Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati
SECONDO RAPPORTO SULL'INTEGRAZIONE DEGLI
IMMIGRATI IN ITALIA
APPROFONDIMENTI
CAPITOLO 3.3
I RICONGIUNGIMENTI
FAMILIARI E LA FAMIGLIA
1. La famiglia nei processi migratori
È ormai
ampiamente confermato il ruolo centrale che la famiglia gioca nella strategia
migratoria del singolo [W. Dumon 1993, V. Cesareo 1993, M. Tognetti Bordogna
1995, 1997] nella scelta di migrare e nella scelta su chi della famiglia deve
partire e può partire.
La
decisione di migrare messa in atto all’inizio dal singolo è il frutto di una
strategia affinata all’interno della famiglia allargata, secondo un processo di
selezione di colui o colei che ha le «caratteristiche» per fare il lungo balzo
o per iniziare un percorso che potrà poi essere seguito da altri membri, da
altri componenti della famiglia.
La famiglia che sostiene o che promuove il progetto migratorio può essere guidata, nella sua scelta, dal desiderio di ampliare le opportunità del clan e del nucleo familiare sia da un punto di vista economico che culturale. Oltre che nella strategia migratoria la famiglia assume un peso rilevante anche nella definizione del progetto migratorio, nella sua durata e nella sua evoluzione. È la famiglia, membri di essa, la destinataria della maggior parte delle rimesse monetarie; ed è sempre la famiglia che si fa carico della cura dei figli, di tutti o di alcuni: se non sono potuti partire con i genitori, o il genitore. È produttrice o garante del patrimonio identitario, culturale.
Forte è
il peso simbolico della famiglia specialmente se, i membri sono dispersi per il
mondo.
Ovviamente
vi sono anche strategie e progetti niigratori di fuga costruiti «contro» la
tradizione e il controllo delle famiglie (1)
[v. Squarcialupi 1983].
Il
processo migratorio contribuisce però allo stesso tempo a modificare la forma
famiglia. La famiglia in emigrazione è soggetta a mutamenti, in quanto cambiano
i ruoli dei componenti in seguito alla migrazione, ma anche a causa del
cambiamento che interessa i sistemi sociali dei paesi tradizionali e dei paesi
occidentali. Il processo di transizione fisiologico a cui la famiglia è
sottoposta con la migrazione subisce un’accelerazione.
In
emigrazione cambiano i modelli di coniugalità e di coppia; il processo
migratorio mina la sopravvivenza della famiglia allargata, determinando nuove
forme, nuove dinamiche, nuove pratiche familiari i cui contorni sono tutti da
definire. Le famiglie tradizionali si affiancano a quelle interetniche, o
quelle composte da conviventi, persone unite da un legame affettivo non
codificato da un contratto matrimoniale, persone che vivono sotto lo stesso
tetto spinti da motivi economici o di solidarietà. In emigrazione è frequente
la costruzione di una sorta di parentela a base sociale, che origina un
solidarismo e una protezione fra membri della stessa comunità o tra individui
di una stessa zona, di una stessa regione. Si forma una parentela sostitutiva,
sociale, non genealogica, la cosidetta nicchia etnica, spesso unico legame
nella migrazione.
Molte
le forme che nelle diverse culture e nei vari paesi assumono le reti, i
reticoli familiari, originando tipologie assai differenziate che si aggiungono
alla famiglia in transizione, alla famiglia che cambia in emigrazione. Gli
stessi stranieri registrati presso le anagrafi comunali come singoli possono
vivere con altri o hanno lasciato al proprio paese un pezzo della famiglia
allargata.
La
stabilizzazione degli individui nel paese di immigrazione, segue percorsi e
forme familiari molteplici: ricongiungimenti familiari, matrimoni interetnici,
spose per corrispondenza, famiglie poco numerose, coppie senza prole,
«famiglie» di coabitanti non parenti. Cosi come la decisione di farsi una
famiglia può essere rimandata il più possibile nel tempo, proprio a causa del
processo migratorio, quando le condizioni economiche saranno più adeguate.
Anche
la migrazione in coppia non è priva di cambiamenti, di tensioni, di ripercussioni
sulle dinamiche relazionali e sulla dinamica riproduttiva, in quanto i coniugi
sono chiamati ad assumere nuovi stili di vita, nuovi comportamenti, nuovi
ruoli, comprese nuove modalità di socializzazione della prole, nuovi rapporti
con il paese di approdo. La migrazione può accentuare la collusione di coppia,
la solidarietà di coppia, così come può disarticolarla.
La
stessa catena migratoria a base familiare può avere una funzione di
ammortizzatore per le tensioni, le fratture, i problemi che normalmente si accompagnano
alla migrazione ma può produrre anche nuove tensioni, nuovi disagi e nuove
chance culturali.
Indipendentemente dal modello familiare, la famiglia in immigrazione è comunque una famiglia spezzata. Una famiglia spezzata, poichè da un lato i propri membri sono dislocati in diversi paesi, dall’altro poiché i nuovi stili di vita che si accompagnano alla migrazione determinano fratture, contrasti con la cultura d’origine e con il modello di famiglia allargata, della tradizione.
Mutano
i modelli di coppia e di coniugalità, così come muta il ruolo del capofamiglia,
in particolare quando la donna raggiunge l’indipendenza economica. Questo
processo è ancora più visibile nella famiglia monoparentale quando il padre è
assente perché rimasto nel paese d’origine (caso tipico delle donne filippine,
delle donne eritree, nel corso dei primi flussi migratori in Italia, delle
donne peruviane). Oppure perché psicologicamente deresponsabilizzato, con la
conseguente appropriazione da parte della donna del ruolo dominante e del
controllo sull’educazione dei figli.
L’esperienza
dell’emigrazione, con le sue rotture, culturali ed affettive, comporta la
ridefinizione, la riorganizzazione dei reticoli relazionali, in particolare i
rapporti uomo/donna, madre/padre, marito/moglie, padre/figli, madre/figli [NT.
Cesareo 1993; AAVV 1998]. Possiamo così trovarci in presenza di mariti che
dipendono da una moglie lavoratrice.
Gli
stessi modelli educativi, che hanno riferimenti, significati e modalità di
trasmissione (i riti) difformi e spesso molto distanti sono messi in
discussione. Siamo di fronte a una nuova
esperienza, perché come più volte abbiamo sottolineato, la famiglia nella
migrazione non né la famiglia di là, né la famiglia di qua.
La famiglia migrante si
colloca in un contesto, in un sistema sociale in cui i ruoli e le relazioni di
questa unità non sono più quelli gerarchici della tradizione, o di una
modernità vissuta differentemente, ma si sono modificati, o sono in fase di
modificazione. Assumono una diversa dislocazione con una conseguente marginalizzazione
del modello di famiglia più tradizionale, con l’insorgenza frequente di
conflitti nella coppia o a livello intergenerazionale.
Anche coloro che scelgono di farsi una famiglia qui, producono qualche lacerazione poiché contravvengono alle regole della tradizione (pensiamo alla coppia mista) o interrompono il contratto che avevano stipulato, anche se non esplicitamente, con la famiglia d’origine, perché investono qui, per se stessi e non per i propri famigliari in patria.
La famiglia migrante, i suoi
membri, i suoi componenti, sono sottoposti alle esigenze del qui e del là,
all’oscillazione fra il qui e il là della società così detta di accoglienza e
della società di origine.
La famiglia in emigrazione è
una famiglia che si situa tra, una famiglia che ha paura di perdere le proprie
radici oppure in una dinamica opposta, in un processo di acculturazione
forzata, recide le proprie radici in modo violento con conseguenze nel tempo
spesso dirompenti. Ma è anche una famiglia che si illude di poter fermare il
tempo e quindi non si articola con il nuovo contesto, con le regole della
società di arrivo; una famiglia con nuovi progetti, che riscopre al proprio
interno nuove risorse e nuove dinamiche.
1.1. Lavoro matrimoniale
La famiglia della e nella
migrazione, la cui diversa tipologia è determinata dai molti fattori che
plasmano il processo migratorio e il singolo progetto migratorio, creando così
le molte famiglie della migrazione, va a collocarsi all’interno della forte
dinamicità a cui la famiglia è sottoposta nell’attuale sistema sociale. Abbiamo
così famiglie che mettono in atto articolate forme e sistemi relazionali, altre
che contengono al minimo gli scambi relazionali fuori del nucleo familiare.
Così come sono altamente differenziati i comportamenti demografici (natalità,
dentro e fuori il matrimonio, numero dei figli, ecc.) [Maffioli 1994].
Se molte sono le relazioni e
le pratiche coniugali presenti nella nostra società, esse aumentano e diventano
più complesse in presenza di flussi migratori in fase di stabilizzazione.
Dinamicità, complessità che
richiede energie, più energie alla famiglia straniera per il lavoro
matrimoniale. Ancora una volta ci pare che la definizione di famiglie patchwork
[Tognetti Bordogna 1995] ben esemplifichi il lavoro di rammendo e di
ricomposizione secondo forme del tutto originali, di negoziazione, di revisione
dei rapporti, che le famiglie e in particolare le donne sono chiamate a
svolgere in emigrazione.
Lavoro matrimoniale per l’unità
economica, lavoro matrimoniale per la società, lavoro matrimoniale che aumenta
in presenza di figli. Lavoro di relazione, di tessitura, di connessione
incrementato dai continui confronti culturali all’esterno e all’interno della
famiglia, di richiesta di nuovi ruoli e di nuove relazioni fra le generazioni.
Ambito in cui anche il sistema solidaristico proprio della famiglia viene
ridefinito a causa e date le condizioni del contesto migratorio (le risorse
materiali e quelle simboliche). Luogo in cui le traiettorie e i progetti
individuali vanno ricollocati, e per alcuni aspetti conciliati.
Famiglie dai comportamenti
differenziati e dai bisogni dati che possono condizionare in modo determinante
il tipo, la qualità e la riuscita della relazione. La famiglia mista dovrà
dedicare maggior attenzione alla cura della differenza e del ricordo, allo
stato dei legami intergenerazionali, alle modalità e alle forme della
socializzazione, al diverso stile educativo ad esempio dei partner, ai
mutamenti identitari, e infme, all’elaborazione di una nuova cultura familiare.
Il lavoro matrimoniale di
questo tipo di famiglia dovrà anche riguardare la comunicazione nella coppia,
la capacità di affrontare situazioni critiche, di crisi, di conflitto. Mentre
la famiglia ricongiunta potrà essere impegnata a ridefinire i ruoli all’interno
del nucleo, e a tenere legami con gli eventuali figli o altri membri rimasti
là, a rivedere i modelli educativi e genitoriali.
Indipendentemente dal tipo e
dalla variabile a cui s intende dare primato, la famiglia straniera in
immigrazione è chiamata a costruire un’unità combinatoria, prendendo del tempo
che spesso in immigrazione non c’è, facendo tentativi e tenendo conto che è una
famiglia tra due società.
Una famiglia, quella della
migrazione, che può attivare un lavoro matrimoniale dell’instabilità, in quanto
più che muoversi secondo un proprio progetto si lascia guidare, o non può fare
altrimenti, dagli accadimenti esterni.
Famiglie il cui lavoro
matrimoniale è fortemente condizionato da un processo di cristallizzazione,
secondo il quale è il passato, il paese di origine, le sue regole - spesso
mitizzate - a determinare le scelte; quindi tutto è legato alla paura di
perdere la cultura, l’identità della tradizione, recuperando ritualità e norme
comportamentali spesso abbandonate nel paese di origine.
In altri casi il lavoro
famigliare tende ad occultare, a cancellare completamente la storia, la memoria
collettiva, il passato secondo un processo di acculturazione anche forzata,
pensando o sperando di trovare così qui una collocazione che non sia
caratterizzata da nuovi conflitti.
Molte però le famiglie il cui
lavoro matrimoniale è orientato dalla ricerca di creare e instaurare legami,
rapporti plurali di tipo transculturale, che sappiano coniugare i riferimenti
della tradizione e della modernità, secondo un processo di incremento e di
valorizzazione delle risorse familiari, mettendo così in gioco capacità inedite
di cambiamento e di adattamento.
La migrazione richiede
pertanto energia in più, per la costruzione e la riorganizzazione delle
strutture familiari capaci di tenere conto non solo della famiglia e della
società di origine, ma anche delle esigenze delle società di accoglienza,
preservando allo stesso tempo la propria identità culturale.
Analizzare, studiare le
famiglie della migrazione meglio ci aiuta a capire le modalità di articolazione
del migrante nel nostro contesto, il tipo di processo di stabilizzazione messo
in atto, i processi transculturali in corso nel nostro sistema sociale, le nuove
regole matrimoniali.
La reinterpretazione dei modelli familiari che non sono ne quelli della società di accoglienza, né quelli della società di partenza. Nonostante le complesse dinamiche brevemente enunciate la famiglia, sia quella del qui che quella del là assume un ruolo centrale sul piano simbolico nel processo migratorio e spesso anche sul piano materiale in quanto permette di mantenere qualche forma di legame con il paese d’origine e con chi è rimasto là; dando così continuità identitaria e quindi sicurezza ai membri che hanno deciso di articolarsi nel paese di migrazione.
2. Le famiglie del
qui e le famiglie del là
Tra i molti tipi di famiglie
che si possono costruire in emigrazione, ne ricordiamo alcuni che sulla base
delle ricerche sembrano essere più diffusi [M. Tognetti Bordogna 1995; AAVV.
1997, AAVV. 1998, B. Ghiringhelli 1999] nel nostro paese.
