti), il responsabile dell'ufficio speciale nomadi del Comune di Roma (Luigi Lusi), e il senatore della repubblica Giovanni Russo Spena.

Dal Convegno è emerso che:

‑ in Italia le popolazioni rom sono spesso al centro di grandi discussioni che le segnalano, di volta in volta, come autori di reati contro la sicurezza dei cittadini, o come vittime di emarginazione e di atti di discriminazione. L'opinione comune non è infatti consapevole del fatto che la criminalità organizzata rappresenta solo una piccola minoranza delle comunità zingare e costituisce per loro stesse un grave problema, non immagina neppure in quali dure condizioni materiali la gran parte di queste popolazioni sia costretta a vivere, come non sa che molti, la gran parte, degli zingari sono cittadini italiani e non sono nomadi;

‑ la presenza degli zingari, in Italia, come in altri paesi europei, suscita atteg­giamenti contraddittori, di rifiuto o di paura, da un lato, ma anche di assistenza, di rispetto delle loro identità culturali e linguistiche, di interventi di bonifica delle loro condizioni di disagio sociale, dall'altro.

Dal Convegno sono emerse proposte ed esperienze in diversi settori:

1. In primo luogo dal Convegno è stato lanciato un appello alle autorità italiane sulla necessità di prolungare la protezione.umanitaria ai profughi del Kossovo, tra i quali molti rom, che non potevano ritornare nelle loro case per la persistente situazione di pericolo.

2. Scuola: i problemi principali sono rappresentati dalle condizioni igieniche, dalla frequenza saltuaria, dagli insuccessi, dalla scarsità di motivazione anche da parte dei genitori. Da qui il suggerimento di supportare l'accesso all'istruzione, di un numero sempre più elevato di bambini, con interventi volti a favorire il successo scolastico e l'accettazione da parte dei compagni di classe. Interessanti sono le esperienze realizzate in alcune scuole dell'utilizzo di mediatori culturali di origine rom, ma più in generale è stato raccomandato di prevedere politiche integrate che abbraccino contemporaneamente le condizioni dell'istruzione, ma anche dell'alloggio e della salute. Interessante è stata considerata l'esperienza della Finlandia.

3. Lavoro: è emerso che le attività tradizionali dei rom sono difficilmente recuperabili nell'attuale mondo del lavoro. Una normativa meno stringente sulla disponibilità del suolo pubblico, sulla attivazione di esercizi commerciali e laboratori artigianali e una maggiore attenzione ai percorsi formativi potrebbe favorire la continuazione di alcuni mestieri tradizionali e l'accesso a nuove attività.

4. Alloggio: è stato evidenziato che i tradizionali campi, lungi dall'essere una risposta alle esigenze di una popolazione per gran parte stanziale, possono essere strumenti di controllo e di marginalizzazione della presenza dei rom sul territorio. Una valida alternativa ai campi è rappresentata dall'accesso all'edilizia residenziale pubblica, ma non sono da trascurare altre iniziative (come ristrutturazione di edifici abbandonati e costruzione di piccoli villaggi).

5. Salute: sono state individuate alcune aree di crisi, come quella del materno infantile, della salute mentale, delle patologie cardio‑circolatorie, respiratorie, osteo­articolari. E' stata sottolineata l'importanza di adottare in questo settore politiche di prevenzione e di vigilanza sanitaria e di considerare ogni possibilità di coinvolgere attivamente i rom nella attuazione di queste politiche.

Le preoccupazioni emerse nel corso dell'animata discussione seguita alle relazioni, soprattutto sulla condizione dei profughi di origine rom, sono state raccolte dalla Commissione e fatte oggetto di una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri, ai ministri e ai Parlamentari interessati, nella quale si raccomandava di tener conto, nelle decisioni che sarebbero state prese sulla situazione dei profughi presenti in Italia, con permesso di soggiorno per motivi umanitari, delle situazione di oggettivo pericolo ancora persistente in Kossovo, che sconsigliava il rimpatrio. Questo argomento è stato sostenuto oltre che dalle numerose associazioni di volontariato presenti al Convegno, anche dal rappresentante dell'Osce‑odhir (Onu) per la questione rom (vedi Suggerimenti, punto c).

 

2. Suggerimenti

 

2. a) Sintesi dell'incontro del 7 febbraio 2000, inviata al Tavolo di coordinamento

 

La prima fase applicativa del T U. e del Regolamento concernente la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero: valutazioni e proposte.

 

La pubblicazione del regolamento di attuazione (DPR 31 agosto 1999, n. 394, G.U. 3 novembre 1999) e del decreto sulla programmazione dei flussi per l'anno 2000 sono gli ultimi adempimenti previsti per l'applicazione della legge. Questo consente di fare un bilancio del primo anno di applicazione, di evidenziare problemi e prospettare possibili soluzioni.

I punti della nuova legge su cui è importante concentrare la riflessione sono:

‑ condizioni dell'ingresso, flussi e regolarizzazione

‑ rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno

‑ espulsioni e centri di permanenza temporanea

‑ minori stranieri/minori stranieri non accompagnanti/rimpatrio

‑ ricongiungimenti familiari

‑ discriminazioni

 

1. Condizioni dell'ingresso, flussi (artt. 4 e 5 T. U., artt. 5‑13 Regolamento) e regolarizzazione

 

Contesto

Perdura una notevole incertezza nelle procedure da seguire per visti e ingresso in Italia per lavoro, per ricongiungimento famigliare e dietro presentazione di garanzia.

 

Proposte

- Un contributo alla soluzione di questo problema può certamente derivare dalla attesa pubblicazione del decreto del ministero degli Affari Esteri sulle tipologie, requisiti e condizioni dei visti di ingresso. Ciò consentirebbe di ridurre la discrezionalità dei consolati italiani all'estero. A tale decreto dovrebbe seguire anche la diffusione delle informazioni sulle modalità e possibilità di ingresso regolare in Italia presso le rappresentanze diplomatiche consolari.

- Altrettanto importante sarebbe la pubblicazione della direttiva del ministero dell'Interno sui mezzi di sostentamento necessari per l'ingresso.

- Per quanto riguarda l'ingresso dietro prestazione di garanzia, sembra troppo onerosa, per una sua diffusa applicazione, la previsione del deposito cauzionale dell'ammontare pari all'assegno sociale annuo più il costo del viaggio di ritorno, come previsto nel regolamento di attuazione, cui rimanda il testo unico.

 

Contesto

Le procedure di regolarizzazione, avviate con DPCM del 16.10.98, sono tuttora in corso, molte (oltre 100.000) sono ancora le domande senza risposta, o perché interamente da esaminare o per le quali sono state richieste ulteriori prove, in particolare della presenza in Italia prima del 27 marzo 1998. Questo dilungarsi dei tempi, ha portato alla perdita di proposte di lavoro esistenti al momento della presentazione della domanda quindi alla caduta di uno dei requisiti, con conseguente rifiuto del permesso di soggiorno.

 

Proposte

- Sarebbe utile consentire a quanti sono in attesa del permesso di soggiorno di potersi regolarizzare almeno per un anno per iscrizione al collocamento.

- La norma dovrebbe essere interpretata tenendo conto dei principi, contenuti in due recenti sentenze della Corte di Cassazione (n. 28 5, 23 giugno 1999) e del Consiglio di Stato (n. 30.3, 20 maggio 1999) secondo le quali è possibile far prevalere i requisiti sostanziali della richiesta di regolarizzazione, individuabili nel tempo trascorso nel territorio (in alcuni casi un anno e mezzo di lavoro effettivo). Agevolare il rispetto della legalità dando concrete possibilità di rientro a chi ottempera al mandato di allontanamento.

 

2. Rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno (art. 5, comma 5; 4, comma 3; 6, comma 5; 22, comma 9, Testo Unico ‑ artt. 12, 13 e 3 7 Regolamento di attuazione).

 

Contesto

Notevoli difficoltà e motivi di preoccupazione stanno emergendo in conseguenza dell'applicazione dei richiamati articoli del T.U e del Regolamento che, nel loro insieme, appaiono subordinare la rinnovabilità del permesso di soggiorno alla possibilità, da parte dello straniero, di dimostrare la «disponibilità dei mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno» (art. 4, comma 3, T.U). Tale disposizione, relativa ai requisiti richiesti per consentire l'ingresso dello straniero in Italia, è implicitamente richiamata dall'art. 5, comma 5, laddove si stabilisce che «il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato». L'art. 5, comma 5 prevede che il venir meno dei requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno comporta il diniego di rinnovo o la revoca del permesso; l'art. 4, comma 3 annovera tra tali requisiti la «disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggionio». Le conseguenze di un'applicazione rigorosa delle nuove norme sul reddito e sui mezzi si sussistenza devono tener conto delle caratteristiche del mercato del lavoro italiano, in particolare dell'estensione del lavoro «nero» e del diffuso coinvolgimento degli stranieri in tale mercato e della diffusione tra gli immigrati di forme di commercio e impresa informali, che non risultano dimostrabili e per la cui regolarizzazione occorrerebbe tempo per un adeguamento e una corretta informazione. In questi casi, la disciplina previgente consentiva il rinnovo del permesso di soggiorno «per attesa occupazione». Dopo il primo rinnovo, la disponibilità del reddito non era richiesta e il rinnovo poteva avvenire sulla base della semplice dimostrazione dell'avvenuta iscrizione alle liste di collocamento.