- La famiglia formata là da
tempo che ha già sperimentato il vivere in coppia in un contesto «protetto»
come il paese d’origine e che, dopo una scelta condivisa dai coniugi, decide di
migrare.
- La famiglia formata là e
che subito dopo il matrimonio migra, e si trova così a sperimentare la vita di
coppia in un contesto non noto, tutta l’esperienza della vita matrimoniale, del
lavoro matrimoniale avviene in un contesto sconosciuto o poco noto e senza la
rete della famiglia allargata.
- La famiglia formata qui fra membri che hanno la stessa o diversa appartenenza geo-culturale ma che sperimentano in emigrazione l’incontro e la vita di coppia in un contesto culturale nuovo.
- Della famiglia su base
sociale abbiamo già detto, mentre più significativo da un punto di vista
quantitativo è la famiglia monoparentale, formata da un solo genitore, con uno
o più figli.
- Sempre più frequentemente
troviamo famiglie ricomposte, tipico è il caso della donna emigrata sola,
divorziata, che si rifà una famiglia qua con un nuovo marito e nuovi figli e
poi decide di ricongiungere i figli del precedente marito, rimasto in patria.
Oppure famiglie, formate da individui che appartenevano a precedenti e diversi
nuclei familiari.
- Ricordiamo poi la famiglia
mista e la famiglia ricongiunta.
La tipologia famigliare può
essere ulteriormente articolata sulla base di quelle che sono le condizioni
particolari della famiglia interessata dal processo migratorio:
- la famiglia in fase
generativa;
- la famiglia con figli
adolescenti;
- famiglie appartenenti a
comunità poco rappresentate localmente;
- famiglie culturalmente più
lontane;
- famiglie isolate [AAVV
1997].
Questa ultima tipologia
familiare dà primato al sistema dei ruoli e delle relazioni che si creano in
immigrazione.
2.1. I matrimoni
misti: una possibile tipologia
Fra le molte forme familiari
della migrazione è in fase di crescita la «famiglia mista». Il matrimonio misto
è un unione di tipo eterogamica, un unione biculturale. Preferiamo usare il
termine matrimonio misto perché maggiormente esemplificativo della mescolanza
che si produce con questo tipo di unione, un nuovo sistema di relazioni nella
coppia e al di fuori della coppia, in quanto si confrontano due culture e
contemporaneamente si produce una nuova cultura.
Diversi e molteplici sono i
fattori alla base dei matrimoni misti [Barbara 1985]; possiamo
individuare fattori di ordine generale e fattori specifici; fra quelli
generali, che incidono positivamente sull’aumento delle unioni miste,
ricordiamo:
- l’intensità dell’omogamia
la quale varia in relazione all’ambiente;
- il grado di isolamento
topografico;
- l’affievolimento del grado
di repulsione dell’«altro»;
- la diminuzione delle
differenze di gruppo;
- lo squilibrio fra i sessi
tra i membri di uno stesso gruppo geoculturale;
- l’eterogamia, più forte fra
gli immigrati con un grado di scolarità più elevato e che nel paese di origine
appartenevano a classi sociali medie o superiori.
I flussi migratori, i continui scambi commerciali, turistici, comunicativi e l’evoluzione della società contribuiscono ad affievolire l’isolamento geografico, culturale, e a rendere sempre più ovvio l’incontro e la relazione con lo straniero. Lo straniero considerato sempre più vicino non ispira sentimenti di paura, repulsione, o tali sentimenti si vanno riducendo. Inoltre i membri dei gruppi convivendo nello stesso habitat, si contaminano, contribuendo a contenere le differenze, producendo così nuove mescolanze, nuove aperture mentali incrementate anche dal crescere dei livelli di scolarizzazione della nostra società.
Consideriamo fattori
specifici, determinati e accresciuti dagli stessi flussi migratori, la maggiore
interrelazione fra gli individui di nazionalità diverse, il progressivo venir
meno dell’influenza della famiglia nella scelta matrimoniale e il decremento
del pregiudizio razziale. Così, come sottolinea Blau [1995], la presenza di
matrimoni misti produce un effetto moltiplicatore in quanto più sono e più
vengono considerati normali. I matrimoni misti sono un fenomeno sociale che ci
aiuta a leggere la nostra società, a misurare il grado di radicamento dello
straniero nel nostro Paese e rende visibile la morfogenesi che sta investendo
l’istituzione famiglia. Sono segno della concretizzazione della frattura già
presente fra un individuo e la società di appartenenza.
Così come la decisione di
migrare contiene in sé un allentamento dei legami fra migrante e società di
origine, la decisione di contrarre un matrimonio biculturale è un segno
manifesto della non condivisione di valori tradizionali, per abbracciarne
nuovi, spesso inediti. La celebrazione del matrimonio, indipendentemente dal
rito seguito, ancor più dell’unione di fatto, rappresenta una chiara
manifestazione della non condivisione di valori, di regole, di stili di vita
tradizionali.
Il matrimonio misto
contribuisce ad allentare i legami sociali e a contravvenire alle regole del
gruppo [M.Tognetti Bordogna 1996]. Esso costituisce elemento di forza ma anche
di debolezza: di forza poiché si è qualcosa di nuovo, di diverso, di complesso;
di debolezza in quanto bisogna mettere nel conto ostilità e aggressioni.
Attrazione, rifiuto,
costruzione di nuovi linguaggi, individuazione di percorsi intermedi, confronto
sistematico con la diversità, utilizzo dei limiti come risorsa, sono tutti
sentimenti e strategie che le coppie in generale, ma le coppie miste in
particolare devono continuamente mettere in atto.
Rispetto ad altri tipi di
matrimonio, il matrimonio misto non è un «fatto sociale» che riguarda i partner
che contraggono il matrimonio ed eventualmente i membri della famiglia
allargata; esso di fatto costituisce una triplice scommessa che l’individuo fa
con sé, nel momento in cui accetta di confrontarsi con la distanza, nel senso
duplice, di luogo fisico e culturale; con la famiglia di origine, poiché va a
mettere in discussione le regole della tradizione; con la società di
accoglienza poiché crea nuove regole. Possiamo considerare il matrimonio misto
un evento collettivo in quanto determina un erosione economica che interessa
sia le famiglie di origine, che il Paese di provenienza, poiché si riduce il
flusso delle rimesse estere.
Molte le motivazioni
personali che spingono individui appartenenti a mondi diversi a creare
un’unione mista, a contrarre matrimonio: la curiosità nei confronti del
diverso, l’innamoramento travolgente, la strategia per un inserimento
accelerato nel nuovo contesto, la scelta meditata e maturata nel tempo, la
sperimentazione di chance culturali aggiuntive.
Così come la scelta di
sposarsi con un autoctono può essere determinata dalla necessità di trovare un
mezzo legale per poter arrivare o restare in un paese, un mezzo per acquisire
uno status giuridico previsto dalla nostra normativa. Questo tipo di unione può
essere definito matrimonio di convenienza, o matrimonio per le carte. Esso
rappresenta una realtà molto forte e frequente per le donne che provengono da
paesi interessati da conflitti. Consideriamo matrimoni di convenienza anche i
matrimoni contratti per sfuggire ad una situazione di miseria o di precarietà,
o per il desiderio di far parte di un ceto sociale più elevato.
Il matrimonio misto può rappresentare un valido passaporto per la società di accoglienza, specialmente se i contraenti perseguono una strategia di inserimento accelerato, in questo caso parliamo di matrimonio facilitatore. Sulla base di diverse ricerche è emersa la presenza di individui che si uniscono in matrimonio dopo la nascita di uno o più figli: possiamo parlare di matrimonio riparatore [Maffioli 1994].
Ovviamente abbiamo anche
coppie che perseguono una strategia meramente affettiva: i matrimoni elettivi.
Altri individui si sposano con cittadini di un paese occidentale per
raggiungere la modernità della società occidentale, o per conoscere altre
culture, definiamo questa unione come unione intellettuale.
Un’ulteriore tipologia è quella che riguarda individui prevalentemente maschi, che decidono di sposare una donna straniera avendola scelta su di un catalogo o avendola solo vista in foto, chiameremo questo matrimonio d’agenzia o negoziato.
L’ultimo tipo di unione da noi individuato [M.Tognetti Bordogna 1995, 1996] il più importante dal nostro punto di vista, proprio perché consideriamo la migrazione come un chance culturale, è dato da coloro che si sposano con uno o una straniera per rompere con il gruppo, con il clan, con la famiglia, con la cultura di appartenenza. Sono coloro che non condividono più i valori tradizionali, individui che abbracciano la scelta di un matrimonio o di una convivenza interetnica per motivi culturali, ovvero un mezzo per aderire a stili di vita occidentali.
2.2. I matrimoni
misti in Italia
In Italia la connessione tra
immigrazione e matrimoni misti è particolarmente evidente al punto che la
coppia mista si identifica nella coppia autoctono/a-straniera/o. Tra i tanti
indicatori della mixité coniugale, tra cui la religione, l’etnia o la
razza, è quindi riconosciuta l’appartenenza nazionale, come la miglior
variabile sulla quale basarsi per rilevare la distanza e in qualche modo la
«diversità» tra i coniugi.
Tale posizione è d’altronde
quella propria di realtà nazionali che, come quella del nostro paese, solo con
il divenire paese di immigrazione hanno conosciuto una certa differenziazione
interna da un punto di vista culturale, etnico e religioso. In altri termini in
tali contesti, l’adozione del criterio giuridico della nazionalità come variabile
identificatrice della coppia mista, sembra essere la scelta migliore poiché
capace di «racchiudere e cumulare» tutta una serie di possibili differenze
aggiuntive tra i due coniugi. D’altra parte però tale criterio sembra anche
caratterizzarsi per il seguente limite: il legame deterrninistico riconosciuto
tra «appartenenza nazionale» e «appartenenza culturale», che può esistere, ma
non necessariamente, e che varia notevolmente da paese a paese secondo le norme
in vigore circa l’acquisizione della cittadinanza da parte degli stranieri.
In Francia ad esempio, paese
in cui i nati sul suolo francese da genitori entrambi stranieri acquisiscono la
cittadinanza francese e dove è facile per lo straniero sposato con un autoctono
ottenere la nazionalità del coniuge, nel corso di una ricerca sui fallimenti
matrimoniali in caso di coppia mista è emersa la necessità di distinguere tra:
- matrimonio misto, quando i
due sposi sono di nazionalità diversa;
- matrimonio misto esogamo,
quando i due sposi sono di origine differente;
- matrimonio misto endogamo,
quando lo sposo francese è della stessa origine del suo coniuge straniero;
operando per i matrimoni endogamici un’ulteriore distinzione tra
- endogamia «nazionale», caso
in cui i due coniugi sono originari di uno stesso paese ed
- endogamia «culturale», caso
in cui i due sposi sono originari della stessa etnia o della stessa area
culturale [M’Sili 1998].
In società quindi che vanno
sempre più caratterizzandosi per il loro essere multietniche e multiculturali,
quali la Francia e l’Italia, la scelta di riconoscere come indicatore della
mixité della coppia la nazionalità dei coniugi richiede delle ulteriori
analisi e distinzioni.
Conferma del legame esistente
tra immigrazione e matrimoni misti la troviamo nei dati relativi ai matrimoni
misti civili (2) e religiosi
registrati in Italia negli ultimi anni.
Secondo stime Istat [Di Leo
2000], sulla base di una valutazione statistica indiretta, (3) il numero di coppie miste al 1999 è attorno
alle 150.000 unità, e se nell’anno dell’ultimo censimento - 1991 - il partner
straniero proveniva perlopiù dai Paesi Sviluppati e dal Sud America, in
particolare quelli che hanno accolto in passato lavoratori italiani - Germania,
Francia, Regno Unito, USA, Svizzera, Austria, Olanda, Belgio, ma anche Brasile,
Argentina e Uruguay -, oggi la presenza nuova e significativa coinvolge coppie
con partner provenienti da paesi di recente immigrazione - come i paesi
dell’Est Europa, dei Balcani, il Nord Africa e il Medio Oriente - e da paesi
meta turistica per italiani - Brasile, Santo Domingo, Cuba, Filippine, e ancora
in questo caso Egitto e Tunisia.
E invece invariata rispetto
ai dati del 1991 la composizione della coppia che ancora in due casi su tre
vede l’uomo italiano a sposare una donna straniera.
Questi ultimi matrimoni si
caratterizzano per una grande omogeneità socio-culturale, condizione che al
contrario non si registra nella composizione donna italiana-uomo straniero. Da
un punto di vista religioso, ad esempio, è possibile osservare come gli uomini
italiani si uniscano in prevalenza con donne provenienti da paesi a maggioranza
cristiana, sia cattolica - Brasile, Polonia, Repubblica Domenicana - sia
ortodossa - Romania, ex-Urss. Le prime provenienze significative per diversità
di religione sono il Marocco al 130 posto e la Thailandia in 150 posizione. In
tale graduatoria è di difficile collocazione l’Albania, paese considerato a
maggioranza musulmana ma con importanti minoranze ortodosse e cattoliche.
Quando invece è la donna
italiana a scegliere un coniuge straniero la similarità dei coniugi da un punto
di vista sociale, culturale e religioso sembra venire meno. Da una stima
provvisoria effettuata sulla base delle provenienze, nel caso dei matrimoni
celebrati nel 1995 è possibile osservare come le unioni con uomini stranieri
siano nel 35-40% dei casi tra persone di religione diversa dalla cristiana,
nella quasi totalità si tratta di persone di fede islamica. Di queste ultime
unioni (che raggiungono i 1.100-1.200 casi all’anno) circa il 40% sono
registrate nelle regioni del Nord-Ovest, il 13% nelle regioni del Nord-Est, il
20% al Centro, il 20% al Sud e il 7% nelle Isole.