I possibili destinatari di provvedimenti di diniego del rinnovo del permesso sono persone che risiedono in Italia da molti anni, che si presentano in questura a rinnovare il permesso per la prima volta dall'entrata in vigore delle nuove disposizioni, delle quali sono per lo più del tutto ignari.

Da un punto di vista dell'applicazione si segnalano prassi discordanti tra le varie questure d'Italia. Alcune concedono rinnovi del permesso per 5‑6 mesi, altre notificano il rigetto dell'istanza di rinnovo, e l'invito a lasciare il territorio dello stato entro 15 giorni.

Si manifesta quindi, come primo effetto dell'applicazione delle nuove nonne del T.U., un massiccio e improvviso «ritorno alla clandestinità» da parte di persone ormai stabilmente inserite perché legalmente residenti in Italia da molti anni.

Vi sono molti casi di ragazzi stranieri cresciuti in Italia (o addirittura nati qui) che, diventati maggiorenni non fanno richiesta di soggiorno fino a quando non si trovino in necessità di doverlo fare.

Casi di difficile rinnovo sono quelli che riguardano i permessi di protezione sociale, rilasciati, nella prima fase di applicazione della legge, per motivi di giustizia.

Analogo è il problema dei pochi detenuti stranieri che accedono alle misure alternative che, non avendo un permesso di soggiorno, non possono ottenere temporaneamente quello per motivi di giustizia.

 

Proposte

- L'emanazione urgente di istruzioni ministeriali che prevedano un'applicazione graduata della disciplina vigente. In ogni caso prevedere che i permessi vengano rinnovati per la prima volta per almeno 1 anno in applicazione degli artt. 36 e 37 del Regolamento. Dovrebbe prevedersi che, qualora lo straniero dimostri di essere in grado di disporre di un'offerta di lavoro, anche dopo la scadenza del permesso, si possa rinnovare il permesso, alla luce della disposizione secondo la quale il rinnovo è rifiutato «sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio» (art. 5, comma 5).

e L'adozione della direttiva del ministro dell'Interno (prevista dall'art. 4, comma 3 T.U) relativa alla definizione dei «mezzi di sussistenza», nella quale si tenga conto dei suddetti problemi.

- L'introduzione di modifiche legislative che mirino a:

‑ rendere meno rigido e vincolante il richiamo al permanere dei requisiti per l'ingresso in Italia;

‑ escludere dall'applicazione di determinate norme coloro che sono entrati in Italia prima dei 27 marzo 1998 (o meglio che erano già titolari di permesso di soggiorno a quella data), ovvero coloro che sono residenti in Italia da un certo numero di anni.

- L'applicazione dei principi contenuti in due recenti sentenza della Corte di Cassazione (n. 28 5, 23 giugno 1999) e del Consiglio di Stato (n. 30 3, 20 maggio 1999). In queste sentenze si afferma, tra l'altro, che debbano prevalere, nel­l'interpretazione della legge, i requisiti sostanziali su quelli formali richiesti dalla legge e che si debba tener conto del decorso del tempo (dimostrazione di essere soggiornanti); la sanzione per mancata richiesta e non per il ritardo della stessa. La traduzione in istruzioni ministeriali indirizzate alle questure permetterebbe di affrontare sia la questione specifica (diniego del rinnovo del permesso di soggiorno), che altre situazioni problematiche. Tra queste ultime la questione dei ragazzi stranieri cresciuti in Italia (di cui sopra).

- Un chiarimento in merito alla ricorrenza dei «seri motivi, in particolare di carattere umanitario», che, a norma dell'art. 25 della Convenzione di Schengen con­sentono di rilasciare/rinnovare il permesso di soggiorno anche a fronte di segnalazione inserita da un'altra parte contraente. Tra i criteri di cui tener conto dovrebbe esservi anche l'anzianità della residenza regolare in Italia, l'attività lavorativa, il grado di inserimento, oltre alla presenza della famiglia.

- Ripristinare il permesso di soggiomo per motivi di giustizia

- Consentire ai lavoratori dello spettacolo di poter avere un permesso di soggiorno anche collegato a più datori di lavoro.

 

3. Espulsioni e centri di permanenza temporanea (artt. 10 ‑ 17 T.U., artt. 18‑24, Regolamento)

 

Contesto

A. Dall'applicazione degli articoli riguardanti l'espulsione è emersa la difficoltà di procedere alla ratifica del fermo (48 ore), alla presentazione del ricorso (5 giorni) e all'acquisizione della risposta dei giudici (10 giorni). I pretori chiamati per la convalida non hanno il tempo sufficiente per alcun accertamento e, in casi di incertezza, procedono alla ratifica condizionata.

 

Proposte

- Divieto di espulsione (vedi minori).

- In casi di espulsione amministrativa si propone di ripristinare la sospensiva in caso di ricorso.

- Sarebbe inoltre utile estendere il divieto di espulsione anche alle persone che corrono rischi personali a seguito del loro rientro in patria (vittime della tratta).

- Sarebbe opportuno prendere in considerazione la situazione dei detenuti che, scontata la pena e seguito un programma di integrazione sociale, sarebbero soggetti a espulsione. Molti di questi casi potrebbero utilmente usufruire della possibilità di un allontanamento, ritorno in patria, senza il vincolo di attendere i cinque anni previsti a seguito dell'espulsione.

 

B. I centri di permanenza, se da un lato sono ritenuti strumenti efficaci per l'applicazione della legge, dall'altro hanno presentato diversi problemi nella fase di avviamento.

L'analisi delle espulsioni effettivamente eseguite, se da un lato evidenzia un aumento grazie all'efficacia di questa misura, dall'altro evidenzia che in alcuni centri si punta a trattenere persone socialmente non pericolose e si lasciano gli altri in libertà. In altri centri la convivenza tra soggetti più pericolosi e persone miti rappresenta un forte rischio per queste ultime. Si vorrebbero maggiori garanzie per il diritto alla difesa.

 

Proposte

- La tutela e il massimo rispetto dei diritti umani è il presupposto per il loro funzionamento.

‑ Il loro funzionamento si deve basare su una netta distinzione tra operatori che fanno assistenza e gli addetti alla vigilanza.

‑ Importante è la promozione di norme uniformi di comportamento degli operatori dei centri.

- Fondamentale è l'accesso delle associazioni di volontariato.

- Dovranno essere chiusi i centri di permanenza temporanea nei quali sono stati riscontrati problemi di rispetto dei diritti umani (di cui agli artt. 20‑23 del regolamento)

 

4. Minori stranieri/minori stranieri non accompagnanti/rimpatrio (artt. 19, comma 2; 18, comma 6,‑ 31, 32, 33)

 

Contesto

In Italia il fenomeno dei minori non accompagnati è crescente e desta grande preoccupazione. A questo fenomeno è collegato quello dello sfruttamento dei minori, dell'accattonaggio e della privazione dei diritti fondamentali dell'infanzia. La legge ha una particolare attenzione alla tutela dei minori, in quanto ne vieta l'espulsione (art. 19, c. 2) ne garantisce l'accesso ai diritti fondamentali (istruzione e salute) e in caso di espulsione (a seguito dei genitori) è richiesto il parere del tribunale dei minori (art. 31, c. 4).

Per i minori non accompagnati (art. 33) il Comitato dei minori stranieri, istituito con d.l. 113 del 13 aprile 1999) di cui è stato recentemente pubblicato il regolamento (G.U. 25 gennaio 2000) prevede il rimpatrio assistito, quando possibile, con l'affi­damento alla famiglia o, in assenza di essa, alle autorità del luogo di provenienza. Le procedure per il rimpatrio non richiedono il parere del tribunale dei minorenni, ma prevedono il diritto del minore a essere ascoltato.

 

Proposte

- Il provvedimento di rimpatrio assistito sarebbe auspicabile anche con riferimento a minori ultrasedicenni, privi di esercenti patria podestà nel territorio dello Stato, che abbiano commesso reati di una certa gravità e che destino allarme sociale, in modo particolare se si considera che la carenza di valide strutture di accoglienza, di cui il nostro Stato spesso soffre, e la tendenza comunque di quei minori ad allontanarsi con facilità dalle comunità ove sono collocati, determinano il più delle volte un loro ritorno quasi ineluttabile al mondo del crimine.