I dati oggi a disposizione
permettono di rilevare l’incidenza dei matrimoni misti sul totale matrimoni per
gli anni che vanno dal 1995 al 1997, così come l’incidenza delle separazioni e
dei divorzi «misti» sul totale di separazioni e divorzi registrati sempre negli
anni 1995-1996-1997. Quest’ultimo dato, che prende in considerazione il paese
di nascita e non la cittadinanza è da presumere sia, anche se di poco,
sopravalutato in quanto comprende anche il caso di separazione e divorzio di un
cittadino italiano di nascita ma nato all’estero.
Divorzi e separazioni in
Italia. Totale matrimoni e matrimoni misti. Anni 1995-96-97.
Divorzi |
|||
Anno |
Misti |
Totale |
Incidenza |
1995 |
2.119 |
27.038 |
7,8% |
1996 |
2.526 |
32.717 |
7,7% |
1997 |
2.570 |
33.342 |
7,7% |
Separazioni |
|||
1995 |
3.833 |
52.323 |
7,3% |
1996 |
4.430 |
57.538 |
7,7% |
1997 |
4.905 |
60.281 |
8,1% |
Fonte: Istat
Anche i dati relativi ai
matrimoni interreligiosi e interconfessionali (4)
sottolineano innanzitutto come l’Italia sia diventata un paese
multietnico, multiculturale e multireligioso a seguito dei movimenti migratori
che negli ultimi anni l’hanno vista paese di immigrazione. A questo riguardo, i
dati riferiti a un campione di 150 Diocesi distribuite in maniera diversificata
sul territorio italiano: 43 al nord, 35 al centro, 28 al sud e 14 nelle isole,
pari a una popolazione di circa 36 milioni di persone, evidenziano che i
matrimoni interreligiosi si caratterizzanò per l’essere celebrati nella gran
parte tra cattolici e musulmani provenienti dal Nord Africa e Medio Oriente,
negli ultimi due anni anche dall’Albania, mentre i matrimoni interconfessionali
si distinguono per il coinvolgimento di cristiani cattolici e cristiani
ortodossi o evangelici provenienti prevalentemente dell’Est Europa - Romania,
Bulgaria, ex Unione Sovietica [Ghiringhelli 2000].
I dati delle dispense
confermerebbero poi quanto precedentemente detto circa la composizione di tali
coppie: a sposare persone di fede islamica sono le donne cattoliche italiane,
mentre nei matrimoni interconfessionali sono implicati uomini italiani. Nel
panorama dei matrimoni con dispensa un discorso a parte è da riservare ai
matrimoni con buddisti, in quanto fenomeno non attribuibile in maniera
significativa alla presenza straniera di fede buddista nel nostro paese
piuttosto che all’avvicinarsi al buddismo di un numero sempre maggiore di
italiani, in gran parte donne.
Matrimoni con dispensa,
differenza di sesso del partner musulmano. Serie storica 1995-1998
Anno |
1995 |
1996 |
1997 |
1998 |
1999 |
Maschi |
95 |
76 |
79 |
71 |
321 |
Femmine |
29 |
27 |
28 |
29 |
113 |
Totale |
124 |
103 |
107 |
100 |
434 |
Fonte: Dati Conferenza Episcopale Italiana, elaborazione Cadr.
Differenza per anno e per
sesso del partner musulmano. Prime due nazionalità per numero di casi. Serie
storica 1995-1998
Anno 1995 |
Anno 1996 |
Anno 1997 |
Anno 1998 |
||||
Maschi |
Femmine |
Maschi |
Femmine |
Maschi |
Femmine |
Maschi |
Femmine |
Marocco 28 |
Marocco 12 |
Marocco 17 |
Albania 8 |
Marocco 22 |
Albania 10 |
Marocco 16 |
Albania 9 |
Tunisia 13 |
Albania 10 |
Tunisia 13 |
Mar-Tun 3 |
Iran 10 |
Marocco 2 |
Albania 12 |
Marocco 7 |
Fonte: Dati Conferenza Episcopale Italiana, elaborazione Cadr.
Matrimoni con partner di altre
confessioni/religioni. Confronto anni 1995-1996-1997-1998
|
Anno 1995 |
Anno 1996 |
Anno 1997 |
Anno 1998 |
||||
|
M |
F |
M |
F |
M |
F |
M |
F |
Cristiani |
36 |
60 |
37 |
61 |
54 |
58 |
46 |
73 |
Nuovi Mov. Rel. di Matrice
Cristiana |
1 |
2 |
- |
1 |
3 |
4 |
1 |
- |
Religioni Tradizionali
Asiatiche |
7 |
18 |
7 |
25 |
11 |
16 |
9 |
22 |
Religioni Tradizionali
Aricane |
- |
- |
- |
- |
2 |
- |
- |
- |
Nuovi Mov. Rel. di Matrice
Islamica |
- |
1 |
- |
1 |
- |
- |
- |
- |
Ebrei |
7 |
3 |
8 |
1 |
9 |
9 |
12 |
4 |
Non Battezzati |
72 |
28 |
53 |
43 |
58 |
51 |
72 |
52 |
Atei |
53 |
29 |
39 |
45 |
56 |
48 |
57 |
48 |
Non Specificato |
15 |
17 |
13 |
13 |
22 |
11 |
20 |
8 |
Fonte: Dati Conferenza Episcopale Italiana, elaborazione Cadr.
Ancora oggi in Italia sono
rari gli studi e le ricerche sui matrimoni misti [Sussi 1991-1992, Tognetti
1996, Gatti 1991, Mosconi-Rinoldi 1988], in questo contesto se ne vuole
ribadire l’importanza e la necessità essendo tale fenomeno espressione
a) dell’inserimento di
persone di culture altre nella società e
b) della modifica delle
tradizionali norme matrimoniali legate alla regola omogamica [Elias 1991].
Al contempo l’unione mista
risulta essere la «manifestazione di un cambiamento» e uno «stimolo al cambiamento»
a) delle pratiche e
b) delle relazioni personali
quotidiane [Bourdieu 1980].
In altre parole, l’attenzione
alla coppia mista trova origine nel suo presentarsi quale laboratorio
particolare e naturale che contribuisce alla comprensione di come si sviluppano
le forme di vita familiare, si integrano gli stranieri e si trasformano le
norme sociali [Scbnapper 1998, Streiff-Fenart 1989].
Pertanto, i giudizi che
ancora oggi riconoscono l’unione tra un cittadino italiano e una persona
straniera quale evento eccezionale, deviante e trasgressore di regole
matrimoniali precise, quale segno di disintegrazione sociale e anomia, non
tengono conto del fatto che inevitabilmente il pluralismo culturale e valoriale
che sempre più caratterizza il nostro paese, e in generale le società
occidentali, comporta dei cambiamenti coinvolgendo tutte le regole della
società, comprese quelle matrimoniali.
È allora importante cercare
di cogliere e analizzare se e in che modo il matrimonio tra autoctoni e
stranieri influisce sul processo e sul percorso di integrazione degli immigrati
in Italia.
Già per Weber [1961] il
costituirsi dei matrimoni misti è sinonimo di diminuzione di pregiudizio
razziale, Tinker [1973] parla dell’unione mista quale sensibile indicatore
della permeabilità delle frontiere etniche, mentre studi britannici e
nord-americani sugli atteggiamenti di pregiudizio etnico sottolineano come
l’accettazione o il rifiuto delle relazioni matrimoniali costituiscano gli
indicatori più significativi della distanza tra i gruppi [Streiff-Fenart,
1989].
Ma il legame esistente tra
matrimoni misti e immigrazione non deve portare a riconoscere come scontato e
automatico il nesso esistente tra matrimonio misto e integrazione del coniuge
straniero. E necessario infatti tenere conto della varietà delle possibili
scelte di inserimento determinate, il più delle volte, dal diverso significato
riconosciuto al termine integrazione. In qualsiasi caso però, l’integrazione
sembra dipendere non solo dalla volontà del migrante ma anche da altri fattori
da lui indipendenti, soprattutto strutturali, quali lo statuto giuridico
riservato ai coniugi di origine straniera, la loro condizione di soggiorno, di
lavoro e le possibilità di acquisizione della cittadinanza nel paese di
immigrazione.
A tal proposito l’esperienza francese [Collet, 1998] rileva tre possibili «modelli di integrazione» del partner straniero, ciascuno dei quali si caratterizza per una specifica combinazione di ethnos, in quanto appartenenza e/o riferimento culturale (fattore individuale), e di demos, inteso quale partecipazione politica nel paese di immigrazione (fattore strutturale).
|
ETHNOS |
DEMOS |
integrazione in quanto
étranger |
l'individuo fa riferimento
all’ethnos d’origine |
l’individuo non esercita il
demos nel paese di immigrazione |
integrazione in quanto
national |
l’individuo abbandona
l’ethnos d’origine |
l’individuo esercita il
demos nel paese di immigrazione |
integrazione in quanto
citoyen |
l’individuo preserva il suo
ethnos d’origine |
l’individuo esercita il
demos nel paese di immigrazione |
La conclusione dell’indagine
sottolinea però il debole legame esistente tra scelta matrimoniale mista e
integrazione, riconoscendo all’opposto un forte legame tra matrimonio misto e
«inserimento istituzionale», grazie alla possibilità per il coniuge straniero
di acquisire con una certa facilità la cittadinanza del partner.
Tra le politiche relative al
processo di integrazione degli immigrati rientra quindi a pieno titolo la
normativa sull’acquisizione di cittadinanza dato che proprio con tale evento,
almeno da un punto di vista formale, si raggiunge la perfetta parità di
diritti-doveri rispetto alla popolazione autoctona.
In Italia oggi per lo
straniero coniugato con cittadino italiano è facile acquisire la cittadinanza.
I requisiti richiesti sono i seguenti: 6 mesi di durata matrimoniale se
residenti o tre anni se la dimora è fissata all’estero, ne pregiudicano
l’acquisto condanne per reati gravi. Pertanto, la facilità all’acquisizione della
nazionalità in seguito al matrimonio e la difficoltà ad ottenere lo status
giuridico per gli stranieri residenti, giustifica il fatto che, nel nostro
paese, come precedentemente accennato, la tipologia di accesso alla
cittadinanza che totalizza il maggior numero di casi è quella per matrimonio
[Bisogno-Gallo 2000].
Analizzando i dati sui casi
di acquisto della cittadinanza si evidenzia quanto detto rispetto alla realtà
francese: non è solo la normativa a condizionare e determinare l’acquisizione
della cittadinanza da parte dello straniero, ma vi sono anche tutta una serie
di altri fattori - i cosiddetti fattori individuali - quali il progetto
migratorio, l’interesse dello straniero a conseguire la cittadinanza del paese
in cui vive, la durata della residenza e la provenienza degli immigrati che
incidono su una tale scelta.
Acquisizione di cittadinanza secondo la tipologia di acquisto su istanza con discrezionalità. Suddivisione dei casi per residenza e dei casi per matrimonio. Anni 1991- 1997.
Anno di acquisizione |
Acquisizione per residenza |
Acquisizione per matrimonio |
1991 |
327 |
3.831 |
1992 |
524 |
3.680 |
1993 |
577 |
5.377 |
1994 |
467 |
5.373 |
1995 |
743 |
6.587 |
1996 |
931 |
6.200 |
1997 |
959 |
8.630 |
Totale |
4.528 |
39.678 |
Fonte: Istat
Nonostante infatti la
rilevante presenza sul territorio italiano di immigrati provenienti dal Nord
Africa, le provenienze per le quali si sono registrate il maggior numero, o
meglio gli incrementi più significativi nel numero delle acquisizioni sono quelli
appartenenti all’Europa centro-orientale (in particolare Romania ed
ex-Jugoslavia) e all’America Latina (in particolare Argentina e Rep.
Dominicana).
Anche la distribuzione per
sesso dei dati relativi all’acquisizione della cittadinanza del 1997 ben evidenzia
il nesso esistente tra acquisto di cittadinanza e matrimonio misto. Abbiamo
detto che a sposare gli uomini italiani sono oggi soprattutto donne dell’Est
Europa e del Sud-Centro America, mentre a sposare donne italiane sono ancora
soprattutto uomini del Nord-Africa: ecco che nel 1997 l’86% dei riconoscimenti
concessi a persone dell’Europa centro orientale ha riguardato donne, così come
quelli concessi a persone dell’America Latina (80%). Al contrario la quasi
totalità di acquisizioni a favore di uomini si è registrata per i paesi del
Nord-Africa.
A questo proposito è da
rilevare che, se la maggioranza, se non la totalità delle donne sposate a
uomini italiani appena trascorso il tempo «legale» di attesa per la
presentazione della domanda di cittadinanza procede per l’ottenimento della
stessa, gli uomini stranieri che sposano donne italiane non sembrano essere
altrettanto decisi e veloci nel fare questo passo.
È anche vero che diverso
risulta essere il percorso di formazione delle due tipologie di coppia mista.
Le coppie dove l’uomo è italiano generalmente vedono la donna straniera essere
appena arrivata in Italia o addirittura arrivare in Italia proprio a seguito o
per matrimonio, ed è soprattutto in tali situazioni che si rilevano i casi di
matrimoni fittizi, funzionali all’ottenimento di un documento regolare per
soggiornare in Italia. Al contrario, le coppie dove compagno della donna
italiana è un uomo del Nord-Africa si formano perlopiù nel nostro paese, nel
quale la parte straniera risulta soggiornare regolarmente già da qualche anno.
Anche per tali coppie è però da segnalare l’aumento, soprattutto per paesi
quali la Tunisia e l’Egitto, ormai meta di vacanze estive, di casi di
«immigrazione a seguito o per matrimonio con cittadino italiano».
È comunque evidente come
l’attuale normativa rischi di incoraggiare i cosiddetti matrimoni di comodo,
non fornendo strumenti per negare effetto ai matrimoni fittizi, salvo che essi
non siano impugnati a norma di legge da uno dei due coniugi. Pertanto, nel
dibattito oggi in corso sulla necessità di modifica dell’attuale legge relativa
all’acquisizione della cittadinanza, questo punto risultà messo in discussione.
Le stesse proposte presentate dalla Commissione, su esigenze sollevate dalla
ministra Turco, sono orientate soprattutto all’accorciamento dei tempi di
attesa per la naturalizzazione degli stranieri non Ue, al facilitare
l’acquisizione della cittadinanza ai nati in Italia e all’alzare gli anni di
matrimonio e di residenza necessari all’acquisizione per questa via. Scelte
queste ultime che avvicinerebbero la nostra legislazione nazionale alle
legislazioni vigenti negli altri paesi dell’Unione Europea.
Non è da dimenticare che la
«lotta contro i matrimoni fittizi» è riconosciuto come uno degli obiettivi da
perseguire per il miglioramento della cooperazione tra gli Stati Ue in materia
di immigrazione e di asilo.
Tale politica è d’altronde la
sola che può realmente tutelare le stesse famiglie miste. Le unioni di comodo
infatti, alimentando pregiudizi nei confronti delle realtà familiari miste,
vanno a incidere sui comportamenti sociali - ma anche sulle decisioni di legge
- nei loro confronti.
Infine è necessario
soffermarsi sul rapporto famiglia mista/servizi. Forse anche perché fenomeno
recente, sembra che oggi la famiglia mista con difficoltà riesca a trovare
presso i servizi territoriali risposte ai bisogni specifici che la
caratterizzano. Il fatto di essere nuclei composti da persone con cittadinanza,
cultura, religione e tradizioni familiari molto spesso lontane, pone infatti
tali famiglie ad affrontare e superare questioni che richiedono un intervento
esterno, sia esso giuridico o di mediazione/supporto familiare, che molto
spesso però non risulta essere qualificato per tali interventi. Le diverse
categorie di professionisti - dagli assistenti sociali agli avvocati, dagli
psicologi agli insegnanti - sembrano nella gran parte dei casi sostenere i
nuclei misti riconoscendo con difficoltà la loro bi-appartenenza, di qualsiasi
tipo essa sia. Questo non riflette una posizione decisa a priori che vuole il
coniuge straniero sposato con un autoctono necessariamente assimilato alla
cultura (alla religione, alle tradizioni, alla legge) del paese di residenza,
quanto piuttosto la mancanza di una adeguata conoscenza delle problematiche
proprie della famiglia mista, e quindi la non conoscenza di efficaci ed
efficienti strumenti per intervenire e leggere la situazione nella sua
complessità e peculiarità. Ricerche locali in corso nella realtà milanese e
romana registrano infatti la richiesta da parte di coloro che operano nei
servizi territoriali di un aggiornamento della propria formazione sulle
tematiche legate alla presenza di nuove realtà familiari, tra le quali posto di
primo piano occupano la famiglia mista e la famiglia immigrata, per la quale
peraltro si registra una maggior capacità di intervento rispetto a quella
mista.
Questa necessità è stata
denunciata più volte dalla Presidenza della Commissione Speciale in Materia
d’Infanzia del Senato che ormai da tre anni si è fatta promotrice di un gruppo
di lavoro, composto da professionisti delle diverse discipline e da esperti dei
diversi ministeri, sul fenomeno della sottrazione internazionale dei minori e
sui temi legati alla tutela dei nuclei familiari misti. (5)
Questi sembrano allora poter essere i principali punti di attenzione e le seguenti priorità di intervento:
1. formazione specifica e
aggiornata degli operatori-professionisti (avvocati, magistrati, assistenti
sociali, insegnanti, ecc);
2. informazione di coloro che
direttamente sono coinvolti in una relazione familiare mista sulla legislazione
nazionale e internazionale su temi quali la separazione, il divorzio, il
riconoscimento dell’affidamento dei bambini, ecc. (molteplici e diversi possono
essere gli strumenti e i canali informativi: opuscoli e vademecum in
distribuzione negli uffici matrimoni e nei consolati, giornali femminili,
ecc.);
3. piano di comunicazione
mass-mediatica realistica e non allarmante sulla realtà dei matrimoni isti (si
pensi alla strumentalizzazione dei casi di sottrazione di minori);
4. incremento delle ricerche
sia locali sia nazionali;
5. modifica della legge sulla
cittadinanza;
6. promozione della ratifica
delle convenzioni internazionali di tutela dei minori con l’obiettivo di
arginare il fenomeno del legal-kidnapping;
7. lavorare a livello Ue per
una lettura comune dei testi convenzionali (Aja 1980, Lussemburgo 1980) (6) che hanno trovato ratifica da molti paesi;
8. stipulazione di accordi
bilaterali sulle questioni familiari con i paesi da cui maggiormente provengono
i partner stranieri.
2.3. La sottrazione
dei minori. Interventi del ministero degli Affari Esteri
Sugli aspetti legati alla
sottrazione dei minori, che in qualche modo sottolineano la necessità di una
maggiore sensibilizzazione sul fenomeno, è comunque da rilevare non solo il
crescente interesse delle istituzioni centrali - ministero degli Esteri,
ministero di Grazia e Giustizia, ministero della Solidarietà Sociale, ministero
delle Pari opportunità - ma anche delle istituzioni locali.
Il ministero degli Affari
Esteri in questi anni ha svolto una importante attività in questo settore per
aumentare la propria capacità di intervento ogni qual volta viene interessato
ad un caso di separazione tra coniugi di diversa nazionalità che comporta
problemi di affidamento e sottrazione dei minori nati nel matrimonio.
Innanzitutto ha realizzato una banca dati dei casi (vd. tabella allegata); ha
inoltre messo a punto, sulla base della legge consolare, e delle Convenzioni
internazionali, in stretta collaborazione con le altre amministrazioni
competenti e con esperti giuridici per esempio di diritto islamico - strategie
e procedure di intervento con il precipuo scopo di tutelare i figli in casi di
illecita sottrazione. I casi attualmente registrati presso la Farnesina sono
185 dei quali 89 che investono Paesi europei, 76 paesi extraeuropei e 21 con
paesi di diritto islamico. Gli Stati Uniti e la Germania sono i Paesi con i
quali attualmente si registra il più alto numero di casi (rispettivamente 17 e
16) ed il Marocco quello maggiormente coinvolto tra i Paesi islamici. Il
ministero degli Affari Esteri avvalendosi della preziosa collaborazione di
esperti interni ed esterni all’amministrazione, ha inoltre predisposto un
opuscolo informativo, destinato in particolare ai genitori che rischiano più di
altri di subire la sottrazione del proprio figlio minore, con lo scopo di
fornire informazioni di carattere pratico, volte sia a prevenire il verificarsi
del problema sia a ridurne l’impatto e suggerire possibili soluzioni. Si tratta
di consigli generali, dettati dall’esperienza di chi si trova ogni giorno
confrontato con questo problema.
Di norma gli interventi che la Farnesina mette in atto, in raccordo con la Sede estera interessata, quando è richiesta di intervenire a tutela e protezione di minori illecitamente sottratti e dopo aver valutato la concreta possibilità di intervento, possono riguardare il coinvolgimento dell’Ufficio Interpol per disporre le ricerche al fine di localizzare il minore illecitamente trasferito o trattenuto all’estero; oppure disporre l’effettuazione, qualora necessario e/o utile, di visite consolari - anche per il tramite dei servizi sociali locali, nel rispetto delle leggi dello Stato in cui si trova il minore al fine di ottenere informazioni sulle sue condizioni di vita e di salute; consigliare un avvocato di fiducia, esperto in materia, per l’eventuale avvio di una procedura giudiziaria in loco, diretta ad ottenere il rientro del bambino in Italia, o ancora di esercitare, nell’ambito delle competenze attribuite al Console dall’art. 34 del D.P.R. 5 gennaio 1967 n. 200, i poteri di giudice tutelare, con la limitazione che essi producono effetti validi esclusivamente per l’ordinamento giuridico italiano e si riferiscono ai minori interessati soltanto in quanto cittadini italiani.
Alla luce della esperienza
maturata in questi anni nei quali il Ministero degli Esteri ha visto aumentare
in maniera esponenziale le richieste di intervento in casi di «kidnapping
internazionale», è cresciuta parallelamente la consapevolezza di quanto sia
necessario che, anche da parte delle Istituzioni, vi sia il massimo impegno per
esperire ogni tentativo di conciliazione amichevole con il genitore che ha
trasferito il minore, in vista di una definizione positiva della controversia.
Efficaci inoltre si sono rivelati in diversi casi gli interventi di carattere
più diplomatico presso le autorità locali per esplorare congiuntamente una
rapida soluzione del caso, nel rispetto della normativa locale.
Sensibile attenzione viene
poi rivolta alla diffusione delle informazioni sul problema della sottrazione
internazionale dei minori nel convincimento che soltanto una maggiore
consapevolezza da parte degli interessati sulle condizioni giuridiche,
socio-psicologiche, legali che contraddistinguono un «matrimonio misto», può
limitare la portata dei danni di una separazione, che ricadono principalmente
sui figli minori. In tal senso si è provveduto a diffondere presso le
Ambasciate nei Paesi islamici e presso i Comuni italiani un opuscolo
informativo - redatto dal Codist (Comitato donne sposate a tunisini) contenente
utili indicazioni circa la normativa giuridica islamica in materia di
matrimonio e filiazione.
L’azione informativa sta ora proseguendo con la redazione del vademecum in particolare dedicato al problema della sottrazione e che verrà distribuito ugualmente presso le Sedi all’estero e i Comuni italiani. Sempre al fine di migliorare l’informazione delle coppie miste ed agire in maniera da prevenire il problema, si intende inoltre incentivare la costituzione in alcuni Paesi di appositi Centri informativi per famiglie miste su modello del citato Comitato già esistente a Tunisi. I Centri, che dovrebbero costituirsi come Associazioni senza scopo di lucro e godere di contributi ministeriali, potrebbero offrire un ampio e dettagliato ventaglio di informazioni a carattere giuridico nonché un supporto logistico e morale alle famiglie in difficoltà, affiancandosi all'azione svolta dalla rete diplomatico‑consolare.
Sottrazione internazionale e
tutela di minori
Paesi europei |
Paesi extraeuropei |
Paesi islamici |
|||
|
|
Nigeria 1 |
1 |
Algeria |
1 |
Austria |
4 |
Costa d'Avorio |
1 |
Egitto |
3 |
Belgio |
5 |
Argentina |
6 |
Giordania |
2 |
Croazia |
4 |
Australia |
5 |
Libano |
2 |
Danimarca |
2 |
Brasile |
9 |
Libia |
2 |
Estonia |
1 |
Canada |
2 |
Marocco |
5 |
Finlandia |
2 |
Cina |
1 |
Mauritania |
1 |
Francia |
7 |
Colombia |
4 |
Siria |
3 |
Germania |
16 |
Guatemala |
1 |
Tunisia |
2 |
Gran Bretagna |
5 |
Mauritius |
1 |
|
|
Grecia |
2 |
Messico |
5 |
|
|
Irlanda |
3 |
Perù |
1 |
|
|
Bosnia |
2 |
Rep. Dominicana |
3 |
|
|
Paesi Bassi |
3 |
Stati Uniti |
17 |
|
|
Polonia |
5 |
Sudafrica |
2 |
|
|
Portogallo |
1 |
Tahilandia |
1 |
|
|
Repubblica-ceca |
2 |
Venezuela |
2 |
|
|
Rep. Slovacca |
3 |
Ecuador |
1 |
|
|
Romania |
2 |
Cile |
3 |
|
|
Serbia |
1 |
Filippine |
2 |
|
|
Spagna |
2 |
Giappone |
1 |
|
|
Ucraina |
1 |
Nicaragua |
1 |
|
|
Svezia |
1 |
Cuba |
1 |
|
|
Svizzera |
7 |
Capoverde |
1 |
|
|
Turchia |
1 |
Etiopia |
1 |
|
|
Ungheria |
1 |
|
|
|
|
Tot. Parziali |
89 |
|
76 |
|
21 |
Tot. generale 185 al
2.10.2000. (Al 1 gennaio 1999 i casi erano circa 78)
3. Il
ricongiungimento familiare
Il ricongiungimento familiare
degli stranieri è ormai una realtà molto significativa anche dal punto di vista
numerico. t un fenomeno visibile nelle grandi città ma diverrà una realtà
sempre più comune in tutto il territorio mazionale, proprio in base alla scelta
di politica per la famiglia attivata in modo decisivo con la legge n. 40 del
1998. Essa oltre a sancire «il diritto a mantenere o a riacquistare l'unità
familiare nei confronti dei familiari stranieri introduce significative
modificazioni nelle nonne sul ricongiungimento familiare [Lostia 1999].