- Si segnala l'opportunità di allargare l'ambito di applicazione del permesso di protezione sociale (art. 18, c. 6) ai minori che hanno commesso reati, dal momento delle dimissioni dall'istituto per termini di espiazione della pena, a tutte le ipotesi di misure alternative alla detenzione, a esempio affidamento in prova al servizio sociale. In modo più impellente si imporrebbe un ampliamento delle possibilità del rilascio del permesso di soggiorno proprio al fine di rendere possibile l'esecuzione stessa della misura alternativa

 

5. Ricongiungimenti (art. 29, Regolamento, artt. 5 e 6)

 

Contesto

A fronte di un'apertura rispetto al passato nei confronti del ricongiungimento familiare, riconosciuto dalla legge come un diritto soggettivo e primario, le modalità di applicazione di questo diritto lasciano ampia discrezionalità alle rappresentanze diplomatiche e alle questure. La richiesta di dimostrazione della disponibilità di un alloggio oltre alla disponibilità di reddito sufficiente per il mantenimento dei ricongiunti determinano spesso lunghe attese e a volte dinieghi. Un punto della normativa sui ricongiungimenti familiari è particolarmente macchinoso, cioè l'ingresso dei familiari al seguito, che proprio per la sua farraginosità è ancora poco applicato. Irrazionale sembra la richiesta di nulla osta della questura per il visto di ingresso.

Un ostacolo al ricongiungimento è costituito dalla norma del silenzio assenso dopo i 90 giorni dalla presentazione della richiesta presso la questura, determinato prevalentemente dalla difficoltà di ottenere, dai paesi di origine, il relativo nulla osta delle questure. In questi casi i consolati, all'approssimarsi dei novanta giorni di attesa optano per il diniego.

 

Proposte

- Sarebbe opportuno riconsiderare i requisiti relativi all'ingresso del familiare principale, posticipando, ad almeno un anno di residenza in Italia quello relativo all'alloggio. Eliminare quindi la previsione regolamentare che richiede per il visto anche la dimostrazione dei mezzi di sussistenza per il viaggio e per il soggiorno.

- Si sottolinea la necessità di poter utilizzare i documenti presentati dai familiari ncongiunti anche per la richiesta della carta di soggiorno. Questi documenti sono infatti a disposizione di una delle amministrazioni italiane: rappresentanze consolari o questure, a seconda del periodo in cui sono state presentate le domande.

- Tra i certificati richiesti per la carta di soggiorno potrebbe essere eliminato quello penale rilasciato dal casellario giudiziario, che ha come effetto quello di prolungare i tempi per la preparazione dei documenti e non aggiunge informazioni a quelle che le questure potrebbero ottenere tramite i loro archivi.

- In conformità a quanto affermato dalla legge sarebbe inoltre utile favorire i ricongiungimenti di fatto, proprio per garantire il godimento di tale diritto.

 

6. Discriminazioni (artt. 43 e 44)

 

Gli articoli 43 e 44 del T. U., innovativi nel contesto giuridico italiano, richiedono, per un'efficace applicazione, un supporto specifico di un'autorità (regioni, province, comuni) che ne promuova l'applicazione (come previsto dall'art. 44, comma 12 del Testo Unico), anche in considerazione dei passi compiuti in questa direzione dall'Unione europea per l'applicazione dell'art. 13 del Trattato sull'Unione europea.

 

7. Consigli territoriali (art. 3, comma 6, T.U., art. 5 7 regolamento)

 

Sulla nomina dei prefetti alla presidenza dei Consigli territoriali (istituiti con DPCM 31 agosto 1999, pubblicato sulla G.U del 19 gennaio 2000) sono state espresse perplessità. In alcune province poi i prefetti hanno delegato i questori. Contrariamente alla disposizione del Testo Unico e del DPCM (art. 1, comma 4), i Consigli hanno sostituito organi già costituiti, sono state eliminati consigli e consulte, anche se elettive.

 

2. b) Proposte della commissione per le politiche di integrazione degli immigrati sul ricongiungimento famigliare, inviate al Governo. (Incontro del 14 marzo 2000, sui ricongiungimenti familiari)

 

Già in occasione della presentazione dei suo primo rapporto al Governo la Commissione per l'integrazione si è espressa in favore di alcune misure che potrebbero migliorare le condizioni del ricongiungimento familiare.