Nel 1998 il ricongiungimento
familiare è stato il principale motivo di ingresso in ltalia di persone
straniere non europee, pari a 48.492 ingressi. Il numero più significativo
degli ingressi ha riguardato il Marocco e l'Albania. Nell'anno successivo
(1999) i visti emessi per ricongiungimento sono stati 44.669; mentre nel
periodo gennaio 2000‑agosto 2000 i visti hanno raggiunto la quota di
30.082 [ministero Affari Esteri 2000]. Sono sempre il Marocco e l'Albania a
primeggiare per il numero di visti (7)
[Conti, Strozza 2000].
La maggior presenza di
famiglie ricongiunte si ha nelle regioni del Nord Italia. Un fenomeno
significativo quello del ricongiungimento che oltre alla stabilizzazione dei
flussi migratori prelude anche a grandi cambiamenti. E come nel corso del
nostro lavoro di ricerca (8) ci ha
detto una donna straniera, il ricongiungimento familiare «non è totalmente
negativo, né totalmente positivo», è un processo e un percorso di vita che
«delle volte funziona e delle volte no, non può esistere una formula giusta».
Certamente rappresenta un punto di arrivo per le famiglie ma costituisce anche una svolta nel percorso di queste famiglie o di pezzi di queste famiglie, come sottolinea A. Lostia [1999] esso è l'inizio di «un percorso di ricostruzione su nuove basi». Oltre ad essere un istituto che tutela il diritto all'unità della famiglia, con particolare riguardo al diritto dei bambini a vivere con i propri genitori, è uno strumento che può favorire la stabilizzazione dei flussi migratori, e una maggior articolazione di essi nel nostro contesto; è altresì indicatore del grado di stabilizzazione degli immigrati e segno di un maggior investimento nel paese di approdo [Lostia 2000, Tognetti Bordogna 2000, Conti, Strozza 2000]. Ma anche istituto generatore di cambiamenti nelle caratteristiche dei flussi, esso oltre ad avere il tasso di crescita più elevato fra i motivi migratori nel nostro paese, ha raggiunto un grado di femminilizzazione dell'81 % [Pittau 1999].
L'istituto del
ricongiungimento rende visibile a tutti che l'immigrazione non è tanto solo il
maschio adulto lavoratore in transito ma una presenza stabile che intende
mettere nuove radici qui. La presenza del nucleo familiare costringe e
determina, specialmente in presenza di bambini, la rottura dell'isolamento a
cui troppo spesso è costretto lo straniero, l'apparire di nuovi bisogni e nuove
richieste sulla scena delle politiche, ad utilizzare le risorse del territorio
in modo differenziato da parte dei diversi membri del nucleo.
Possiamo dire che l'avvio
delle pratiche per il ricongiungimento, da parte di un immigrato o
un'immigrata, mette in gioco una struttura di saperi sul proprio status e
di relazioni sociali in cui è inserito/a, che riflette il processo
d'integrazione conseguito, molto di più di altre necessità formali burocratiche
alle quali è di vitale importanza adempiere. (9)
A spendere, per i consumi qui, e molto di più [Conti, Strozza 2000]. (sic)
L'istituto del
ricongiungimento pur riconosciuto come diritto dello straniero, richiede però
per diventare tale a tutti gli effetti il superamento di molteplici difficoltà
che si manifestano in modo differenziato in relazione al tipo di ricongiungimento
e al progetto di ricongiungimento.
Difficoltà di tipo
burocratico, comprendere i meccanismi e le regole sottese a questo diritto, la
preparazione della documentazione, l'attesa dei tempi tecnici, che variano da
regione a regione, da città a città, la reinterpretazione del mandato normativo
da parte dei diversi funzionari e dei diversi operatori, la discrezionalità
legata alla dichiarazione dell'idoneità degli alloggi. Dai lavori di ricerca (10) è emerso come in molte situazioni i tempi di
decisione e attivazione del ricongiungimento siano mal conciliabili con i
vincoli procedurali e burocratici, per cui si effettua, specialmente per alcuni
gruppi geo‑culturali (Sud America, Filippine) il ricongiungimento
indipendentemente dallo «stato dei documenti», incrementando così il numero dei
ricongiungimenti illegali o «di fatto».
Questa situazione si
incrementa nel caso in cui ci si avvicini alla maggior età (parliamo di minori)
o ad un'età a rischio rispetto a ruoli che le condizioni di contesto
determinano (età dei 12 anni per i bambini eritrei). Così come si rilevano
situazioni limite, collegabili a presunti episodi di «irregolarità» nella
richiesta e ottenimento dei documenti necessari per il ricongiungimento, che in
alcuni casi diviene l'unica possibilità per uscire dall'impasse burocratica. In
sostanza, si delinea un quadro dove è necessario la «richiesta di favori» ad
eventuali intermediari istituzionali.
Tale richiesta non sempre è
riconducibile a episodi di corruzione o d'illegalità in genere, ma può essere
promossa all'interno di semplici reti amicali italiane o etniche, nelle quali
un individuo è inserito, senza nessuna contropartita in cambio. In alcuni casi,
di fronte alle difficoltà, si attivano delle «reti informative» parallele ai
circuiti e alle circolari ufficiali, che sembrano essere molto efficaci, o
comunque rassicurano colui che decide di attivare l'articolato iter del
ricongiungimento: «la rete dei ben informati».
Il rapporto con le Istituzioni in Italia (Comune, Questura) non rivela, di fondo, problemi urgenti da risolvere, se non le annose questioni come i tempi necessari alla risposta e l'estrema burocratizzazione. Piuttosto i seri problemi con le istituzioni s'incontrano nei paesi d'origine. Infatti, nel momento di attivare il processo, chi deve ricongiungere si trova di fronte a una serie di ostacoli, tra i quali i più importanti sono:
‑ estrema
discrezionalità nel processo decisionale (applicazione delle norme) e nella
valutazione dei documenti necessari;
‑ tempi estremamente
lunghi, rispetto anche ai tempi italiani, nel fornire risposte.
Nella maggioranza dei casi
segnalati dai mediatori, da noi intervistati, questi problemi sono risolti con
«vere e proprie forme di corruzione». Seguendo questa modalità è possibile
risolvere in breve tempo gli eventuali ostacoli e ottenere il permesso al
ricongiungimento. Questa pratica, economicamente remunerativa per pochi, ma
dannosa per tanti, appare diffusa in diversi consolati. Generalmente,
stando alle testimonianze, i corrotti sono in gran parte funzionari italiani.
Se da un lato possiamo rilevare come la modalità di avvio del ricongiungimento
rifletta il processo d'integrazione, in riferimento alla conoscenza delle leggi
e delle relazioni sociali costruite nel tempo dall'immigrato, dall'altro regole
certe e trasparenti per garantire l'attuazione di un diritto umano come il
ricongiungimento familiare, riflettono il grado di civiltà legale di un paese.
Dalle testimonianze e dalle
dichiarazioni degli operatori (11)
emerge come in alcune realtà la Questura promuova il ricongiungimento
familiare, a partire da una rappresentazione stereotipata dell'immigrato
maschio, emigrato da solo, potenzialmente incline a comportamenti devianti. Di
fronte a questo pericolo, la presenza della famiglia ed eventuali figli,
opererebbe come riduttore di tale potenzialità. Questo riduzionismo sociologico
posto in essere dalle istituzioni tenute a stabilire la regolarità o meno delle
procedure di ricongiungimento pone una serie di problemi. Da un lato ritenere
l'immigrato privo del sostegno familiare come un perenne stato anomico è
situazione non reale nei fatti; dall'altro si evidenzia una analisi parziale
dei processi migratori.
Le difficoltà psicologiche‑relazionali,
si tratta di modificare il progetto migratorio, di strappare parte delle radici
per riaffondarle qui, in un nuovo terreno, di ridefinire i rapporti con la
società di partenza e con la società di arrivo di instaurare nuovi rapporti con
il contesto, di intrattenere rapporti significativi con l'istituzione
scolastica, con i vicini, con gli amici del partner migrato prima. Entrare in
una relazione più densa con la società di migrazione, le sue istituzioni.
Difficoltà di tipo economico legate ai requisiti posti dalla legge (casa e reddito adeguato) ma anche all'erosione economica che si verifica poiché i membri da mantenere qui comportano costi più elevati di quanto non richiedesse mantenerli là. Scoprire che il contratto di lavoro, che si pensava fosse stato redatto secondo certi parametri e un certo tipo di retribuzione, non contiene questi accordi.
Ricordiamo inoltre un
ostacolo, determinato da precedenti scelte economiche, e costituito dalla
condivisione con altre persone dell'alloggio. Tale condivisione, che poteva
essere funzionale prima del ricongiungimento, può produrre in presenza di
parenti, uno stress e un indebolimento della coesione familiare e amicale. (12)
Con il ricongiungimento familiare, di uno o più membri, oltre a modificare il progetto migratorio, si modifica anche il percorso di vita dell'individuo, si rende necessario ripensare le strategie individuali ma anche quelle familiari, i rapporti con il qui e con il là; vengono ridefiniti altresì i propri ruoli all'interno della società e nella famiglia.
3. 1. L'istituto
del ricongiungimento nella normativa italiana ed europea
La decisione di effettuare il
ricongiungimento di uno o più membri della famiglia è una decisione complessa
che può essere determinata come abbiamo visto da molti fattori e da diverse
motivazioni. Con la legge n. 40/98 tale istituto è stato ampliato. Sulla base
della normativa può richiedere il ricongiungimento colui che è titolare di una
carta di soggiorno, coloro che hanno un visto di ingresso per lavoro
subordinato o un lavoro autonomo non occasionale, così come possono richiedere
il ricongiungimento coloro che si trovano in Italia per studio o per motivi
religiosi.
Chi è in possesso di carta di
soggiorno o abbia un permesso di soggiorno non inferiore a un anno può
richiedere il ricongiungimento per il coniuge, non legalmente separato, i figli
minori a carico (affidati, adottati o sottoposti a tutela), i figli minori nati
fuori dal matrimonio, i figli minori non coniugati o legalmente separati (previo
consenso dell'altro genitore se esiste), i genitori a carico, i parenti entro
il terzo grado a carico o inabili al lavoro (cfr. legge 40/98 art. 27).
Lo straniero che intende
richiedere il ricongiungimento deve dimostrare di avere un reddito adeguato al numero
dei familiari a carico e un alloggio idoneo, secondo i parametri minimi
definiti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale
pubblica, idoneità rilasciata dall'ente locale. Può altresì chiedere il
ricongiungimento al figlio minore soggiornante regolarmente in Italia, il
genitore naturale. Questi dovrà dimostrare, entro un anno di possedere un
alloggio e un reddito sufficiente.
Gli stranieri autorizzati al
ricongiungimento ottengono un permesso di soggiorno per motivi familiari. La nostra
legislazione al pari della legislazione di diversi paesi europei, che si stanno
orientando, secondo una relativa uniformità [Lostia 2000; Bemini, Bracalenti,
Ipsen, Wilcox 2000, Council of Europe 2000] cerca di conciliare la volontà di
contenere i nuovi ingressi e la volontà di favorire la riunificazione delle
famiglie.
Punti di accordo o di
similitudine nelle diverse legislazioni riguardano i requisiti che sono
richiesti al familiare già in immigrazione; i componenti della famiglia ammessi
per ricongiungimento, i diritti e i doveri dei membri che si sono ricongiunti.
Più legati alle specificità dei singoli paesi sono invece gli aspetti relativi
alle procedure e alle istituzioni interessate; i diversi permessi di soggiorno
che danno diritto alla riunione del nucleo familiare; le disposizioni relative
ai rifugiati e ai richiedenti asilo nonché i principali nodi e ostacoli
determinati dall'applicazione delle norme.
Per ciò che concerne il
requisito del reddito e dell'abitazione, la Svezia, fra i paesi più garantisti,
non prevede alcuna prescrizione particolare, mentre altri paesi (Germania,
Olanda, Gran Bretagna) generalmente richiedono il possesso di una casa e di un
reddito adeguati. Per quanto riguarda la casa sono richiesti requisiti di
abitabilità e il rispetto degli standard nazionali validi per l'assegno sociale
sulla casa (Francia). Mentre per il reddito sia la Norvegia che la Francia,
come del resto l'Italia, stabiliscono un reddito minimo fissato per legge. In
Olanda è sufficiente dimostrare di percepire uno stipendio di entità minima
fissata dalla legge, sono previste agevolazioni per alcune categorie di
immigrati.
I familiari ammessi al
ricongiungimento sono individuati da una legislazione assai flessibile che
comprende per alcuni paesi la possibilità di ammettere anche il
ricongiungimento delle coppie omosessuali (Svezia, Olanda), è esclusa in
generale la poligamia.
Le coppie di fatto non sono
ammesse in Gran Bretagna, Francia, Germania e in Italia (anche se recentemente
in Italia una sentenza della Corte Costituzionale ha riconosciuto ‑ per
l'integrità familiare in presenza di minore ‑ la possibilità di usufruire
del ricongiungimento per una coppia non sposata (13)
). Mentre in Olanda le coppie di fatto debbono dimostrare la «serietà» della
relazione.
I figli nella maggior parte
dei paesi possono essere ricongiunti se minori di 18 anni (unica eccezione la
Germania che fissa a 16 anni tale possibilità) se non coniugati e a carico del
genitore già in immigrazione. Mentre i genitori degli immigrati residenti non
sono ammessi in Francia, Belgio, Germania e Svizzera; in Norvegia il
ricongiungimento può essere richiesto ma non costituisce un diritto. L'Italia
da questo punto di vista risulta più aperta in quanto pone il solo vincolo dei
genitori a carico del figlio emigrato.
Altri parenti possono essere ammessi in caso di situazioni particolari (Germania, se esiste una situazione di particolare gravità), in Italia susiste il principio dei parenti a carico o inabili al lavoro entro il terzo grado.
Per quanto concerne i diritti
e i doveri sottesi ad un processo di acquisizione di cittadinanza, essi sono
legati ad una permanenza stabile sul territorio nazionale. In Italia invece
l'elemento determinante del diritto di cittadinanza è costituito dal rinnovo
del permesso di soggiorno e quindi da una relativa incertezza, poiché le
contingenze della vita possono condizionare fortemente la possibilità di
rinnovo.
I membri della famiglia sono
sostanzialmente ancorati nel loro diritto di cittadinanza al grado di stabilità
di chi effettua il ricongiungimento. Come sottolinea A. Lostia si pone il
problema certamente di garantire il diritto al nucleo familiare di vivere
unito, ma anche di come garantire i diritti individuali dei singoli membri.
In alcuni paesi (Olanda,
Norvegia, Germania) la moglie e i figli che lasciano l'abitazione familiare in
casi di maltrattamento e violenza hanno diritto a un permesso di residenza
autonomo prima dei termini di tempo norinalmente prescritti. La Germania stabilisce
che i figli che compiono 16 anni se soggiornano legalmente nel paese da almeno
8 anni, hanno diritto alla permanenza illimitata indipendentemente dal permesso
dei genitori. In Olanda è prevista l'acquisizione di un permesso di soggiorno
autonomo al compimento dei 18 anni, o prima di questa età, purchè siano vissuti
legalmente per un anno con i genitori cui sono ricongiunti.
Nel proecesso di
armonizzazione delle politiche migratorie in atto all'interno dell'Unione
Europea un primo passo importante è stato compiuto proprio in tema di
ricongiungimenti familiari. Lo scorso 6 settembre il Parlamento europeo ha
approvato (323 voti a favore, 212 contro e 38 astensioni) la direttiva sul
ricongiungimento faniiliare per i cittadini dei paesi terzi residenti legalmente
in uno Stato membro e per i cittadini che non esercitano il loro diritto alla
libera circolazione (COM (2000) 624 final, Brussel 10.10.2000). Una direttiva
che, pur assumendo la definizione di famiglia nella sua accezione più ampia,
definisce standard minimi di accoglienza e lascia agli Stati membri il diritto
di dotarsi di regole più favorevoli, introducendo anche la possibilità che non
siano esclusi dai ricongiungimenti i genitori e i figli maggiorenni del capo
famiglia.
3.2. Le forme del
ricongiungimento
Molto più articolata è invece
la dinamica legata al ricongiungimento effettivo. Le ricerche confermano la
necessità di pensare il ricongiungimento familiare in termini plurali.
Pluralità di forme, di pratiche, che variano tra i diversi gruppi geo‑culturali,
che all'interno dello stesso gruppo geo‑culturale di riferimento.
Casistica vasta che evidenzia le contingenze del progetto migratorio,
suscettibile di cambiamento nel tempo. Poichè oltre ad essere plasmata dal
dettato legislativo e dalla sua reinterpretazione è condizionata dai progetti
individuali e del nucleo, dalle condizioni di vita e di contesto sia di chi
effettua il ricongiungimento che di colui che è ricongiunto.
Il ricongiungimento assume
forme plurali attivando un processo di stabilizzazione dalle forme e dalle
modalità molteplici [Tognetti Bordogna 1995]. Abbiamo richieste di
ricongiungimento da parte di membri di famiglie che si erano temporaneamente
divise dopo che si erano costituite nel Paese d'origine, prima dell'atto
migratorio; trascorso un numero significativo di anni e create le condizioni
economiche adeguate, i coniugi rimasti «separati» anche per molto tempo,
decidono di ricongiungersi, di ricostituirsi quale coppia.
Consideriamo questo il vero
ricongiungimento poiché è la modalità usata con maggior frequenza dagli
immigrati. Ricongiungimento che al suo interno può essere distinto in:
ricongiungimento al maschile, se chi ricongiunge è il maschio, modalità
prevalente nei paesi del Nord Africa; ricongiungimento al femminile, se chi
ricongiunge è la femmina. Ci riferiamo a quelle situazioni (Filippine, Perù,
Salvador) in cui sono partite per prime le donne e create le condizioni,
arrivano in un secondo momento i mariti e/o i figli o solo i figli.
I partner che seguono questa
forma di ricomposizione sono spesso chiamati a ridefinire i ruoli e il tipo di
reticolo di sostegno che era stato costruito qui in quanto singoli. A loro è
richiesto anche di ricostruire una nuova relazione di coppia fra persone che
possono essere diventate estranee dopo una lunga separazione, vissuta in
contesti diversi.
Questo nucleo sperimenta la
duplicità della relazione di coppia; quella sperimentata là subito dopo il
matrimonio e fino alla decisione di migrare di uno dei membri, e quella che
dovranno sperimentare qua dopo che ogni membro, nel corso della fase migratoria
dei singolo, aveva già elaborato un modo compensativo di fare famiglia,
elaborando autonomamente l'assenza, la separazione e l'attesa.
Rileviamo poi il ricongiungimento in coppia che riguarda i genitori partiti lasciando i figli al paese d'origine, scelta dettata dalla volontà di far effettuare gli studi nel paese d'origine, o perchè non vi erano ancora le condizioni economiche sufficienti per partire tutti assieme, e solo successivamente decidono di ricongiungerli, all'interno di queste modalità possiamo trovare anche la formula selettiva o privilegiata: i figli arrivano secondo tempi diversi di norma prima i maschietti poi le femminucce, i membri della famiglia vengono ricongiunti separatamente e «selezionando» chi è opportuno che parta per primo ( il figlio maschio o la figlia femmina; è prima il figlio poi la madre) anche per lasciare nel paese qualche testimone della continuità identitaria, ricongiungimento asincronico.
I ricongiungimenti familiari possono essere ulteriormente distinti in ricongiungimenti:
- per scelta, quando vi è la
condivisione del progetto da parte di tutti i membri del gruppo familiare;
- per volontà di uno dei
componenti, abbiamo riscontrato come frequentemente prevalga la volontà di
colui che è economicamente più forte;
- nel momento migliore,
quando le condizioni economiche e abitative sono ritenute adeguate da chi
decide di procedere al ricongiungimento, non necessariamente questa
«adeguatezza» corrisponde ai requisiti di idoneità richiesti dalla legge e dai
diversi soggetti chiamati ad implemenatre tale istituto;
- subordinati, anche questo
tipo di ricongiungimento come il precedente viene rinviato in attesa che si
verifichi una certa condizione: che i piccolini siano più grandicelli, che i
nonni siano guariti, ecc..
Più recentemente abbiamo
rilevato la presenza di ricongiungimenti a fini fiscali, ossia i familiari sono
ricongiunti per un periodo limitato, per ottenere le agevolazioni o le
integrazioni fiscali previste dalla legge a favore dei nuclei familiari, poi
dopo un certo periodo la famiglia o parti della famiglia ricongiunta, viene
rinviata nel paese d'origine, o comunque trascorre lunghi periodi là. Questo
percorso di tipo strumentale può occultare situazioni di nuclei che non
riescono a ritrovare i ritmi e i tempi della convivenza qui.
Abbiamo riscontrato anche la
presenza di ricongiungimenti temporanei o a pendolo, finalizzati a far studiare
qui i figli, o per farli nascere qui, dando così loro «una potenzialità» di
cittadinanza italiana; oppure altre situazioni in cui si ricongiunge il partner
per motivi di salute o per «utilizzare» servizi più qualificati e poi terminata
la situazione contingente il membro è fatto rientrare nel paese di origine.
Per alcuni gruppi geo‑culturali
(egiziani) è frequente un ulteriore tipo di ricongiungimento, ci riferiamo a
quelle famiglie che si compongono nel momento in cui il partner, normalmente
l'uomo, rientra al proprio paese per sposare una giovane donna che poi lo seguirà
all'estero. Siamo di fronte a una donna che diviene allo stesso tempo, moglie,
immigrata e spesso madre.
A fianco dell'inesperienza
determinata da nuovi ruoli, come la gestione della casa, l'essere immigrata in
un Paese sconosciuto di cui non possiede la lingua, si sommano le difficoltà di
convivenza con un uomo poco conosciuto se non del tutto sconosciuto. Abbiamo
definito questo tipo di comportamento come ricongiungimento di secondo livello
proprio per le modalità in cui avviene. Tipo di ricongiungimento che
pur ricco di tensioni, è anche portatore di innovazione, di cambiamento, di
potenzialità.
L'individuo che rientra in
patria per sposare una connazionale oltre a contribuire a salvaguardare
l'eredità culturale, ad autodifendere il gruppo d'appartenenza è
contemporaneamente portatore di novità, di cambiamento, di emancipazione per
una donna che in molti casi non avrebbe altro modo per staccarsi, per separarsi
dalla tradizione del Paese d'origine.
Ricordiamo ancora il
ricongiungimento forzato, previsto dalla Legge n. 40/1998 riguardante
quel genitore che viene ricongiunto in modo obbligato perchè ritenuto
necessario allo stato di salute del minore che si trova già in immigrazione.
Così come troviamo con una certa frequenza, prevalentemente dagli ex paesi dell'Est, ricongiungimenti per prostituzione. Siamo in presenza di individui che tornano in patria a sposarsi una giovanissima ragazza che sarà poi portata in Italia per essere avviata alla prostituzione e spesso ceduta poi ad altri.
Modi di fare famiglia che
spesso si intrecciano e si sovrappongono originando forme complesse.
Questa pur sintetica
tipologia lascia trasparire che i ricongiungimenti così variamente motivati,
pongono diversi problemi oltre che avere in sé grandi potenzialità. Si tratta di
rimettere assieme soggetti che sono rimasti separati per lungo tempo e che sono
richiesti di fatto di aggiustare, reinterpretare le reciproche relazioni,
trovare nuovi equilibri: non è cosa facile ridefinire i propri ruoli
famigliari, in un nuovo contesto. Un istituto di stabilizzazione ma che, come
già anticipato nelle prime note di ricerca (14)
può, se non sostenuto, diventare in alcune situazioni un istituto di
destabilizzazione.
Circa i membri che sono
ricongiunti oltre al partner e ai figli si sta verificando la presenza di
ricongiungimenti messi in atto da donne sole che richiamano il figlio
precedentemente mandato o nato in patria; nonni che vengono chiamati per
ricompattare una famiglia allargata, o per svolgere il lavoro di cura nei
confronti dei nipotini piccoli.
Problemi e
prospettive
Molti i cambiamenti
determinati dall'istituto dei ricongiungimento; sul piano culturale, si creano
le condizioni per una maggior interazione con il contesto, con il sistema delle
risorse, con il sistema dei servizi alla persona e i loro operatori, secondo un
andamento incrementale; sul piano economico vi è un maggior investimento qui e
un aumento della spesa per i consumi quotidiani, oltre una diversificazione
negli stessi consumi.
Le ricerche [Conti, Strozza
2000] hanno chiaramente evidenziato come gli immigrati con famiglia si
caratterizzino per un'alta stabilità economica e lavorativa e un alto livello
di consumi, mentre i migranti senza famiglia sono caratterizzati da una maggior
instabilità lavorativa e per una contrazione dei livelli di consumo.
Cambiamenti legati anche a tensioni fra individui che hanno vissuto in contesti
diversi e che si trovano a convivere.
I membri del ricongiungimento
sono costretti ad un riadattamento reciproco specialmente se il tempo e la
distanza ha trasformato e reso non più intimi i partner. Situazione che può
aggravarsi in quei casi in cui si verificano tensioni anche sul lavoro perché
la presenza dei membri della famiglia può alterare i ritmi e la disponibilità
totale al tempo lavoro che si verificava prima, quando lo straniero era solo.
Inoltre sempre dalle ricerche
italiane ed europee, emergono segnali relativi al fatto che avere una famiglia
in Italia tende ad aumentare la probabilità di essere collocato al lavoro, ma
allo stesso tempo tende a ridurre l'impegno lavorativo, in termini di ore
lavorative mensili. Ciò può essere spiegato con il cambiamento del progetto
migratorio, in presenza della famiglia, che da progetto temporaneo diviene
progetto a termine o permanente, l'immigrato perseguendo l'obiettivo di fare
famiglia o di ricomporla qui, diminuisce l'impegno lavorativo per poter
soddisfare altre esigenze della famiglia, o per sostenere gli sforzi di
articolazione del nucleo ricomposto qui con la società ospitante.
Interventi di supporto alle
famiglie in transizione sono dunque necessari poichè i bisogni, la domanda,
mutano. Aumenta la domanda di politiche d'integrazione e di inserimento, si
differenzia la richiesta di servizi e prestazioni, di alloggi idonei a ospitare
nuclei familiari ricomposti. Cresce la domanda di risorse istituzionali, di
garanzie economiche, previdenziali, anche in seguito all'inserimento delle
donne nel mercato del lavoro.
Si verificano mutamenti, sul
piano demografico: l'abbassamento dell'età dei componenti immigrati conseguente
alla presenza di minori, un maggiore equilibrio nella composizione per sesso, e
una modificazione per sesso, dei flussi.