Partendo dalla considerazione che il tetto massimo dei diciotto anni previsto per il ricongiungimento dei figli produce due effetti perversi:

1) ricongiungimenti anticipati per evitare che il termine scada e quindi interruzione degli studi e ingresso in Italia di ragazzi non più inseribili nel mondo della scuola (viste le difficoltà di apprendere insieme nuove materie ed una nuova lingua a livello sufficientemente sofisticato);

2) ricongiungimenti clandestini a fronte di scadenza del termine;

propone di:

‑ favorire il ricongiungimento dei figli oltre i diciotto anni, alzando il termine a 20 anni e oltre se devono terminare gli studi o il servizio militare;

- attribuire un alto punteggio a parenti che vengano in Italia per sostituire genitori che rientrino in patria, nel caso in cui si volesse seguire anche in Italia il sistema dei punteggi,

- favorire il rientro in patria dei genitori, e delle madri in particolare, per gravi impegni familiari, dando priorità nella concessione di nuovi permessi a loro parenti maggiorenni liberi da carichi familiari;

‑ concentrare i ricongiungimenti dei minori in età scolare nei mesi estivi dei minori in modo che possano seguire corsi di lingua italiana prima dell'inizio dell'anno scolastico, per evitare che i bambini entrino a scuola ad anno scolastico già iniziato e affrontino e causino maggiori difficoltà di inserimento.

‑ prevedere la possibilità di ricorrere ai ricongiungimenti familiari anche per le donne vittime della tratta, a tutela di figli e parenti che, nei paesi di origine, possono incorrere in vendette trasversali a causa delle loro scelte.

 

2. c) Appello sulla protezione temporanea inviato al Governo a seguito del Convegno su: rom e sinti, un'integrazione possibile, Napoli 23‑24 giugno 2000 (3)

 

Scadenza del termine delle misure di protezione temporanea per le persone provenienti dall'area balcanica (in particolare dalla regione del Kossovo)

 

In seguito ai conflitti che avevano colpito l'area balcanica, e in particolare la regione del Kossovo, il Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 20 del Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ha adottato, con DPCM 12 maggio 1999, misure straordinarie di protezione umanitaria in favore delle persone provenienti da questa zona. I permessi di soggiorno per motivi di protezione temporanea validi per la permanenza sul territorio italiano (art. 2) avevano scadenza il 31 dicembre 1999.

Tuttavia, in considerazione dell'impossibilità per molti dei profughi che avevano beneficiato di tali misure di rientrare in patria a causa della carenza delle situazioni alloggiative perché le loro case erano state distrutte o occupate, perché le condizioni di insicurezza erano ancora gravi, tali misure furono successivamente prorogate con DPCM del 5 febbraio 2000 fino al 30 giugno 2000. La misura fu presa anche tenendo conto della raccomandazione dell'Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati.

A pochi gironi da tale scadenza, si rileva da più parti, incluso l'Office for Democratic Institutions and Human Rights dell'Osce, che la situazione di instabilità economica e politica nella regione del Kossovo non consente, fino a oggi, un rientro dei profughi in condizioni di dignità e di sicurezza per la loro vita.

La Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati, quale organo consultivo del governo, ritenendo le prospettive di evoluzione politica in Kossovo difficilmente risolvibili a breve termine, valutando positivamente le condizioni di inserimento sociale e lavorativo in Italia di molte famiglie di profughi, tra i quali molti bambini, che hanno usufruito di permessi di protezione temporanea, onde evitare che queste famiglie siano rigettate, contro la loro volontà, in una condizione di precarietà giuridica e di grave conflittualità sociale, ritiene opportuno (ai sensi dell'art. 5, comma 6 del Decreto Legislativo 286 del 1998) suggerire al Governo, di emanare, prima della scadenza del 30 giugno, misure differenziate tali da rispondere alle esigenze reali delle popolazioni interessate.

Nello specifico:

‑ procedere al rimpatrio assistito su base volontaria

‑ prorogare il permesso di protezione temporanea per coloro che vorrebbero ritornare, ma non ritengono che oggi vi siano le condizioni per farlo

‑ convertire il permesso di protezione temporanea in permesso di lavoro quando se ne presentino le condizioni.