Oltre a sentimenti di
solitudine, di inadeguatezza, di isolamento, di incomprensione, di dipendenza,
reale o simbolica, il ricongiungimento comporta una ridefinizione dei ruoli,
dei rapporti all'interno del nucleo familiare fra i partner, fra le
generazioni; all'esterno della famiglia, con gli amici, con i colleghi di
lavoro, con gli insegnanti e con altri servizi alla persona. Così come i ruoli
fuori e dentro la famiglia possono essere alterati, può manifestarsi un
sentimento di abbandono poiché il ricongiunto non ha più quella rete di
sostegno a cui era abituato, la sua rete relazionale, e il partner qui, che
lavora, non sempre ha il tempo o la forza di dedicargli l'attenzione di cui
necessiterebbe. Un sentimento di doppia estraneità può invadere il partner che
è stato ricongiunto; estraneità dal contesto, ma anche estraneità dal partner.
Può vivere sentimenti di abbandono, perché ha realmente abbandonato gli amici e
altri familiari, perché non sempre il coniuge, ha del tempo da dedicargli. E
nei casi in cui sia possibile ritagliare del tempo per il nuovo arrivato è un
tempo da questi vissuto come insufficente ed inadeguato.
Appendici
a) Il
ricongiungimento delle donne
In particolare per le donne
ricongiunte, se neo-madri, diventare madre nella migrazione poco tempo
dopo l’arrivo nel nuovo paese può significare vivere questo evento cruciale
della propria biografia in situazione di forte discontinuità rispetto alla
propria storia, ai legami con la famiglia d’origine e al gruppo di
appartenenza, con i saperi e i saper fare sedimentati da tempo, protettivi e
rassicuranti. È soprattutto il primo figlio, il cosidetto «bambino della
transizione» a dover «portare» le ansie e le paure della neo-madre, le sue
difficoltà di relazione con i servizi, i vissuti di rottura rispetto alle
conoscenze precedenti, le tecniche di maternage e di cura che vengono proposte
nel nuovo paese. Vi è a volte il rischio che - messa a confronto con scelte tra
modelli di cura tradizionali e modelli di cura e concezioni dell’infanzia
«moderni» - la madre immigrata adotti un sistema di maternage fortemente
impoverito; bloccato da timori e scelte contraddittorie; ridotto nei gesti e
nei messaggi verbali e non verbali.
Per le donne può verificarsi (15) anche la messa in discussione del
ruolo culturalmente definito della figura femminile.
Questa messa in discussione è
il trait d’union tra le diverse narrazioni sull’attivazione e l’esito
del processo di ricongiungimento. Il caso più indicativo riguarda il
ricongiungimento delle donne provenienti dall’area nordafricana di cultura
musulmana. Per la donna magrebina, l’arrivo in Italia, pone una serie di
problemi con i quali deve confrontarsi.
In primo luogo, la mancanza
del supporto della cosiddetta «famiglia allargata femminile», che consentiva
nel paese d’emigrazione di uscire dall’ambiente domestico; una possibile
conseguenza è una progressiva segregazione nella casa della donna immigrata,
che, a sua volta, non permette la ricostruzione di legami amicali e affettivi
che possano sostenerla nei momenti critici dell’esperienza d’inserimento nella
società locale; un’altra conseguenza segnalata ditale isolamento, per certi
aspetti involontario, è il rinchiudersi sempre di più nella dimensione
religiosa che offre un sostegno forte alla propria identità di donna immigrata.
Con riferimento a quanto detto
sopra, la situazione diviene più difficile in presenza dei figli. In questi
casi, l’impossibilità di fare affidamento alla rete parentale o amicale
impedisce, di fatto, possibili scelte di vita, ad esempio un progetto
lavorativo esterno e conseguentemente un processo di parziale autonomia dal
marito. Questo «estraniamento» ha delle ripercussioni nel tempo sulla qualità
della vita familiare, poiché viene a mancare un elemento di supporto, ad
esempio, per il processo di socializzazione dei figli come nel caso
dell’apprendimento della lingua italiana e i rapporti con l’istituzione
scolastica.
A fronte di un vissuto delle
donne ricongiunte segnato da un forte disagio, collegabile non solo alla
mancanza delle relazioni affettive, ma anche alla perdita della propria
identità lavorativa, emerge una consapevolezza a resistere, per non venire meno
al modello culturale di riferimento, il quale presuppone la vicinanza alla
figura maschile.
Nella relazione tra moglie e
marito, a volte è segnalato un irrigidimento del ruolo maschile tradizionale,
che ostacola nelle donne una strutturazione di eventuali relazioni esterne alla
famiglia nel paese d’immigrazione, anche in quei casi dove la donna prima del
ricongiungimento lavorava a tempo pieno.
Da questa sintesi dei principali
problemi che la donna musulmana deve affrontare, al momento dell’arrivo e
all’inizio del periodo di risocializzazione alla nuova realtà, emerge un quadro
articolato dove si relazionano molte variabili non tutte riconducibili ad un
modello culturale, il quale predeterminerebbe i comportamenti e le diverse
modalità di relazione tra i generi all’interno della famiglia. Alcune
esperienze di donne musulmane ricongiunte, rivelano una presa di distanza da
eventuali vincoli «culturali» e una presa di coscienza delle proprie
potenzialità, che le permettono di rinegoziare il suo ruolo di donna, madre e
moglie. In questi specifici casi, il confronto critico con la realtà della
società d’immigrazione assume un valore positivo nel senso di miglioramento
delle condizioni di vita.
Ragionando sull’esperienza di
donne provenienti da altre aree con un progetto autonomo
d’emigrazione/immigrazione (America Latina, Filippine), ritroviamo molte delle
problematiche discusse sopra e alcune di nuove. La mancanza di un supporto amicale
e parentale, la difficoltà di pensare ad un progetto di famiglia tenuto conto,
in prevalenza, delle condizioni alloggiative presso la famiglia del datore di
lavoro e dei tempi di vita, la difficoltà dell’uomo o marito ricongiunto di
accettare un ruolo passivo, la presenza dei figli come ostacolo al mantenimento
del lavoro. Appare evidente come il ricongiungimento familiare, sia in un caso
sia nell’altro, produce effetti contrastanti, impossibili da valutare nel suo
complesso.
Indubbiamente, come ci
ricorda Zerahoui [1994], parlare di famiglia immigrata ricongiunta, significa
esprimersi in termini di processo, di un continuo mutamento delle condizioni
materiali ed esistenziali entro le quali si formano i progetti e le relazioni
familiari ed extrafamiliari. La stessa figura maschile si ritrova a mutare
atteggiamenti e comportamenti in funzione dei nuovi ruoli che dovrà assumere
[Perotti, 2000]. In alcune interviste a maschi maghrebini, emergono con
chiarezza le incertezze, le paure di fronte ad un radicale cambiamento dello
stile di vita e all’assunzione del ruolo di garante della tradizione
soprattutto nei confronti dei figli. A riguardo dei figli inoltre, assistiamo a
dei conflitti che sorgono nel rifiuto dei modelli culturali dei genitori.
Questo avviene, prevalentemente, quando i figli sono preadolescenti e dunque
tendono a formarsi un’identità individuale e sociale che ha come riferimento la
cultura occidentale dei coetanei autoctoni.
b) Il
ricongiungimento dei minori
Sulla base delle ricerche (16) e della letteratura [Favaro,
Genovese 1996; Tognetti Bordogna 2000] emerge come fra le possibili difficoltà
della famiglia ricongiunta, ma ciò vale per la famiglia della migrazione con
prole in generale, quella legata alla funzione genitoriale ed educativa sia
quella che desta più preoccupazioni.
È presente nella famiglia
ricongiunta la preoccupazione di non costituire più il punto di riferimento, il
modello per la crescita del figlio, anche perché non sempre possono essere
trasmessi, o non sempre si ha la forza di trasmettere, tutti gli elementi
identitari, i codici culturali della società di origine. Lo stesso minore può
rifiutare questi ultimi comunque importanti per la sua crescita armonica. I
rapporti fra le generazioni inoltre richiedono di essere ridefiniti e
aggiustati proprio in relazione al nuovo contesto, alle diverse e nuove
condizioni di vita.
I bambini e i ragazzi
ricongiunti si trovano di fronte molteplici sfide che debbono essere affrontate
subito dopo l’arrivo. Devono ritessere fili affettivi nei confronti del
genitore, o di entrambi i genitori, ai quali si ricongiungono. Genitori che
possono essere considerati estranei, perchè partiti tempo addietro e visti
durante il periodo della separazione in maniera saltuaria e in un differente
contesto. Il tema dei distacchi e della separazione è quindi centrale nella
storia di vita dei bambini e dei ragazzi ricongiunti. Separazione dal genitore
emigrato, all’origine; separazione dalle figure parentali e affettive che li
hanno cresciuti fino a quel momento in patria, al momento del ricongiungimento.
Essi devono inoltre trovare dentro di sé risorse e motivazioni importanti e
consolidate per potersi inserire nella nuova scuola, con i pari, imparare la
ùuova lingua sia per comunicare nel quotidiano, sia per studiare, apprendere,
riuscire.
Al momento dell’arrivo nel
nuovo paese vi possono essere inoltre altre emozioni e vissuti che accompagnano
la prima fase dopo il ricongiungimento: la perdita delle illusioni e delle
aspettative precedenti ad esempio, oppure la «caduta» dell’immagine paterna,
ritenuta fino a quel momento potente e prestigiosa o ancora, il confronto
improvviso con relazioni e legami (della madre, ad esempio) inaspettati e fonte
di disagio psicologico.
Gli elementi precedenti - che
hanno a che fare con le relazioni e i legami intrafamiliari e con il rapporto
con la scuola e il mondo esterno - sono acuiti se vissuti nell’età
dell’adolescenza: spesso i ragazzi ricongiunti hanno subito la decisione dei
genitori o del genitore e si trovano a partire all’improvviso, senza averlo
scelto.
L’arrivo nel nuovo paese
comporta inizialmente forme di dipendenza, perdita dei legami, dei riferimenti
e dell’immagine di sé, blocco in un percorso di autonomia, che sono difficili
da accettare. (17) Condizione
aggravata da un inserimento scolastico in situazione di svantaggio linguistico,
di ritardo rispetto alla classe, di distanza nei confronti dei pari, si acuisce
così il vissuto di isolamento e di perdita. Il minore ricongiunto può inoltre
trovarsi in una situazione di doppio rifiuto specialmente nella fase
adolescenziale in quanto può essere rifiutato o sentirsi rifiutato dai coetanei
perchè cresciuto altrove o perchè presenta caratteri somatici differenti e allo
stesso tempo non si riconosce più nei valori e nelle tradizioni della famiglia
di appartenenza. Il ricongiungimento del minore in queste condizioni può
determinare la perdita di parti (rimozione, buchi della memoria) importanti
della propria biografia e di quella fafriiliare. Sentimenti, vissuti, che nel
tempo possono portare ad un incremento dell’aggressività, tensioni, non solo
nei confronti del minore, ma anche fra gli stessi genitori, con non pochi casi
di vera e propria violenza e/o di abuso.
I fattori che sembrano avere
un peso maggiore rispetto alla riuscita, o viceversa alle difficoltà, del
ricongiungimento dei minori sembrano essere i seguenti:
- l’età dei figli
ricongiunti;
- le modalità e i tempi deI
ricongiungimento: con chi arrivano, dopo quanto tempo dalla partenza dei
genitori/del genitore; in quale momento e perchè arrivano; la condizione
giuridica dei ricongiunti;
- il «quadro»
dell’accoglienza: la preparazione o viceversa l’improvvisazione del
ricongiungimento; le condizioni di vita della famiglia in Italia; la
composizione della famiglia che accoglie.
Per quanto riguarda l’età al
momento dell’arrivo, sembrano essere facilitati i bambini più piccoli, nella
fascia di età prescolare o della scuola elementare. Difficoltà maggiori - di
tipo relazionale e di inserimento - si rilevano tra i ragazzi preadolescenti e
adolescenti che possono incontrare problemi scolastici e linguistici;
resistenze a staccarsi da un mondo di affetti e di amicizie più consolidati e a
ritessere fili affettivi nella situazione di arrivo.
Le forme di rifiuto ad essere
qui, senza avere spesso potuto scegliere o partecipare alla scelta, sembrano
più diffuse fra i ragazzi e le ragazze più grandi. Questi fattori di criticità
sono in genere collegati anche alle modalità e ai tempi di arrivo. A volte i
figli arrivano in Italia da soli e vivono l’esperienza della riunificazione
familiare (e delle perdite che ad essa si accompagnano) nella solitudine e nel
silenzio. Altre volte giungono insieme alla madre - che rappresenta la
continuità tra il prima e il dopo, tra le parti diverse della propria storia -
e con la quale potere condividere ricordi ed evocazioni.
In alcuni casi il
ricongiungimento è improvviso, non preparato e avviene in seguito a fatti
imprevisti accaduti alle persone che si prendevano cura del minore in patria e
al venir meno della situazione di protezione (la morte di un nonno, le mutate
condizioni familiari...). Nei casi positivi il ricongiungimento è invece
preparato con cura e presentato/proposto al figlio che può così sapere in
anticipo che cosa succederà. I bambini e i ragazzi hanno modo in questo secondo
caso di vivere l’attesa, di fantasticare e progettare la partenza e l’arrivo
nel nuovo paese; di anticipare le condizioni della propria vita in un nuovo
contesto. Quando la partenza è invece improvvisa si trovano catapultati nella
nuova realtà senza che vi siano stati in precedenza tempi e possibilità di
elaborare il distacco e di investire - simbolicamente, affettivamente -
rispetto al nuovo paese.