 

3. Ricerche

 

Ricerche promosse e sostenute dalla Commissione nel corso dell'anno, su temi ritenuti di particolare importanza per la redazione del rapporto annuale. (4)

 

1. Il lavoro servile e le forme di sfruttamento paraschiavistico, Fondazione Lelio Basso, dicembre 2000

2. *Images ‑ Immagini. Rappresentazioni collettive degli italiani da parte degli immigrati, Associazione Next, dicembre 2000

3. **La qualità della vita delle famiglie immigrate in Italia, Fondazione « Silvano­Andolfi», dicembre 2000

4. * **Immigrazione e processi di internazionalizzazione dei sistemi produttivi locali italiani, Cespi ‑ Centro Studi di politica internazionale, 31 luglio 2000

5. Progetto pilota per la rimozione delle discriminazioni basate sull'apparte­nenza etnica o la nazionalità, Cgil Piemonte, novembre 2000

6. Competizione occupazionale tra lavoratori italiani e stranieri in Italia, R&P, giugno 2000

7. Dal permesso alla carta di soggiorno: i nodi problematici di un percorso di integrazione, ASGI, associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, dicembre 2000

8. Percorsi migratori di successo e politiche locali A.Me.Cu, dicembre 2000

9. Cittadini stranieri ed istituzioni: processi di integrazione ed esclusione in ambito giudiziario, Dipartimento di sociologia e ricerca sociale, Università degli studi di Milano‑Bicocca, dicembre 2000

10. Le famiglie dell'immigrazione. I ricongiungimenti familiari. Delineare politiche attive, Fondazione Cecchini Pace, dicembre 2000

11. Sicurezza e insicurezza urbana nell'esperienza migratoria: percezioni, vissuti, giudizi di donne e uomini migranti, Le Nove s.r.l., dicembre 2000

12. Famiglie musulmane, matrimoni misti: la tutela dei minori, casistica e giurisprudenza, dicembre 2000

13. Individuazione di politiche locali adeguate per la fruizione dei servizi sanitari da parte degli immigrati e dei rom e sinti, Caritas diocesana di Rorna, dicembre 2000

14. Diritti irregolari. Several national sketches on the legal status of illegal immigrants in European Countries, Cie, settembre 2000

15. La dimensione europea della questione rom/zingara. Una panoramica introduttiva, Rosa Balfour, settembre 2000

16. European Survey on Immigration Policies, Istituto psicoanalitico per le scienze sociali, novembre 2000

17. L'integrazione degli immigrati in tre città europee. Una valutazione delle misure che possono rappresentare esempi di best practices, Consiglio italiano di scienze sociali, dicembre 2000

18. Situazione attuale e ipotesi per la costruzione di Modelli di rilevazione e di stima di efficacia sulle dimensioni dei fenomeni degli infortuni sul lavoro degli immigrati, Fondazione Labos, agosto 2001

19. Il ruolo delle autorità statali e di altre organizzazioni delpaese d'origine nel processo migratorio, Cespi, ottobre 2001

20. Le politiche di integrazione lavorativa degli immigrati stranieri a livello locale. Una comparazione tra i casi di Milano (Italia), Madrid (Spagna), Turku (Finlandia), Londra (Gran Bretagna) CdiE ‑ Centro di iniziative Europa, dicembre 2001

 

*          Ricerca cofinanziata dalla Compagnia di S Paolo

**        Ricerca cofinanziata il cofinanziamento del Cnel

***       Ricerca cofinanziata dalla Compagnia di San Paolo

 

Oltre alle ricerche su menzionate, la Commissione può richiedere relazioni, rassegne bibliografiche e statistiche, approfondimenti di singoli temi finalizzati in modo particolare alla redazione del rapporto e come supporto al compito dei singoli componenti della Commissione. Per il rapporto di quest'anno sono stati chiesti contributi per l'individuazione degli indicatori di integrazione (Flavia Amato, Salvatore Strozza), per l'approfondimento del tema dell'Islam, del lavoro, dell'istruzione, della demografia dell'immigrazione e della devianza.

 

4. Quaderni

 

Per rendere disponibili i risultati degli studi, ricerche o semplici approfondimenti, e dei convegni, la Commissione cura la pubblicazione, anche sul sito all'indirizzo: www@affarisociali.it/integrazione, di «Working Paper» e Atti. L'elenco completo è:

- «Working Paper» n. 1, Massimo Strozza, Costi e benefici dell'immigrazione. Immigrazione straniera ed economia irregolare, 1999

- «Working Paper» n. 2, Nora Lonardi e Adel Jabbar, Immigrati e parte­cipazione in un contesto multietnico. Il caso del Trentino ‑ Alto Adige

- Commissione integrazione‑Ispo, Sondaggio sugli atteggiamenti degli italiani 1999

- «Working Paper» n. 4, Angela Lostia, Uniti e divisi. Le condizioni materiali del ricongiungimento familiare, maggio 1999

- «Working Paper» n. 5, Ferruccio Pastore, Pierpaolo Romani, Giuseppe Sciortino (Cespi) L'Italia nel sistema internazionale del traffico di persone. Risultanze investigative, ipotesi interpretative, strategia di risposta, maggio 2000

- «Working Paper» n. 6, Marco Mantello, Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, profili di tutela civile (art. 41 e 42 legge 6 marzo '98, n. 40); Ilaria Schincaglia, Lo straniero quale vittima di reato

- «Working Paper» n. 7, Giulio Soravia (a cura), L'immagine dell'islam nei media italiani

- «Working Paper» n. 8, Massimo Pendenza, Noi visti da loro

- «Working Paper» n. 9, Andrea Stocchiero‑Gaia Danese (Cespi, a cura), Immigrazione e processi di internazionalizzazione dei sistemi produttivi locali italiani

- «Working Paper» n. 10, Claudia Villosio (R&P, a cura), La competizione occupazionale tra lavoratori italiani e stranieri in Italia

- «Working Paper» n. 11, Commissione integrazione‑Ispo, L'atteggiamento degli italiani nei confronti degli immigrati

- Atti del Convegno «Riformare la legge sulla cittadinanza», 22 febbraio 1999 (italiano e inglese)

- Atti del Convegno «Partecipazione e rappresentanza politica degli immi­grati», Roma, 21 giugno 1999 (italiano e inglese)

- Atti del Convegno «Rorn e sinti: un'integrazione possibile», Napoli, 23‑24 giugno 2000

 

Note:

 

1) Riunioni ordinarie: 10 dicembre 1999, 7 febbraio 2000, 14 marzo 2000, 11 maggio 2000, 8 giugno 2000, 14 settembre 2000, 24 ottobre 2000, 29 novembre 2000.

 

2) Hanno partecipato:

Guido Bolaffi, Capo Dipartimento Affari sociali, Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Giuseppe Bratelli, Confindustria;

Magda Maria Brienza, Tribunale per i minori di Roma;

Sergio Briguglio, esperto;

Nicola Buccico, persidente del Consiglio Nazionale Forense;

Daniela Carlà, ministero del lavoro e della Previdenza sociale;

Massimo Capoccetti, Tribunale per i minori di Roma;

Maria Marta Farfan, Inas-Cisl;

Maria Caterina Feole, ministero del Lavoro e della Previdenza sociale;

Renato Finocchi Ghersi, Ufficio Legislativo dipartimento Affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri;

Claudio Giardullo, Silp;

Alioume Badara Gueye, Cgil nazionale;

Filippo Lubrano, Presidente ordine avvocati di Roma;

Giuseppe Magno, Ufficio giustizia minorile, ministero di Grazia e Giustizia;

Bruno Nascimbene, docente di diritto costituzionale università statale di Milano;

Ferruccio Pastore, Cespi;

Massimo Pastore, Asgi Torino;

Lorenzo Trucco, Asgi Torino;

Roberto Zazza, Coordinatore Commissione avvocatura e società civile dell'O.U.A.;

Nazzarena Zorzella, asgi Bologna.

 

3) Il presente appello è stato inviato:

al Presidente del Consiglio dei ministri Giuliano Amato;

al ministro per la solidarietà sociale, on.le Livia Turco;

al ministro dell'Interno Enzo Bianco;

al ministro degli affari estero, on.le Lamberto Dini; al ministro di Grazia e Giustizia, on.le Piero Fassino;

al ministro del Tesoro, on.le Vincenzo Visco;

al sottosegretario all'Interno Aniello Di Nardo;

al Presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati, on.le Rosa Russo Jervolino;

al Presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato della Repubblica, sen. Massimo Villone;

al Presidente della Commissione Affari Esteri e comunitari della Camera dei Deputati, on.le Achille Occhetto;

al Presidente della Commissione Affari Esteri ed emigrazione del Senato della Repubblica, sen. Giangiacomo Migone.

 

4) Molte delle ricerche in scadenza alla fine dell'anno hanno presentato rapporti intermedi e relazioni redatte appositamente come contributi al rapporto.