Il quadro dell’accoglienza
può offrire condizioni di vita adeguate, serene, sia rispetto alla famiglia già
presente qui, sia rispetto alle capacità di accoglienza del territorio, della
scuola e dei servizi. Il genitore può aver preparato questo momento, aver preso
i contatti con i servizi educativi, aver riorganizzato lo spazio della casa
sulla base delle esigenze dei bambini. Viceversa, i minori ricongiunti si
possono trovare in una situazione familiare ancora segnata dall’emergenza,
dalle difficoltà economiche e dalla difficoltà di alloggio.
In alcuni casi, i figli che
arrivano si trovano a dover prendere atto con sorpresa di situazioni affettive
nuove e impreviste: la madre, ad esempio, convive con un partner italiano e da
questa unione possono essere nati fratellini o sorelline fino a quel momento
sconosciuti e ignorati.
Un’ultima questione, a nostro
avviso, può pesare sulla famiglia ricongiunta sottoposta come abbiamo visto a
bruschi passaggi, a transizioni, a fratture, la fragilità e il peggioramento
delle condizioni economiche. Infatti la famiglia ricongiunta, almeno all’inizio
del ricongiungimento è spesso una famiglia monoreddito o comunque una famiglia
dal reddito invariato in presenza di più membri dai bisogni differenziati,
dotati di una specifica propensione alla spesa. Ma anche maggior difficoltà
economica determinata dal permanere di qualche forma di obbligo economico con
la famiglia di origine, dall’assenza pressoché totale di reti parentali che
aiutino, anche con beni in natura, dalle difficoltà di accedere alle
opportunità locali e quindi non sempre in grado di selezionare quelle meno
onerose. Una famiglia che ha sostenuto da poco spese rilevanti, per
intraprendere il viaggio del ricongiungimento dei suoi membri, e che a volte si
è indebitata per portare a termine il suo progetto.
Conclusioni.
Possibili azioni di politica sociale
La complessità, ma anche la
potenzialità dell’istituto del ricongiungimento richiede forme di politiche
attive finalizzate a rendere meno complesso e aleatorio da un punto di vista
burocratico tale istituto, ma anche politiche di sostegno e di accompagnamento
specialmente nelle fasi critiche del progetto e dell’attivazione del
ricongiungimento.
Politiche per la famiglia,
per chi attiva il ricongiungimento ma anche politiche selettive per i singoli,
perchè ricongiunto. Politiche che oltre a predisporre le condizioni materiali
posano aiutare a «costruire» condizioni psicologiche adeguate.
Si tratta di sostenere i
partner affinché comprendano appieno a quale tipo di viaggio spaziale,
psichico, mentale saranno sottoposti prima, durante e dopo il viaggio per il
ricongiungimento. Quali saranno le condizioni reali di vita. Di comprendere il
tipo di transizione cui saranno sottoposti loro, le loro famiglie, i loro
congiunti. Di attivare politiche che perseguano l’obiettivo di una miglior
articolazione della famiglia, degli individui nel nuovo contesto anche mediante
azioni informative circa i diritti e i doveri della famiglia ricongiunta,
nonché per orientarli all’uso dei servizi e delle risorse del paese di arrivo.
Sono allora necessarie azioni
di politica ma anche luoghi, momenti, reali e simbolici, in cui sia possibile
conciliare il qui e il là, coniugare ambiti fisici e non, per dare senso
al nuovo progetto migratorio o ai mutamenti a cui è sottoposto il «vecchio»
progetto migratorio. Luoghi e ambiti della parola ma anche dell’ascolto per i
diversi membri, affinchè proprio mediante un dialogo fra le molte pratiche e i
diversi ruoli sia possibile collocarsi positivamente in un diverso e nuovo
contesto. Così come sarà necessario attivare delle iniziative (formative, di
sensibilizzazione, di conoscenza) intreristituzionali affinché ostacoli
burocratici, ostacoli derivanti da reinterpretazioni del mandato normativo, di
tipo soggettivo da parte degli operatori, siano superati.
Ricordiamo che così come ci
suggerisce Bagnasco [1999] conoscere e conoscersi contribuisce a creare
fiducia.
Politiche finalizzate a
creare a livello locale azioni di accompagnamento, sia di tipo informativo che
di tipo psico-sociale. Le azioni a livello locale sono essenziali poiché è in
questi contesti che si manifestano le diverse pratiche del ricongiungimento,
messe in atto dai diversi gruppi geo-culturali, ed è qui che si verificano le
molte forme della reinterpretazione del mandato normativo da parte degli
operatori delle istituzioni.
Politiche che oltre a
mobilitare le risorse locali possano attivare e mettere in gioco le risorse sia
di tipo individuale che di coppia, ma ciò si può verificare solo mobilitando e
coinvolgendo soggetti sociali diversi. Azioni certamente finalizzate a chi in
prima persona utilizza il ricongiungimento ma che abbiano effetto anche sul
contesto e sulle diverse istituzioni. Proprio perché le politiche sono
maggiormente efficaci se si inseriscono e si collegano, fanno sistema, con le
azioni e con i servizi, le risorse, già presenti su di un dato territorio.
Obiettivo essenziale delle politiche, perché il ricongiungimento familiare presuppone
un rapporto più serrato tra le culture del qui e del là, e quella della
transizione. Ma anche perché solo così la famiglia ricongiunta potrà essere
attore delle politiche. Un maggior e differenziato uso dei servizi, politiche
locali e di sistema potranno attivare i diversi soggetti sociali di quel
contesto (dai vicini ai servizi formali e informali) in modo coerente alle
forme e ai bisogni relazionali dati.
Fra le molte azioni di
politica sociale che il nostro sistema può implementare possiamo distinguere
quelle rivolte alla famiglia in generale o ai singoli componenti.
Per quanto riguarda la
famiglia ricongiunta sono opportune e utili azioni finalizzate al sostegno
(consulenza psico-sociale) per fronteggiare le possibili sfide conseguenti alla
necessità di articolarsi nel nuovo contesto; consulenza e sostegno fondamentale
per affrontare i compiti genitoriali e la complessità educativa, nonché i nuovi
compiti di accudimento della migrazione. Compiti che possono risultare
particolarmente problematici nelle situazioni di conflitti di coppia o nei casi
di famiglie monoparentali.
In sintesi il sostegno si
potrebbe concretizzare, sia attraverso interventi economici, quali integrazione
del reddito familiare, prestiti sull’onore, assegnazione di case di edilizia
pubblica, borse lavoro, inserimenti lavorativi protetti, sia attraverso
interventi finalizzati a creare reti di supporto quali gli interventi
domiciliari, supporti educativi per adulti e minori, promozione di gruppi di
self-help. Tali azioni che possono sembrare inizialmente gravare in modo
consistente sul già esiguo bilancio del welfare, in realtà cosituisce un
investimento di tipo preventivo che nel lungo periodo ridurrà i costi sociali
ed economici del percorso di cittadinanza della famiglia della migrazione.
Senza ricorrere alla
creazione di servizi dedicati, ma predisponendo i servizi e le risorse
territoriali esistenti ad accogliere anche le donne immigrate e i loro bambini
sarà opportuno:
- per le donne che si trovano
a fronteggiare fasi particolarmente onerose del proprio percorso migratorio.
come precedentmente descritto, attivare inserimenti lavorativi protetti, oltre
ad interventi economici di supporto al lavoro di riproduzione sociale;
- sostegno e presa in carico
anche di tipo domiciliare, ammissione ai servizi semi-residenziali o
residenziali in particolari situazioni di difficoltà sociale anche a causa di
eventuali situazioni di violenza e di maltrattamento;
- per i minori e gli
adolescenti oltre a politiche scolastiche che valorizzino la risorsa bambino
migrante, si tratterà di affrontare le situazioni particolarmente problematiche
con servizi, risorse educative e del tempo libero, spazi di aggregazione;
- prevenzione del disagio in
età adolescenziale, della devianza e dei comportamenti tossicomanici;
- accompagnamento verso
l’autonomia e verso l’assunzione di responsabilità dell’età adulta nei
confronti di giovani privi di reti familiari o in assenza di riferimenti
familiari positivi, sono sempre più richieste.
In caso di effettiva necessità e reale utilità si potrà ricorrere a forme di affido, anche di tipo innovativo o di inserimento in strutture semi-residenziali. Come già precisato non si tratterà di implementare politiche tese ad una crescita dell’offerta, ma piuttosto politiche caratterizzate da una maggiore razionalizzazione organizzativa e culturalé e da una nuova competenza degli operatori dei servizi per tutti. Pertanto la vera politica preventiva sarà data da una politica formativa rivolta ai soggetti che istituzionalmente sono preposti ad affrontare le sfide e le potenzialità della famiglia in generale e della famiglia straniera in particolare.
Interventi, di conseguenza,
che possano aiutare a superare la stereotipata idea di famiglia ricongiunta
nella sua unica funzione di trasmissione della tradizione, per tenere conto
anche della sua capacità di innovazione culturale. Infine, azioni mirate a
facilitare tra gli operatori la comprensione di punti di vista diversi e nuovi
bisogni che irrompono sulla scena.
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Note:
1) In riferimento a tale contrapposizione, ad esempio, è frequente
trovare nelle donne, in seguito alla perdita o alla separazione dal marito, la
scelta di migrare per evitare di tornare sotto l’autorità maschile. La ricerca
della Squarcialupi evidenzia come il numero delle donne vedove, separate o
divorziate sia più alto rispretto alla stessa condizione dei maschi.
2) A
questo proposito occorre sottolineare la difficoltà che oggi si riscontra ad
avere dati aggiornati su tale fenomeno: insufficiente è l’informazione
contenuta nelle correnti rilevazioni dei dati - in cui
molto spesso all’indicazione
di coppia mista non viene specificata la provenienza del partner straniero
- ma scarsa è anche la loro
omogeneità - in alcune indagini locali la coppia mista viene rilevata nel
gruppo famiglie immigrate, in altre viene identificata come realtà a sé -, e la
loro incompletezza. Rassicura però a tale proposito la prossimità del Censimento
2001, che sicuramente ci aggiornerà sulla dimensione del fenomeno a livello
nazionale.
3) Secondo
Di Leo (2000), sulla base di una valutazione statistica indiretta, le coppie
miste nel 1991 erano quasi sicuramente non inferiori alle 10.000 unità. Tenendo
conto del fatto che ogni anno si aggiungono non meno di 6.000 nuove coppie
(saldo tra nuovi matrimoni e divorzi) è allora possibile ipotizzare che nel
1999 le coppie miste siano circa 150.000.
4) I dati
fanno riferimento a un’inchiesta promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana,
curata dal Centro Ambrosiano di Documentazione per le Religioni volta alla
registrazione, presso le Diocesi italiane, del numero di matrimoni
interreligiosi e interconfessionali celebrati con dispensa per disparitas
cultus negli anni 1995-96-97-98.
5) Parte
dei lavori e delle riflessioni ditale gruppo di lavoro presieduto dalla Sen.
Carla Mazzuca Poggiolini sono contenuti negli atti dei seguenti convegni
«Matrimoni misti: risorsa culturale e conflitti. E i figli?», Roma, Sala
Zuccari, Senato della Repubblica, 30 maggio 2000; «Sottrazione dei
minori: convenzioni
internazionali e culture a confronto», Roma, Sala Zuccari, Senato della
Repubblica, 27 aprile 1999.
6)
Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione di minori, firmata all’Aja
il 25 ottobre 1980; Convenzione Europea in materia di affidamento di minori,
firmata a Lussemburgo il 20 maggio 1980.
7)
Ricordiamo che nel 1999 sono stati presentati 70 ricorsi avverso il diniego per
ricongiungimento familiare mentre nel 2000 (settembre) sono stati 130,
provenienti prevalentemente da Somalia, Filippine, Nigeria, Albania, Perù,
Marocco, Ghana.
I motivi del diniego dei
visti riguardano:
mancanza di documenti comprovanti
il legame familiare (Somalia, Ghana, Nigeria); mancanza di documentazione
attestante che il genitore per il quale è stato chiesto il ricongiungimento sia
effettivamente a carico dei familiare residente in Italia (Filippine, Marocco,
Albania, Perù) (fonte: ministero Affari Esteri)
8) Le
situazioni a cui si fa riferimento sono state rilevate nel corso della ricerca
commissionata all'Istituto Transculturale per la Salute ‑ Fondazione
Cecchini Pace: «Le famiglie dell'immigrazione. I ricongiungimenti familiari.
Delineare politiche attive», Commissione per le politiche d'integrazione,
Presidenza del Consiglio. La ricerca è condotta da M. Tognetti Bordogna
(direzione), A. Alietti, M. Cucurachi, G. Favaro, R. Guazzetti, L. Zanetti.
9) Prime
elaborazioni dei dati della ricerca commissionata all'Istituto Transculturale
per la Salute ‑ Fondazione Cecchini Pace: «Le famiglie dell'immigrazione.
I ricongiungimenti fiamiliari. Delineare politiche attive», Commissione per le
politiche d'integrazione, Presidenza del Consiglio, effettuate da M. Tognetti
Bordogna (direzione della ricerca), A. Alietti, G. Favaro.
13)
Sentenza della Corte Costituzionale n. 203 del 25 giugno 1997. Convivenza more
uxorio e diritto dell'extracomunitario al ricongiungimento con i figli.
14) M.
Tognetti Bordogna (a cura di), «Le famiglie dell'immigrazione. I
ricongiungimenti familiari. Delineare politiche attive», luglio 2000, cicl.,
Commissione per le politiche d'integrazione.